Cammino abbracciato alla Croce
Capitolo IV
“... prenda la sua croce e mi segua"
Nel messaggio ai giovani papa Woytila affermava :
Queste parole [prenda la sua croce e mi segua] esprimono la radicalità di una scelta che non ammette indugi e ripensamenti. È un'esigenza dura che ha
impressionato gli stessi discepoli e nel corso dei secoli ha trattenuto molti uomini e donne dal seguire Cristo. Ma anche questa radicalità ha prodotto frutti mirabili
di santità e martirio, che confortano nel tempo il cammino della Chiesa. Oggi ancora questa parola suona scandalo e follia (1 Cor 1,22-25).
Mamma Benedetta perde la speranza di vedere il suo Gerardo divenire sarto artigiano. Martino Pannuto fa di lui il servo di casa sua!
Intanto Gerardo sente il bisogno di dedicarsi tutto a Dio e così si presenta dallo zio materno, fra Bonaventura, cappuccino; lo zio lo dissuade, vedendolo così gracile e il ragazzo, dopo una settimana, torna deluso a casa. Mamma Benedetta, sempre preoccupata di sistemare suo figlio, lo propone come domestico a Monsignor Claudio Albini nel suo Episcopio di Lacedonia. Egli, infatti, è sempre in cerca di domestici perché con lui pochi resistono a lungo.
Ecco dunque Gerardo, ancora una volta, alle prese con un carattere difficile.
Ma ormai egli è tutto preso dal desiderio di assomigliare al suo Divin Maestro e accoglie volentieri continue umiliazioni.
- Ce l'ho con te - urla col volto congestionato monsignore - capisci o no, infingardo?
Quanti assistono a queste scene lo istigano: - Ma che aspetti a lasciarlo?
Ma Gerardo va per la sua strada. Un giorno, scriverà nel suo regolamento:
"DUNQUE, CHE MI MANCA A FARMI SANTO? HO TUTTE LE OCCASIONI FAVOREVOLI A FARMI SANTO. VIA, SU DUNQUE, MI VOGLIO FARE SANTO"
Alle umiliazioni che gli vengono dalle circostanze, egli aggiunge aspre penitenze che, lontano dall'occhio vigile di mamma
Benedetta, ora può praticare con più libertà. FOLLIA, griderebbe il mondo.
AMORE, grida lui... E... Tu?
Morto monsignore, Gerardo torna a Muro Lucano e si mette a lavorare in proprio come sarto, ma la sua carriera dura poco. Sono infatti giunti in paese i Padri Redentoristi per la missione e, a contatto con questi religiosi, il giovane sente ancora la chiamata. Alla sua richiesta, i padri scuotono il capo: è macilento, cosa potrà mai fare senza forza e salute?
- Padre, mettetemi alla prova. L'assenso non viene, ma Gerardo non desiste. Dio lo chiama.
"Il guerriero della luce riesce sempre ad equilibrare rigore e misericordia. Per realizzare il proprio sogno, ha bisogno di una volontà salda, e di un'immensa capacità di abbandono. Dio non abbandona mai i propri figli, ma i suoi disegni sono insondabili, ed Egli costruisce la strada con i nostri stessi passi".
Mamma Benedetta, con la sua intuizione materna, percepisce le intenzioni del figlio e la sera prima che partono i padri, lo affronta.
- Figlio mio, che cosa vuoi fare? No, tu non devi abbandonare tua madre!....
Una scena a volte molto attuale...
Succede anche oggi, quando i figli scelgono una strada diversa da quella che i genitori vorrebbero. È capitato anche a fratei
Emanuele Piredda, un giovane che oggi si trova in Perù con i "Servi dei Poveri" e che racconta:
"Poco a poco, ti rendi conto che dentro di te nasce qualcosa... Al solo passare vicino ad una chiesa o ad un sacerdote, il tuo cuore sussulta... È così che il desiderio di partire e di lasciare tutto per seguire il cammino del Signore si fa molto forte. Ma come fare a dirlo ai genitori e agli amici? È vero che si sono accorti del cambiamento, ma mai immaginerebbero una decisione come
questa, e poi così forte e così ferma!"
