Calvario
CAPITOLO V
Rimasto orfano appena dodicenne, Gerardo dovette applicarsi al mestiere paterno passando alle dipendenze di un severo padrone: Martino Pannuto.
Fedele al suo dovere, il giovane apprendista si applicava al lavoro, ma non rinunciava alla contemplazione. Ubbidiva ai comandi del padrone, ma molto più volentieri alla voce di Dio. Mentre cuciva, il suo spirito era assorto nel Signore, verso il quale effondeva gli
affetti del suo cuore serafico.
Ciò non dispiaceva al Pannuto, ma a un suo subalterno, un giovinastro crudele, prepotente e superbo, che cominciò a maltrattare Gerardo. Costui però, invece di reagire, non solo sopportava le insolenze del manesco, ma lo ringraziava, anzi, delle percosse che riceveva. Perchè il mite Gerardo sorrideva a ogni schiaffo, l'altro supponeva egli si beffasse di lui e perciò rincarava la dose con soddisfazione della vittima che, memore della flagellazione di Gesù, ringraziava il divin Sofferente della grazia di renderlo partecipe della sua Passione.
-Ma si potrebbe saper perchè ridi?! gli domandò, un giorno, il ribaldo non dissimile dai flagellatori del Redentore.
-Rido perchè mi percuote il Signore ...
“Era una risposta suggerita da un intuito che superava, con un colpo d'ala, ogni logica umana ... - scrive il P. Ferrante. – Una risposta assurda alla mente del giovinastro, perchè apparteneva alla ferrea logica del Vangelo. Occorreva la santità per comprenderla”.
- Batti, chè ne hai ragione! - diceva quindi il Santino a quello spietato; ma poi concludeva: - Signore! Sia fatta la tua volontà.
Ma un giorno quel manigoldo lo percosse talmente da farlo stramazzare al suolo quasi tramortito; eppure, al sopraggiungere del padrone, Gerardo fu così eroico da scusare il responsabile. Quando poi, percosso con un'asta di ferro, la vittima si gettò ai piedi della belva per dichiararle che “perdonava per amore di Gesù Cristo'“, il colpevole rimase interdetto. Ecco quindi la recondita sorgente della sua eroica pazienza': l'amore a Gesù. Perchè amava il Redentore, voleva piacergli divenendo simile a Lui con la sofferenza. Ecco perchè taceva, soffriva e perdonava. Egli vedeva la mano di Dio tra le avversità e considerava le dure prove della vita come consolazioni: le spine come rose.
Un giorno il Pannuto seguì Gerardo fino alla chiesa di S. Marco e lo vide piegar la fronte, baciare il pavimento e poi pregare seraficamente alla luce dei finestroni istoriati. Allora, ammirato di lui, lo avvicinò e gli chiese': -Perchè non dirmi che ti assentavi dalla bottega per venir qui a pregare?
Ma Gerardo non rispose. Egli non domandava il permesso di assentarsi dal lavoro, perchè avvezzo a considerar Dio quale unico suo padrone. Ma da quel giorno, il Pannuto incominciò a stimarlo come “cristiano eccezionale”,anzi quale “Santo”. Informato dei maltrattamenti che riceveva dal giovinastro, licenziò sdegnosamente costui e trattò l'orfano quasi con paterna bontà, perchè lo giudicava degno di rispetto, di comprensione e di stima per le sue straordinarie virtù.
Anche Gerardo si affezionò a lui, che serviva in casa aiutando la padrona la quale gli affidava i figliuoletti da custodire. Il Santo aiutava dappertutto e considerava quei bimbi come i suoi più cari amici perché innocenti. Insegnava loro a pregare, a ubbidire, a essere buoni.
Talvolta, contenti di averlo in casa, i padroni davano al pio garzone anche la cena e offrivano un giaciglio, su cui passar la notte. Ma egli preferiva dormir sul pavimento, per assomigliare a Gesù che non aveva un sasso dove posare il capo. Richiesto dal Pannuto perchè dormisse così come un cagnolino, Gerardo gli rispose che “sul pavimento riposava meglio “.
In realtà, era un abile cacciatore di occasioni per soffrire, contento quando poteva offrire al divin Sofferente qualche omaggio di tal genere.
Quando mancava il lavoro alla sartoria,il suo solerte garzone diveniva campagnuolo. Andava volentieri alla campagna perchè, alla vista della natura, l’anima sua si elevava meglio al Creatore. Con lo spegnersi della calura, ai mattini di ottobre il cielo splendeva di un terso turchese e l'aria era come satura dell'odor delle uve mature. Bello per Gerardo infilare un sentiero, che si perdeva tra i campi, mentre i tordi, le cinciallegre e i capineri saettavano l'aria con i loro festosi voli. Piaceva al ragazzo vendemmiare i grossi grappoli di albana dorata emanante un profumo di ghiotti zuccheri disciolti, che lo invitavano a dissetarsi. Ma egli non era goloso e quindi si mortificava, anche perché quell'uva non era sua. Nel cogliere quindi ogni grappolo, offriva a Dio l'omaggio della sua mortificazione, anche perché il “Sitio” del divin Crocifisso gli echeggiava al cuore. Voleva quindi estinguere quell'ardente sete con la propria. Intanto i bei grappoli riempivano i corbelli con soddisfazione del Pannuto, che pensava alla svinatura e al mosto che avrebbe poi cantato dentro le botti.
Così fino all'imbrunire, dopo appena una breve sosta, a mezzogiorno, per il magro desinare consumato là, al rezzo del vigneto, quasi alla cacciatora. Quando sul cielo tremolavano le prime stelle e i grilli trivellavano il silenzio con il loro monotono zirlo, i vendemmia tori ritornavano verso casa, dov'erano attesi per la cena. Allora Gerardo si toglieva di tasca i più bei grappoli riservati ai suoi piccoli amici, che trillavano di gioia nel pregustarne il sapore, con soddisfazione dei loro genitori che ammiravano la nobiltà di lui, ma molto più la sua mortificazione. Ma prima della vendemmia, quanti sacrifici per tener lontani dalla vigna i ladruncoli! Spesso, al maturar dell'uva, il Pannuto vigilava dal capanno insieme con Gerardo, che gli teneva volentieri compagnia anche perchè così poteva pregare invece di dormire.
Ma una sera rimase egli solo di guardia, con un bimbetto del padrone, che pose a dormire dentro il capanno, sulla paglia perchè cascava dal sonno. Nell'uscir però con la lucerna per un giro di perlustrazione, Gerardo non si accorse di aver lambito con la fiamma di essa il basso tetto del capanno, che era di paglia. A poco a poco quindi le fiamme investirono il rifugio e quando il giovane guardiano si accorse del falò, accorse sollecito per preservare dall'incendio il bimbo addormentato sotto le ali dell'Angelo custode. Fiducioso in Dio e nella Vergine, Gerardo tracciò un vago segno di croce verso le fiamme vorticose, le quali subito si estinsero con sorpresa del bimbo che, destato di soprassalto, strillava perchè timoroso di perire tra di esse. Lo stesso testimonio raccontò la straordinaria avventura ai genitori, che trasecolarono nel constatare la verità di essa e specialmente la incolumità prodigiosa del loro caro figliuoletto.
Un pomeriggio, di ritorno dalla vigna, Gerardo volle visitare il santuario di Capertignano, che lo attraeva con la nostalgia dei dolci ricordi d'infanzia e dove pregava perciò così volentieri dinanzi alla Madonnina che
…dispiegava il suo manto
di tutte le grazie fulgente
con il Bimbo, suo dolce incanto,
meraviglioso e sorridente.
Infilata quindi una viottola solitaria, giunto presso il “grottone delle ripe”, il ragazzo spaurì involontariamente un uccello appollaiato su di una siepe e preso di mira da un cacciatore. Costui, adirato per tale incidente, si avventò su Gerardo per tempestarlo di pugni e di schiaffi. Memore del consiglio evangelico, il fanciullo non si sottrasse a quelle violente e immeritate percosse, ma presentò l'altra guancia al cacciatore che, inviperito, continuò a percuoterlo brutalmente. Meno male che sopraggiunse il figlio del Pannuto il quale s'interpose per difendere Gerardo e dichiararlo incapace di far torto ad alcuno. Allora finalmente il manesco comprese di avere agito troppo impulsivamente, chiese scusa alla mite sua vittima, ammirato della sua pazienza. Da quella sera cominciò ad apprezzare le virtù del Santino e a proclamarne la fama tra i suoi conoscenti e amici.
Secondo la tradizione, Gerardo fece sbalordire il padrone anche con un sorprendente prodigio avvenuto in casa sua con tanto suo vantaggio. Perchè il Pannuto aveva sbagliato la misura, nel provare il vestito a un cliente, si constatò che l'indumento era riuscito troppo scarso. Allora Gerardo prese tra mano il vestito per dargli una stiratura e poi lo riconsegnò al padrone che ne constatò, con sorpresa, la giusta misura, per la quale si attagliava alla persona de cliente pure meravigliato e contento.