Apostolo a Corato
CAPITOLO XII
Nella primavera del 1753 lo troviamo a Corato, in Puglia. Sarà ospite della famiglia Papaleo, ma Gerardo non la conosce, né sa dove abita. Come sempre si affida al buon Dio e al suo... cavallo. Infatti, abbandona le briglie e lascia che la bestia trovi la casa. Incredibile. Il cavallo, dopo aver attraversato diversi vicoli, si ferma davanti ad una porta. Gerardo domanda: «Don Felice Papaleo?». «Sì, abita qui».
È tempo di Quaresima e nella chiesa si prepara la Pasqua. Il clero di Corato si contende fratello Gerardo; è una missione prolungata. Il sacerdote don Francesco Saverio Scoppa, scrivendo a padre Fiocchi, dirà: «Reverendo Padre, non potete immaginarvi la folla che seguiva fratel Gerardo per la città. Il popolo non tralasciava di stargli vicino e di portarlo in trionfo come se egli fosse un santo disceso dal cielo. Poiché non bastavano le giornate per trattenersi con lui, calata la sera, la casa del signor Felice Papaleo si riempiva di una folla di preti, di gentiluomini e di altri che, per il desiderio di ascoltare il santo fratello, non lo abbandonavano fino alle sei e alle sette di sera, stimolando sempre il buon fratello a parlare di Dio. Non so come spiegarvelo, caro padre, ma tutte le parole uscite dalle labbra di Gerardo, andavano diritte al cuore degli ascoltatori. Mentre parlava di Dio, tutti tacevano e si sentivano solo profondi sospiri. Nessuno possiede, come lui, il dono di intenerire e di toccare le anime più indurite».
Due fatti in particolare caratterizzarono il suo soggiorno coratino. Intervenne con coraggio per fare murare una finestra del monastero delle Domenicane, occasione di distrazione continua per le religiose, e liberò con un segno di croce un campo infestato da topi, che costituivano la disperazione dei contadini.