La corrispondenza epistolare
CAPITOLO XIII
153. La corrispondenza con le Carmelitane di Ripacandida. 154. Le lettere alla madre Priora, Maria di Gesù: ne ammira la bontà di lei e si confonde per la sua umiltà. 155. La conforta in una tribolazione di spirito. 156. le chiede e promette preghiere. 157. Si scusa per non essere andato a Ripacandida. 158. Si consola per aver riveduto dopo lungo tempo i caratteri della detta Madre. 159. Si congratula con lei della destituzione dall’ufficio. 160. Alla Madre Maria Michele, nuova Superiora. 161. Le traccia il regolamento per una priora. 162 Altre quattro lettere a Suor Maria di Gesù. 163. Brani di alcune lettere scritte ad alltre religiose. 164. Le premure per una novizia tentata sulla vocazione. 165. Una lettera di conforto al P. Garzilli. 166. Al sacerdote D. Gaetano Santorelli. 167. Insinua a due galantuomini la rassegnazione alla volontà di Dio. 168. L’ultima lettera: alla signora Isabella Salvadore.
153. Era l’anno 1751, e Gerardo non aveva ancora emesso i voti religiosi, quando per mezzo dei Padri e col consenso dei Superiori istituì le sue sante relazioni col monastero delle Carmelitane Scalze di Ripacandida, come abbiamo già narrato nel capo ottavo. Da quel tempo incominciò tra lui e quelle Religiose una corrispondenza di lettere, la quale coll’andare del tempo si fece sempre più frequente. “Non mancava quasi mai settimana, dice il P. Landi, in cui Gerardo o non scrivesse a e quelle Teresiane qualche lettera di spirito, o non ne ricevesse dalle medesime, accendendosi reciprocamente di amore per Dio e stimolandosi all’acquisto della più eroica santità”. Non possiamo qui riportare le lettere che egli s’ebbe da quelle Religiose; perchè supponiamo che siano state bruciate con tutti gli oggetti di sua pertinenza per il timore del contagio; ma di quelle scritte da lui una parte ci fu conservata, alcune dal suo biografo P. Tannoia, altre dal processo apostolico; e noi ne vogliamo fare un dono al lettore, che vi troverà certamente da edificarsi.
154. La maggior parte di queste lettere rimasteci furono dirette alla Priora, Suor Maria di Gesù, di cui il Santo, non altrimenti che S. Alfonso e gli altri Padri, aveva un gran concetto. Ne abbiamo già riportate alcune nei capitoli precedenti, a seconda si presentava l’occasione. Ora presentiamo tutte le altre. Ecco la prima : “Jesus Maria. - Alla Madre Suor Maria di Gesù Cristo Signore. O tu, Divino amore, sii sempre nel cuore di questa tua diletta e cara sposa. Io vi scrivo in fretta, mia cara e benedetta Madre, col mettermi di bel nuovo ai vostri piedi, e di tutte codeste mie care Sorelle. quali desidero che sieno unitamente e sempre nell’aperto e spalancato costato di Gesù Cristo e nel cuore afflitto di Maria SS.ma, dove ogni dolcezza e riposo si trova. - Sono tante le grazie e le benignità che V. Riverenza ha usate con me, che d’una parte mi hanno recato somma consolazione e dall’altra parte mi hanno apportato mortificazione e mestizia; perchè, sebbene mi riconosco pieno d’ indegnità a paragone delle vere spose di Gesù Cristo; pure sono stato con poca modestia e rispetto avanti di Vostra Riverenza. Ora, accorgendomi d’essere colpevole di questi mancamenti, sono costretto ad accusarmi reo, con esclamare da per tutto misericordia. Vi chiedo umilmente perdono, se le cose che vi dissi non, furono che pazzie, sebbene ciò provenne non da altro, se non da un giusto fine di dichiararmi quale sono; affìnchè Vostra Riverenza con tutte codeste vostre figlie vi moveste a pietà di me; poichè per le mie continue imperfezioni domando l’aiuto delle vostre Riverenze, sperando nelle vostre sante orazioni, acciocchè mediante le anzidette preghiere rettamente faccia la volontà del mio comun Padre. - Io poi vi ringrazio della vostra santa prudenza d’avermi con tanta carità sopportato e questo non per me, ma per l’amore di Gesù Cristo . Intanto vi dico che, se mai non vi foste accorta delle mie ciarle, vi prego a farne riflessione, avendo parlato con giusto fine per essere aiutato da V. Riverenza. -E’ vero però che io sono stato rammaricato un poco per quelle parole che si sono dette, la seguente mattina della mia