Amara delusione
CAPITOLO VII
Con questi sentimenti, il Santino si orientò quindi verso il radioso ideale della vita religiosa, che vagheggiava fin dalla fanciullezza. La bella sorte di avere lo zio P. Bonaventura superiore al convento locale lo induceva al desiderio di diventar cappuccino. Un giorno salì perciò con piede leggero, quasi di volo, a quel romitorio per insistere di essere ammesso a quella Comunità che, nell'osservanza della più rigida povertà, si sacrificava lassù, tra cielo e terra, per placar la divina Giustizia irritata da troppi peccati e cantar le lodi del Signore anche di notte, come i penitenti della tebaide.
Ma lo zio, già Guardiano e Provinciale emerito, nel considerar la gracilità del nipote pallido, magro e di precaria salute, giudicò ch'egli non fosse adatto alle austerità dell'Ordine serafico. Per confortarlo del diniego, regalò a Gerardo un pastrano detto "giamberga ", che si attillava alla sua persona. Gli permise inoltre di rimanere al convento per accudire al giardino, ma specialmente per pregare e assistere al canto del divino Ufficio.
Un giorno però, mentre si aggirava tra le aiuole fiorite, scorse presso la cinta del giardino un poverello cencioso e supplichevole. Sprovvisto di denaro, Gerardo si tolse di dosso la "giamberga " per cederla al mendicante, che ne rimase trasecolato. Ma quando P. Bonaventura vide il nipote privo di quell'indumento, lo interrogò in proposito. E allora Gerardo, con tutta semplicità':
-Non sdegnatevi, zio, -disse -se ho ceduto la "giamberga " a un poverello di Cristo, che ne aveva maggior bisogno di me. Se lo aveste visto, ne avreste avuto pietà anche voi.
Il P. Bonaventura tacque, ma dalla risposta del nipote comprese quanto egli fosse virtuoso e compassionevole verso gli indigenti, che considerava alla luce della fede quali rappresentanti di Gesù, l'unico ricco, il quale, per non avere trovato la Povertà in Cielo, era disceso sulla terra per abbracciarla e renderla preziosa con la volontaria accettazione dei suoi disagi.