E giunse anche il giorno del trionfo
CAPITOLO XX
Nella baia di Napoli imperversava una tempesta. Gerardo era uscito di casa per le spese necessarie alla giornata. Al largo della «Pietra del pesce» un gruzzolo di gente urla e si dispera, attirando l'attenzione dei passanti e richiamando altra gente. «Sarà successo qualcosa di grave», pensa Gerardo. In effetti, una barca di pescatori fa fatica a raggiungere la riva, travolta da onde impetuose, che minacciano di capovolgerla.
Nessuno immagina come portare aiuto. Ci pensa fratello Gerardo. Una preghiera silenziosa, occhi al cielo, un segno di croce, il mantello sul braccio, e via: «In nome della Santissima Trinità» dice. Corre, camminando sull'acqua, e «con due ditelle» - come dirà lui stesso a padre Margotta - afferra la prua della barca e la trascina a riva.
La folla delira; dimentica barca e pescatori e va dietro al Santo, scandendo ad alta voce il suo nome. Ma Gerardo s'è già dileguato tra i vicoli del quartiere.
La notizia del miracolo volò sulle ali del vento, e Gerardo non riusciva più a mettere piede in strada, perché tutti gli correvano dietro.
Ritirandosi a casa, sostava nelle botteghe degli artisti a San Biagio dei Librai. Apprese così a usar la cartapesta e, una volta ritornato a Materdomini, si esibì in un celebre Ecce Homo e in alcuni Crocifissi: immagini che si conservano come reliquie. Queste opere, forse poco artistiche, riflettono lo stato d'animo dell'autore. Il Cristo appassionato era stampato nel cuore di Gerardo fin dal tempo di Muro Lucano. Da giovane aveva già impersonato il Crocifisso in una rappresentazione del venerdì santo a Muro, suscitando commozione e lacrime negli astanti.
In seguito, da religioso, si era impegnato con tutte le forze a trasformarsi progressivamente nell'immagine del Redentore. A Napoli, questa crocifissione mistica raggiunge i vertici. Aridità di spirito, desolazione interiore, abbandono, forse il ricordo della calunnia subita, certamente le sofferenze di una malattia che comincia a manifestarsi...