"Fratello Onofrio"
Capitolo XV
Agosto 1748.
A Muro Lucano, per la solenne Novena dell’Assunta, il vescovo aveva invitato a predicare nella Cattedrale due Religiosi, il P. Garzilli e il Fratello Laico Onofrio Ricca, appartenenti alla Congregazione del SS. Redentore, di recente fondata a Napoli da Don Alfonso de Liguori. Il fine di questo istituto era predicare le sacre Missioni al popolo del contado, più abbandonato e “destituito di soccorsi spirituali” (Testo della Regola della C.SS.R.).
Essi si erano spinti fino alle montagne dell’Alta Irpinia, e stavano costruendo un Collegio sulla collina di Materdomini, presso Caposele, ad una cinquantina di chilometri da Muro.
I due religiosi arrivarono qualche giorno prima perché, autorizzati dal vescovo, dovevano fare un poco di questua. Le condizioni economiche già precarie, erano ridotte all’indigenza, dato il costo e il difficile trasporto del materiale di costruzione.
In quel tempo tutte le rendite dei beni stabili della Congregazione erano amministrate dagli Ordinari ecclesiastici sotto il controllo dell’autorità civile, molto sensibile al pericolo di arricchimento degli Ordini Religiosi. Il nuovo Istituto dei Redentoristi, inoltre, non aveva ancora potuto ottenere il regio exequatur per una sopravvivenza legale in seno al Regno Napoletano.
Gerardo, informatissimo dell’arrivo dei Missionari, non stava più nei panni nell’attesa della predicazione e per l’ansia di udirli.
Aveva già notato, al loro arrivo, la foggia nuova e dignitosa del loro abito: non era forse sarto? La tonaca nera che scendeva fino alle scarpe con una semplice ed elegante sovrapposizione, senza complicazioni dei tanti bottoni, era fermata ai fianchi da una larga fascia, alla quale era attaccato un lungo rosario, disposto come un festone: il collare bianco era chiuso alla gola da una ciappa. Sulla tonaca un ampio mantello completava l’abbigliamento.
Una simpatia tenace s’impadronì di Gerardo. Come avrebbe desiderato avvicinare i Missionari, parlare con loro, domandare della loro vita religiosa … Sentiva rinfocolarsi il suo non mai sopito anelito alla vita del chiostro, anche e misto ad un vago senso di sgomento per i precedenti tentativi falliti.
Quell’afoso pomeriggio Gerardo era al lavoro nella stanza terrena, alla quale aveva tolto l’aspetto di una sartoria. La mano, agile e solerte, tirava gugliate sulle stoffe, mentre il suo pensiero correva ai Missionari. Dall’altra stanza provenivano i queti tramestii di mamma Benedetta, intenta a rassettare.
Si sentì un avvicinarsi di passi sull’acciottolato, arroventato dal solleone. Un’ombra si profilò sull’uscio s subito dopo ecco apparire il redentorista Fratello Onofrio, che andava facendo il giro della questua.
Gerardo fissa il volto sudato del frate, sotto il cappello a larghe falde: aperto, sereno, cordiale.
- Sia lodato Gesù e Maria – dice il Fratello.
Gerardo risponde al saluto, lo aiuta a deporre la bisaccia; si affaccia anche mamma Benedetta, le maniche rimboccate e le mani grondanti di acqua delle rigovernature. Fratello Onofrio, cavatosi il cappello con un lungo sospirone di sollievo, spiega lo scopo della visita: la questua per il Convento di Materdomini. Quel caro nome rievocò in Gerardo e nella mamma il lontano e dolce ricordo dei pellegrinaggi alla cara Madonnina inginocchiata, con le mani congiunte in preghiera ... Dopo aver generosamente versata l'offerta nella bisaccia del frate, Gerardo, ansioso ed eccitato, si dà a domandare al Fratello tante cose sulla loro vita, sulla loro missione ...
Fratello Onofrio, sorseggiando il bicchiere di vino versatogli da mamma Benedetta, racconta, con legittimo orgoglio, come la loro Congregazione sia stata fondata dall'illustre patrizio napoletano D. Alfonso de Liguori, celebre avvocato, ma che poi si era ritirato dal mondo, abbandonando casa, diritti di primogenitura, -anche la fidanzata! -per fondare la loro Congregazione per il popolo. Gli spiega che lui era Fratello Laico, e che ora, solo eccezionalmente, andava per la cerca: nella loro Regola non c'era l'obbligo di questuare, anzi il Fondatore aveva voluto i suoi Soggetti con una certa dignità aristocratica, anche se con umiltà e povertà.
Gerardo ascoltava rapito. Notava infatti come Fratello Onofrio era differente dal solito tipo del Monaco-cercatore: era una figura dignitosa, pulita, elegante; le maniere non erano rumorose, confidenziali, alquanto volgari ...
E la scintilla scocca nell’anima di Gerardo: quella è la sua vocazione: la sente forte e potente come solo lo può essere la voce di Dio.
- Ditemi, Fratello, posso venire con voi? Voglio essere anche io come voi … Oh! Quanto sarei felice!
Fratello Onofrio scruta quel volto esile, acceso dall’entusiasmo; poi, sacente, risponde:
- Penso di no. Nel nostro Ordine (il rovescio della medaglia!) c’è molto da stentare, credetemi: penitenze, digiuni, discipline … Noi dobbiamo dormire sulla paglia. I nostri monasteri, all’apparenza sembrano grandiosi e ben messi, nelle celle però siamo molto miserabili …
Gerardo con slancio subitaneo afferra le mani al Laico e gli grida:
- Ma caro Fratello, è proprio questo che vado cercando!
- No, no, bravo giovane: la Congregazione non è fatta per voi, per la vostra costituzione.
Fratello Onofrio non sa se è entusiasmo il suo, o solo una passeggera esaltazione. Si stringe nelle spalle e conclude:
- Se proprio credete di avere la vocazione, ne dovreste parlare ai nostri Superiori. Per esempio, rivolgetevi ora al P. Garzilli, quello che fa la predica nella Cattedrale …
Mamma Benedetta, aveva ascoltato senza intervenire. Alla fine non riuscì a trattenere un lungo sospirone che voleva sottintendere tante cose: specialmente il suo disappunto per quel benedetto figliuolo, ancora fissato per la vita religiosa, nonostante tante disavventure e delusioni provate, e tante pene procurate a lei, povera donna!