Proprio come la decisione del piccolo Gerardo davanti alla quale la madre Benedetta, si inginocchia con un gesto disperato e materno, e tra i singulti implora: - Gerardo mio, perché vuoi farmi questo ? No, no, non mi devi abbandonare. Non vedi che sono vecchia, stanca, sola? Madre e figlio sono presi dalla commozione, spinta fino allo spasimo.
Gerardo stesso confesserà alcuni anni dopo ai suoi confratelli che quello è stato il dolore più grande della sua vita. Aveva 23 anni.
Fare insistenza a 23 anni è una cosa che a quell'età riesce bene perché si ha quasi la certezza assoluta di sapere cosa si vuole. Eppure, ci sono ancora delle cose insignificanti per cui a 23 anni insistiamo e per le quali non varrebbe neppure la pena investire energie... Chi insiste per qualcosa di davvero importante è un determinato, un volitivo, uno che ama. Con san Gerardo impariamo a insistere per cose grandi, per cose che potrebbero rendere "grande" la nostra vita e quella degli altri. Pensando anche alla madre di Gerardo, così certo nel dare la direzione alla sua vita, errebbe spontaneo ripetere le parole di David Maria Turoldo: "Ma scusate, volete che le nostre madri, tutte, abbiano affrontato questo rischio i metterci al mondo; volete che tutto questo rischio sia per vivere una vita banale, sciocca: tra uno stadio e una partita di calcio e una discoteca? Ma via.. .Giustificare un rischio simile per cose così banali. Queste sono le cose grandi, e quindi dobbiamo prenderne coscienza."
Quando S. Teresa di Gesù entra in monastero, ha 21 anni. Anch'ella confessa: "Mi pare di poter dire con sicurezza che quando lasciai la casa di mio
padre, provai tale spasimo che non credo di doverlo sentire maggiore in punto di morte. Sembrava che le ossa mi si slogassero tutte per la gran forza che mi dovevo fare perché l'amore di Dio non aveva vinto ancora quello della famiglia. La lotta fu tale che se il Signore non mi avesse aiutata, ogni mia considerazione sarebbe stata insufficiente. Egli mi dette la forza di trionfare su me stessa e così potei condurre a termine i miei disegni"
.
Che ne dici tu, amico mio? Si può constatare che i primi passi dietro a Gesù costano.
E come mettere i piedi nell'acqua del mare prima di tuffarsi. Tutto il corpo è attraversato da brividi di freddo.
Il sole brilla, gli amici ti fanno segno, ma, accidenti, l'acqua è così fredda! Ma poi, ecco, un atto di volontà, "una determinata determinazione", come la chiama S. Teresa, e si è avvinti dalle onde che ci abbracciano, quasi ringraziandoti della fiducia. Improvvisamente, ti sembrano così soavi e tiepide, così amiche e dilettevoli...
Continua S. Teresa:
"Nessuno aveva sospettato in me tanta lotta perché mostravo solo una grandissima risoluzione. Ma appena preso l'abito religioso il Signore mi fece comprendere quanto favorisca coloro che si fanno
violenza per servirlo". Gerardo, invece, servendosi delle lenzuola attorcigliate, si cala giù dalla finestra della sua stanza, dove l'hanno rinchiuso i timori di mamma Benedetta. Su di un biglietto le ha scritto: "Mamma, perdonami se ti devo lasciare; vado a farmi santo".
Si potrebbe proprio dire che l'amore consuma il dolore. L'amore divora la fatica e la croce. L'amore diventa una forza vitale che ingoia ogni cosa. Sarà per questo che Gesù ha detto: "il mio giogo è soave e il mio carico leggero" (Mt 11, 30).