partenza, nella ricreazione : perchè di quanto vi ho detto l’avete pensato alla diversa: mentre io mai ho avuto credito a me stesso, potendomi certamente ingannare. Anzi tale è stato il mio cordoglio, che sono rimasto fuori di me stesso, e camminando per la strada di Melfi, non mi sono accorto che il cavallo prendeva la strada di Foggia e così ho allungato circa quattro miglia, e, accorgendomene, tutto ho rimesso alla divina passione di Gesù Cristo. Le comunioni da una parte mi sono state di somma consolazione e da una parte di gran confusione, pensando all’infinita bontà di Dio in avere impegnate le sue care spose per la salvezza di chi tante volte l’ha offeso. Oh eccesso di carità! Oh stupendo prodigio ! Oh amore di vero Pastore in ricercare con tante industrie le smarrite pecorelle! Io per me altro non posso dire, che la carità usata ,verso di me sia il Redentore, il Sangue di Gesù Cristo uniti con i dolori di Maria. Vi sia per tanto a cuore il combinato patto con le vostre care figlie. Vi prego di dire per amore di Gesù Cristo a quella mia sorella, che indegnamente farò la santa comunione come desidera, affinchè si faccia santa con l’a iuto di Dio . Resto con tutto dentro il sacro costato di Gesù Cristo. - Melfi, 17 dicembre 1751. -Mi farete la carità per amore di Gesù Cristo e di Maria SS.ma di raccomandarmi al P. Confessore e a D. Tommaso Rendine: ditegli che io lo desidererei alli santi esercizi in Deliceto. - Indegno servo e figlio in Cristo, Gerardo Majella del SS. Redentore”.
155. Dopo questa lettera vi furono certamente a poca distanza delle altre che non giunsero sino a noi. La seconda che ci fu conservata, fu scritta dalla nostra casa in Deliceto e porta la data del 22 Gennaio 1752. Il Santo la scrisse per mostrare la sua gratitudine alla detta Madre Priora, che l’aveva assicurato delle sue preghiere, e per confortarla in una tribolazione di spirito. Essa dice: “Jesus Maria. -Alla Madre Suor Maria di Gesù Cristo. -Cara mia sorella in Gesù Cristo. Certamente mi fu di somma consolazione il sapervi così fortemente impegnata per me appresso del vostro Divino Sposo, e che non avete, come mi dite, altro modo di parlarmi a solo a solo, se non che dentro il suo sagratissimo Costato. Consideri V. R., che contentezza fu la mia nel sentirvi così dolcemente parlare, e per tale ragione mi viene voglia di confessarvi la mia verità. Io, sebbene indegnamente, pure non lascio di pregare il Signore per V. R., e per tutta cotesta vostra santa Comunità, acciò siate vere spose, e vere amatrici del suo Santissimo Volere. Non è mai che io vada al Signore, in verità vel dico, senza che vi rimiri dentro il suo sagratissimo Costato, offrendomi io più volte per voi e per tutte al suo sagratissimo Cuore impiagato. Dio sa l’afflizione, che mi cagionate, perchè vi veggo così afflitta! Non è vera afflizione naturale, ma è mia invidia. Benedetto sia sempre il Signore, che in tale stato vi ritiene por farvi gran santa! Allegramente su dunque, e non temete; statevi forte e con coraggio alle battaglie per riportare poi più valoroso trionfo al nostro regno del cielo. Non ci prendiamo spavento di quello che il maligno spirito semina nei nostri cuori; perchè quello è officio suo, e l’officio nostro è di, non dargliela vinta. Non lo crediamo; perchè noi non siamo,com’ egli vuole e dice. Egli cerca di farcelo credere per atterrirci e spaventarci, e in tal modo per farci credere, che lui è vincitore nello sue cattivo opere. E’ vero che talvolta ci vediamo confusi e deboli; ma non ci è confusione con Dio; non ci è debolezza colla divina potenza; perchè è certo che nello battaglie la divina Maestà ci aiuta col suo divino braccio. Perciò possiamo stare allegramente ed ingrandirci più forte nel divino volere, so noi benediciamo le sue santissime opere per tutta l’eternità. Vostra Reverenza non si dimentichi di me in tutte lo sue orazioni sante; così io prego per l’amore di Gesù Cristo e di Maria SS.ma per V. R. e tutta cotesta vostra santa Comunità, e restiamo nel Sacro Costato di Gesù Cristo. - D. V. R. -S. Maria della e Consolazione, 22 gennaio 1752. - Indegnissimo servo in Cristo, Gerardo Maiella del SS.mo Redentore”.
