Obbedienza eroica
CAPITOLO IX
Tutto questo eroismo ha una spiegazione: Gerardo aveva indirizzato la sua vita su questa massima: «Amare assai Iddio, unito sempre a Dio. Far tutto per Dio. Amare tutto per Dio. Conformarmi sempre al suo santo volere. Patire assai per Dio. È pena infinita patire; e non patire per Dio. Patire tutto e patirlo per Dio, è niente».
Proprio così: quell’esemplare fratello era pervenuto a tal grado di rinunzia da non possedere più una volontà propria, ma da far vivere ed operare in lui la volontà di Dio. Di qui un’obbedienza cieca, alla lettera, fino a rasentare l’incredibile, l’impossibile.
Ecco a riguardo un altro suo proposito: «Dio mio, per amor vostro, io obbedirò ai miei superiori come mirassi in essi Voi stesso ed ubbidissi alla vostra divina persona. E sarò come non fossi più mio, ma quello che voi stesso siete nell’intelletto e nella volontà di chi mi comanda». Una decisione così radicale doveva sfociare in un’obbedienza eroica. E Dio rispondeva con i miracoli. Poiché il suo pensiero assiduo era il Signore, lo si vedeva assorto e spesso estatico in contemplazione, tanto da sembrare trascurato e distratto. Però, ad un cenno del superiore, scattava come una molla: «Fratel Gerardo, mettiti subito in viaggio per Ascoli Satriano». E Gerardo parte immediatamente, vestito come si trova: uno straccio di tonaca e un paio di ciabatte che trascina per i pavimenti della casa.