L'amore è un vortice che ci assimila alla sua vorticosa follia e Gerardo ci si sta infilando dentro. All'inizio con fatica, forse. Poi, con semplicità. Infine, con pienezza di verità e libertà. L'Amore è un fuoco che mi divampa in petto e corro, corro dove mi attende. Gocce di sangue dai piedi feriti macchiano il sentiero, ma non ho dolore. È il fuoco che mi brucia e gemiti mi strappa e pur mi fa cantar. Ricordiamoci, però, che è Dio che ci ama per primo. È Lui che ci attira e ci mette dentro il suo stesso desiderio.
Vieni come sei, non indugiare ad abbigliarti. Se le trecce sono sciolte; se la scriminatura non è dritta,, se i nastri della tunica sono slacciati non importa. Vieni come sei, non indugiare ad abbigliarti. Vieni a passi svelti sull'erba; Se la rugiada discioglie la rossa tinta dei tuoi piedi, se i cerchietti che porti alle caviglie si aprono, se cadono le perle della tua collana, non importa. Vieni a passi svelti sull'erba! Vedi quante nubi oscurano il cielo! Dall'altra sponda del fiume si levano torme di gru, e raffiche di vento passano sulla brughiera.
Vedi quante nubi oscurano il cielo! Invano tu accendi la lampada della toilette: il vento la sbatte e la spegne. Chi potrebbe dire che le tue palpebre non sono tinte di nero fumo?
I tuoi occhi sono più scuri delle nubi minacciose. Invano tu accendi la lampada della toilette; essa si spegne. Vieni come sei, non indugiare ad abbigliarti. Se la ghirlanda non è intrecciata, che importa. Se il braccialetto non è chiuso, lascia fare! II cielo è pieno di nubi, è tardi. Vieni come sei, non indugiare! Già, per l'amore non ci sono indugi. E quante "nubi" minacciano le tue decisioni! Felice colui che sa scavalcare il suo specchio e intende la voce che ti chiama... Ma come intendere il seguire la voce che ci chiama? Occorre forse non avere più una propria volontà, ma far vivere e operare in se stessi la volontà di Dio. Così ha fatto san Gerardo: Lui può essere un modello. I giovani, oggi, fanno fatica ad "obbedire": forse perché non hanno riconosciuto la "libertà" che si acquista seguendo la volontà di Dio. Come afferma Rosmini "quel Dio che ti permette di sbagliare comandando, non permetterà giammai di sbagliare ubbidendo".
Cicerone sostiene che "noi siamo servi delle leggi per diventare liberi". Ai nostri giorni l'ubbidienza non è molto apprezzata poiché la si considera una sorta di limitazione della libertà. Gesù, invece, ci ha salvati facendosi "ubbidiente" fino alla croce. La vera libertà, perciò, va eliminata da tutti i condizionamenti legati alla superbia, alla concupiscenza, all'avidità delle ricchezze. Perciò, come nella seconda lettera di San Paolo ai Corinti (3,17), "dov'è lo Spirito ivi è libertà". Gli uomini senza fede e, perciò, senza speranza, ubbidiscono alla parola della moda, della pubblicità, ai persuasori occulti. Le persone veramente libere, invece, come i Santi, ubbidiscono solo a Dio. L'obbedienza si risolve in amore. Pensa a qualcuno che ti conosce molto bene... Aggiungici pure che questo qualcuno ti ami in maniera totale e disinteressata... Non vorrà, secondo te, il tuo bene? Non saprà, ancora prima di te, che cos'è che può renderti felice? IIfatto è che, a volte, la vera felicità sembra lontana, difficile da raggiungere, apparentemente anche il contrario di ciò che è. San Gerardo sa affidarsi a quel Qualcuno che lo conosce bene e lo ama, e si ispira a questa massima che scrive nel suo regolamento di vita: «Amare assai Iddio, unito sempre a Dio. Fare tutto per Dio. Amare tutto per Dio. Conformarmi sempre al suo santo volere. Patire assai per Dio. E pena infinita patire; e non patire per Dio. Patire tutto e patirlo per Dio, è niente». Prende la sua Croce e segue l'Amore... E quella stessa Croce, apparentemente simbolo di sofferenza, di fatica, di pesantezza, si rivela la sua gioia più grande, il senso vero della sua vita.