156. Dalla fine di Gennaio del 1752 al principio di aprile del 1753 tra lui e la madre Maria di Gesù vi fu uno scambio di lettere assai più frequenti; le quali però, non si sa perchè, andarono tutte smarrite, come apparisce da questa che qui riportiamo in terzo luogo: “Jesus Maria. - Dio vi faccia santa, mia carissima in Cristo. E’ certo: non posso errare: lo so benissimo, che ivi sta il nostro appassionato Signore, ed in quel carcere d’amore viene al più spesso visitato dalle sue spose e da V. R., che siete stata la prima carceriera. Perciò vi prego che con utilità di materna carità comandiate a tutte le ,vostre obbedientissime figlie, che da mia parte salutino una sol volta questo nostro Signore divino Sposo, e sia tanta la detta visita quanto basti per dirgli e da parte mia un sol Gloria Patri. Nel fine della visita per me stesso ognuno gli dica Signore per pietà! Non mai per l’avvenire vi scorderete di raccomandarmi a questo divino amore, che io indegnamente ogni mattina nella comunione non mi scorderò di raccomandar voi. L’Ave Maria promessa ve la dico puntualissimamente. Le solite mie preghiere sono, che vi visiti il Signore nel suo divino volere, acciò vi faccia santa, e spero che lo farà e così sarete consolata. Mi farete la carità per amore di Gesù Cristo e di Maria e SS.ma di mandarmi un pezzetto della statuetta di S. Teresa, perchè di quello che mi deste, non ne ho più; mi fu tolto da un monastero desideroso di esso e per non far perdere la loro devozione mi fu forza di loro darla. Di tutte le lettere che io vi ho mandato, e delle vostre risposte non ho ricevuto nessuna in mio potere, se non che una sola, che fu la prima che mi portò Fr. Gaetano. Vi ripeto di nuovo, che non vi scordiate di me; raccomandatemi spesso al Signore, perchè ne ho un grandissimo bisogno, e Dio sa le mie necessità, e resto baciando coteste vostre mani sante. - S. Maria della Consolazione, 1. aprile 1752. - Di V. R. - Affezionatissimo Fr. in Cristo. Gerardo Maiella del SS.mo Redentore”.
157. Avendolo assicurato la madre Priora che nel monastero si pregava per lui e che si desiderava di vederlo, egli subito rispose da Melfi, consolandosi di tanta cura, che si aveva per il suo bene spirituale e scusandosi di non averle potuto contentare colla sua andata a Ripacandida. La lettera diceva: “Jesus Maria. - Alla Madre Suor Maria di Gesù Cristo Signore. - La grazia del divino amore sia eternamente nell’anima di V. R. Amen. - Oh Dio! che somma contentezza ho sentita quest’oggi nell’interno con aver ricevuta la vostra stimatissima da me tanto tempo bramata; ma, perchè io vi discorro con verità innanzi a Dio, questo mio desiderio non è del mio volere, ma dell’Altissimo, che mi fa sempre chiedere aiuto dagli altri, perchè io non posso. Il suo divinoVolere vuole ch’ io cammini in sott’acqua e in sotto vento, e perciò io voglio che anche in questo sia fatto perfettamente sempre il suo divino Volere. Intanto io mi consolo che V. R. e tutte le vostre figlie siate tanto fortemente impegnate a piedi della divina Maestà per me, ed io da Lui e certamente spero e voglio che da mia parte vi paghi copiosamente; perchè il mio unico padrone Gesù Cristo ha dato a me tutta la sua infinita mercè, quale io ho offerta al suo eterno Padre, sperando che con l’ istessa mercè, datami da suo Figlio, paghi voi duplicatamente e con infinita gloria per tutta l’eternità. Non vi meravigliate, se io vi seri vo in modo così affezionato, essendone unica ragione, che da me venite stimate per vere dilette spose di Gesù Cristo e perciò mi muove la divozione di conversare continuamente con voi; ma l’altra ragione che mi tocca il vivo del cuore, è che tutte voi spose mi ricordate e mi rappresentate la divina Madre. Io tali vi stimo, e non so, se ci fosse, che Dio non voglia, alcun’altra ragione contro il mio volere. Perciò, che per mia testimonianza si legga comunemente questa mia presente. Vi ringrazio poi sommamente, mia carissima sorella in Gesù Cristo, per il pezzetto mandatomi della statuetta di S. Teresa, da me tanto desiderato. V’avviso come ho avuto mala fortuna di non essere venuto costì (è segno evidente che Dio non l’ha voluto), mentre io doveva venire pure un giorno, che era gloria di Dio, comandatomi dal mio Superiore: ma perchè il Signore D. Benedetto Grazioli mi ha trattenuto a forza in sua casa, perciò non ho avuto tempo di venire costì per obbedire al mio Direttore (che stava in Melfi con il quale siamo venuti assieme da Deliceto) io sono ritornato in Melfi e per mia mortificazione l’ho trovato partito per volontà di Dio per Materdomini. V. R. mi comanda ch’io vi saluti nostro fratello Gaetano: ma altro non posso fare per compire la vostra obbedienza, che fargli leggere la vostra riveritissima per via di segno, perchè io da più tempo non ci parlo affatto per volontà di Dio; poichè così m’hanno comandato i miei Superiori, cioè che io non parlassi con nessuno di fuori del nostro Collegio. Perciò vi avviso che preghiate il Signore, che mi faccia levare questa falsa stima, che fanno di me, affinchè si scopra questa chiara verità. Questa mia vi sia per risposta della vostra presente inviatami: e perciò vi avviso che il nostro fratello Gaetano persevera nel suo santo romitorio e ama al più che si può G. C. e Maria SS.ma, e ciò che più mi consola, in esso si scorge gran purità di cuore, e fa tutto solo per Dio. Quando io vi scrivo un’altra volta, vi prego che mi rispondiate quanto siete avanzata negli avanzamenti della S. Perfezione con tutte coteste vostre figlie con mia somma confusione. Delle tre vostre mandatemi, nè la seconda, nè la terza ho ricevuto in mio potere; segno giusto che il divino Volere non l’ha voluto: fiat voluntas sua et remaneamus in Corde Jesu et B. Mariae Virginis. -Melfi, 16 aprile 1752. Io mi metto ai piedi del vostro degnissimo Padre Spirituale, acciò si ricordi sempre di pregare Iddio per me. - Di V. R. - Indegnissimo servo e fratello in Cristo, Gerardo Maiella del SS. Redentore”.
158. Dopo questa lettera passò qualche tempo prima che Gerardo ne ricevesse un’altra dalla madre Maria di Gesù. Perciò, subito che rivide i caratteri di lei, prese la penna e le scrisse: “Viva il nostro caro Dio. Dio vi guardi. - Il nostro amoroso Gesù sia sempre con voi, mia cara Madre, e Mamma Maria SS.ma vi conservi sempre nell’ essere amoroso del nostro caro Dio. - Ecco la risposta alla vostra riveritissima, e vi dico che bisogna scrivere per tutto l’universo, e far inteso e che si racconti come una delle più famose meraviglie di Dio l’essersi dopo tanto tempo la V. R. ricordata di me suo servo. Io già credevo che non eravate più con me quella di prima, e non sono ancora assicurato, ma non me ne curo; basta che ho avuto l’onore di vedervi di nuovo. Io infinitamente ne godo e ne do lode al Sommo Fattore. Or basta: sia come si voglia, io tutto rimetto al mio caro Dio e vi perdono. Se poi vi lagnate di me, io vi dico che non sono fatto come Suor Maria di Gesù che promette assai e non attende, ma quel che io promisi non son capace di scordarmi, voglio attendere a soddisfare l’obbligo mio, perchè tutto ciò che vi promisi ve lo voglio attendere, e chi manca, manca a sè. E se anche vi ritrovate pentita, vi dico che non ci vuole pentimento ad amare il nostro caro Dio, ma che si faccia sempre la sua divina volontà, e quello che si è fatto, sia ben fatto. Vorrei che foste più coraggiosa a seguire la divina volontà. Così sono io, quanto più mi vedo discacciato da V. R., tanto maggiormente mi affretto a camminare appresso di voi por ritrovare il mio caro Dio. Evviva quella santa Fede, che m’insegna così alto mistero! Fede ci vuole ad amare Dio, che chi manca di Fede, manca a Dio. Io già sono risoluto a vivere e morire impastato di Fede. La Fede mi è vita, e la vita mi è Fede. Oh Dio! E chi vuol vivere senza la Fede? Io vorrei sempre esclamare, ( così fossi inteso per tutto l’ universo mondo) e dire sempre: Evviva la nostra santa Fede del nostro caro Dio! Dio solo si merita di essere amato ; e come potrò vivere se manco al mio Dio? Ahi, bisogna che dia freno alla penna, e viva sepolto nel silenzio e colà riposarmi in dolce riposo di eterna liquefazione! Oh inesplicabile Divinità, parla tu per me, che io non posso: a te mi rendo, mio Bene: in te riposo! - D. V. R. - Indegnissimo servo e fratello affezionatissimo Gerardo Majella del nostro e caro Redentore”.
159. Nel mese di maggio di quell’anno 1753 la Madre Maria di Gesù fu surrogata nella carica di priora da Suor Maria Michele di S. Francesco. Subito che Gerardo ne fu informato, scrisse alla prima per congratularsi con lei dell’agio che così le veniva di poter meglio attendere alla perfezione, “Jesus Maria, - A Suor Maria di Gesù, Ripacandida. - La divina grazia riempia il cuore di V. R. e Mamma Maria SS.ma ve la conservi! Amen. - Gloria Patri, mia benedetta Madre in Gesù Cristo, che già è fatta la nuova Madre Priora. Voglio che mi facciate la carità di salutarla da mia parte con rallegrarmi assai del nuovo suo ufficio. Io spero da S. D. Maestà che con tale officio si faccia gran santa. Amen. Quando Dio vorrà, io le voglio scrivere, perchè lo vuole Dio. Mi dite che io venga costà. Sì, mia benedetta madre, quando Dio vorrà, io verrò con tutto il cuore a consolarvi. Frattanto state allegramente: non vi affliggete, perchè affliggereste pure me stesso. Mi dite che adesso che non siete più priora, tutti si scorderanno di V. R. Dio mio! come lo potete dire? E se mai si scorderanno le creature, non si scorderà di V. R. il vostro divino sposo Gesù Cristo. In quanto a me, io mai non mi sono scordato di V. R., nè mai me ne scorderò. Vorrei che V. R. non si scordasse mai di me: poichè ben sapete che vuol dire Fede, fede. Via su, animo grande in amare Dio. Fatevi santa grande, perchè adesso avete più tempo, non avendo più tanti affari come prima. Pregate assai assai Dio per me, che ho gran bisogno spirituale e Dio sa come ora sto afflitto e sconsolato assai. Se volete, potete aiutarmi assai presso Dio. Fatemi questa carità, chè Dio sa che vorrei dirvi. Salutatemi suor Giuseppa, suor Teresa, suor Oliviera e tutta la santa comunità e restiamo uniti ed in uno trasformati nell’essere di Dio. Amen. -Foggia, maggio 1753. - Di V. R. - Indegnissimo servo e fratello in Gesù Cristo, Gerardo Maiella del SS. Redentore”.
160. Non mancò Gerardo, dopo parecchi giorni, di scrivere alla nuova priora. La lettera porta la data degli 11 di giugno, e poichè ci fu conservata dal processo di beatificazione, noi qui la riportiamo Jesus Maria. - La divina grazia riempia il cuore di V. Riverenza e Mamma Maria SS. ve la conservi. Amen. - Mia cara sorella in Gesù Cristo. Io da più tempo vi volevo scrivere per soddisfare la mia obbligazione. Non ho potuto farlo per mancanza di comodità. Ora però posso farlo e perciò vi scrivo e vi dico che molto mi consolo della vostra santa elezione di essere, madre superiora. Prego il Signore che vi faccia esercitare codesto vostro ufficio con somma attenzione ;·e vigilanza su tante spose di Gesù Cristo; e spero che S. D. Maestà vi voglia dare quello spirito che diede a quella serafìna di amore Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, gran serva ed innamorata di Gesù Cristo e di Maria SS.ma, affìnchè con tale grazia e spirito possiate imitarla e giungere (quanto però n’è capace la creatura) a quella perfezione che si merita S. D. Maestà e che voi tutte siate altrettante serafine di amore di Dio. Madre mia, vi prego per l’amore di Gesù Cristo e Maria SS .ma a non scordarvi di me nelle vostre sante orazioni: e vi prego che diate l’obbedienza a tutte codeste vostre figlie che preghino Dio per me, come faccio per tutte voi. Io fra breve sarò costì: verrò mandato per divino volere, e se mi volete rispondere, fate come vi piace: e per venerdì v’ è il comodo in casa del signor Benedetto. Vi prego che vi sia nel cuore suor Maria di Gesù, poichè voi ben sapete che vi è stata madre dal principio e vi ha allattata con il latte dell’amor di Dio. Salutatemi suor Maria Giuseppa e suor Maria Battista con tutta codesta vostra santa comunità. - Iliceto, S. Maria della Con solazione, 11 di giugno 1753. - Indegnissimo servo e fratello in Gesù Cristo, Gerardo Maiella del SS.mo Redentore”.
161. Sperimentando come questa ed altre lettere le infondevano fervore, e conoscendo altresì i tesori di sapienza depositati da Dio nell’animo del Santo Fratello, la nuova priora volle dalla mano di lui in iscritto una regola di direzione pel nuovo governo della comunità: gli scrisse adunque per richiederlo di norma a compiere per bene i doveri della carica. Fu allora che questo caritatevole consigliere, per condiscendenza, gittò su la carta i suoi sentimenti. Di questa scritta giunsero fino a noi taluni preziosi brani, pei quali possiamo ripetere ciò che di lui scrisse il P . D. Paolo Cafaro, che cioè: “non si possono leggere le sue lettere senza meraviglia, specialmente da chi sa che Gerardo, era un povero fratello laico, che appena imparato aveva a leggere e scrivere!. Tornerà dunque grato al nostro lettore lo scorrere coll’occhio questo vero e serio regolamento, alla cui lettura, anche i meno esperti nell’arte di governare, troveranno facile il formarsi una giusta idea della saggezza del suo autore. “Madre priora mia (così egli) compatitemi per amore di Gesù Cristo e di Maria SS.ma, se subito non vi ho servito con mandarvi questo regolamento che V. Rev. mi comandò, perchè rattenuto continuamente dalla solita pigrizia. Sia fatta la divina volontà, ed ora, se vi scrivo con fretta, compatitemi per carità”. Dopo questo preludio, Gerardo si esprime cosi: “Primieramente la Madre Priora, che sta in luogo di Dio, ha da soddisfare il suo ufficio con somma rettitudine, se vuol compiacere il suo supremo Signore che la tiene in suo luogo. Sia piena di prudenza: in tutte le sue cose, regolare si deve collo spirito di Gesù Cristo. Essa deve essere piena di fine virtù e buoni esempi e non dare alle sue figlie un atomo di ammirazione. Esser deve un puro vaso ripieno di sante virtù, e che da esso escano le virtù tutte, per così comunicarle alle sue figlie, acciò crescano tutte colle medesime virtù della Madre. Continuamente mirar deve chi è superiora, la sua bassezza, considerando che altro non può fare che male; che in quest’ufficio, in cui sta ve l’ha posta Iddio per sua bontà, poichè vi stanno tante altre che potrebbero farlo e dargli maggior gusto: che perciò deve avvilirsi, considerando le sue imperfezioni, e compatire i difetti delle altre. Il suo ufficio deve disimpegnarlo tutto, piena di amore di Dio, e non aborrirlo come cosa che da Dio non se le fosse dato, e pensare che Iddio ce l’ ha preparato ab eterno. Perciò soddisfare lo deve con somma angelica perfezione e conformarsi in tutto al divino volere, e stare in questo impiego indifferentissima, senza attaccarvisi. In cose che le portino confusione, cioè di non sapersi risolvere come regolarsi nella tale o tal cosa, consigliare si deve con persona illuminata da Dio. Conchiuso poi il caso, deve mettersi avanti gli occhi la gloria di Dio ed eseguirlo, senza badare ad altro, e per Dio si deve mettere il sangue e la propria vita, perchè è causa di Dio. Per amore del medesimo Dio, deve disprezzare specialmente la propria stima come non l’avesse. Solo deve mettersi in testa che è superiora e dire: Dio mi vuole in questo stato, e perciò debbo fare in tutto la volontà sua, debbo vigilare sopra di tutto e debbo soddisfare a tutto; debbo dare sempre a tutte le cose migliori e servirmi sempre del peggio, acciò dia gusto a Dio; e finalmente debbo in tutto patire, per godere la santa imitazione del mio caro sposo Gesù Cristo”· Passando poi alla carità che si deve usare colle suddite, così prosegue: “Il pensiero della Superiora ha da essere una continua ruota che si aggira a pensare sopra i bisogni delle sue figlie. Tutte le ha da amare puramente in Dio, senza veruna distinzione. Ha da pensare che le sue figlie non possono cercare ciò che bisogna, se non ce lo dà la santa ubbidienza: perciò non deve pensare niente sopra di sè; ma tutto il pensiero ha da essere sopra le sue figlie. Quando le viene dato cibo, abito ed altre cose, non se le deve pigliare se prima non ha contentato le altre. Deve dare confidenza a tutte, maggiormente quando vede che alcuna non ha con essa tutta la confidenza. Allora deve usare tutta la forza e tutta la prudenza per guadagnarsi il cuore, dimostrando buona ciera, ancorchè non se la sentisse internamente, e deve farsi tutta la forza per vincere se stessa per amor di Dio. Se non fa così con dimostrarle familiarità di madre, di certo accresce il disturbo di sua figlia; e quella vedendosi avvilita, si può dare alla disperazione, o almeno non si avanza nell’amore di Dio, perchè continuamente le sta nel cuore quella radice; ed in questo ci stanno soggette le donne. Fortezza e dolcezza in essa si esige. Stando la Priora in luogo di Dio, si deve fare ubbidire e deve costringere le disubbidienti che non vogliono sentire la voce di Dio e castigarle con prudenza. La correzione si comincia colla dolcezza. Con questa vi resta una certa tranquillità che fa conoscere il suo errore. Per esempio, la correzione deve farsi in questa maniera. Tu sei una indegna e la tua indegnità non si può da me più sopportare e da tante anime buone che ti conoscono per tale. Dio mio, come voglio fare con questa anima imperfetta? Figlia mia, non vedi che con il tuo malo esempio sei causa di scandalizzare tante anime sante? Meglio saresti stata nel mondo, donde sarebbe venuta un’altra che ora si sarebbe fatta santa. Ti dico questo e te lo debbo dire, chè ti son madre. Dio sa quanto ti amo e voglio bene, e quanto desidero la tua santità. Figlia mia, risolviti di farti santa, e prometti a Dio che ti vuoi levare queste imperfezioni, fa, così e vedi in che ti posso aiutare, e vieni a me con confidenza di figlia. Io sono di sentimento, che quando la correzione si fa di questa maniera, la figlia ricorre alla madre, e la madre dimostrandole confidenza, può disingannarla e farla camminare per la vera strada della perfezione. Si fa più di bene colla dolcezza, quando si vuole, che con l’asprezza.- L’asprezza porta con sè sconturbi, tentazioni, oscurità e pigrizia; la dolcezza porta pace e tranquillità ed anima le figlie ad amare Dio. Se tutte le superiori facessero di questa maniera, tutte le suddite sarebbero sante. Perchè si manca di prudenza, perciò vi sono tanti disturbi in alcune religiose . Dove c’ è disturbo, vi sta il demonio, e dove sta il demonio, non ci è Dio”. Qui finisce il brano rimastoci del regolamento, e chi lo legge, non può non sentirsi mosso ad esclamare col Salmista: O Signore, beata l’anima cui voi istruite, e cui voi insegnate la vostra legge. Ella saprà comunicare ad altri i vostri insegnamenti.
162. Sebbene la Suor Maria di Gesù non fosse più priora del monastero, pure Gerardo non cessò dalla corrispondenza epistolare con lei. Ne abbiamo in prova quattro lettere, le quali non portano la data; ma furono certamente scritte alla detta suora, dopo che era stata sgravata dall’ufficio di Priora, come apparisce dal contesto. La prima di essa è concepita in questi termini: “Viva il nostro caro Dio. - Lo Spirito Santo nostro Signore amoroso sia sempre nell’anima di V. R., mia cara sorella in Cristo, e Mamma Maria SS.ma vi conservi Amen Io rispondo ad una veneratissima di V. R. e molto mi sono consolato che state bene e vi siete ricordata di me; perchè, come io credevo, la R. V. mi aveva già abbandonato col non pregare Dio per me, ma con tutto ciò non sto sicuro, ma ancora rimetto a Dio quanti dispetti mi avete fatto. Dio vi perdoni, eh’ io vi ho perdonato. Per quella signora. che V. R. mi scrive, non è qui il Padre per cercargli licenza, se me la dà, quale tengo difficile. Basta: fidiamo nel Signore e pregate molto, che quello che non possiamo far noi, lo faccia Lui. Secondo mi dite foste sospesa dal Padre per un poco: non fu niente perchè la sospensione la fecero per la vostra infermità e per bene vostro; perciò state allegramente, attendete a soddisfare al vostro ufficio quando potete. Amate Dio assai, e fatevi santa grande. Salutatemi tutte e seguitate a pregare Dio per me come io faccio per V. R. e Dio ci benedica. Amen. - D. V. R. Il nostro Padre non può rispondere alla Madre, ma risponderà domani mattina. Io credo che mi tenete per vostro ingrato, sia fatta la volontà di Dio: così vuole Dio per i peccati miei. Ma se vorrete star lontano da me, almeno non mi state lontano per raccomandarmi sempre a Dio. Il nostro Padre prega la Madre Priora che faccia la carità di far parlare V. R. con il servitore di D. Luigi e Gerardo. - Indegno servo e fratello in Cristo, Gerardo Maiella del SS.mo caro Dio”. A questa lettera tenne dietro quest’altra “Jesus Maria - Alla Madre Suor Maria di Gesù Cristo . - Viva sempre, sempre viva il nostro caro Dio, e la nostra divina Madre unitamente con la nostra S. Fede. Amen. Carissima mia sorella, - Rispondo alla vostra veneratissima, e vi dico che tanto, tanto vi ringrazio della S. Novena, fattami alla nostra SS.ma Trinità. E’ vero che con V. R. non ci vogliono espressioni, nè preghiere, nè dubitazioni; sì, e dalla mia parte io sempre, sempre faccio la mia obbligazione per V. R. appresso del mio Signore, e non lascio di pregarlo come indegno peccatore, che io sono. Sorella mia, io vi compatisco assai, perchè state sola, afflitta e sconsolata per non avere con chi potervi sfogare e consolarvi. Io so con certezza le pene che avete passate, e vi dico che le sento più acute nel mio cuore che V. R. Non potete immaginarvi con quanta distinzione e chiarezza io le concepisca. Vi dico che le conosco meglio di voi stessa non dico bugia. Non vi spiego cosa alcuna, perchè io so che, mentre V. R. avrà la presente, lo Spirito Santo mio vi farà intendere il tutto da parte mia, meglio di quello che io vi potessi spiegare. Piacesse a Dio, che io venissi costà per consolarvi ... