Una strana commendatizia
Capitolo XX
Alla Missione di Rionero, predicata dalla stessa compagnia di Missionari, Gerardo ripetè il suo fervoroso servizio, come aveva fatto a Muro; anzi con più pratica, dopo il precedente rodaggio. Aveva assimilato bene l’andamento della Missione e lo si vedeva dappertutto infaticabile.
Era il fervore del naufrago che finalmente vede a portata di mano il lido sicuro, dopo le ansie e i travagli di una lunga lotta contro i marosi degli elementi avversi.
L’atteggiamento dei Missionari nei suoi riguardi variava a secondo dei curatori. Agli occhi del P. Fiocchi e, probabilmente, anche degli altri, Gerardo acquistava sempre più simpatia e stima, anche se pensavano che il fervore si sarebbe poi naturalmente ridimensionato, al contatto con la realtà monotona dei Conventi. Nel superiore P. Cafaro, invece, il dubbio, lungi dal dissiparsi, si faceva più assillante. Quell’entusiasmo di Gerardo era soltanto l’esibizionismo inconscio di una gioventù che – a parte l’handicap della fragile e perciò inadatta costituzione fisica – era destinato a fallire: oppure … era proprio volontà di Dio quella strana vocazione?
Verso la fine della Missione di Rionero, il P. Cafaro, un poco per tacitare i suoi scrupoli ma molto più per scrollarsi la responsabilità di portarsi dietro, nelle successive fatiche apostoliche, quel singolare rompiscatole, decise di inviarlo alla Comunità più vicina a Deliceto, in provincia di Foggia, distante una cinquantina di chilometri. Se quelle spine erano rose, sarebbero fiorite.
La lettera di presentazione che consegnò a Gerardo indirizzata al superiore di Deliceto P. Lorenzo D'Antonio, costituisce un singolare capolavoro di previsione a rovescio, come succede, qualche volta! anche ai Santi. Eccone il testo: "Reverendo Superiore, vi mando questo giovane Gerardo Majella; un postulante che, a mio giudizio, è un soggetto inutile, atteso le fatiche che un Fratello Laico (quale vorrebbe essere) deve sopportare nella nostra Congregazione. Insomma, una bocca in più da sfamare! Io non sono riuscito a liberarmene. D'altra parte, egli è ritenuto a Muro, sua patria, come un giovane di virtù."
Nel rileggere queste parole, a distanza di oltre due secoli viene spontaneo il ricordo dei versi del Manzoni: "O degli intenti umani - antiveder bugiardo!" (Dall'inno Il 5 maggio).
Per il P. Cafaro, dunque, Gerardo costituiva una bocca in soprannumero da sfamare e un soggetto inutile. E invece il soggetto inutile è diventato la gloria più fulgida del suo Istituto; e se si parla di sfamare, dobbiamo costatare che è proprio la sua virtù di taumaturgo a sfamare le brame spirituali di milioni di anime, che ascendono in pellegrinaggio al suo Santuario, per purificarsi sulla tomba gloriosa e rifocillarsi del pane eucaristico. Senza contare che, anche in senso realistico, questo Santuario gerardino di Materdomini costituisce, grazie alla generosità dei devoti, la provvidenziale fonte di aiuti economici per tutta la Provincia Religiosa Redentorista, e per gli abitanti della zona.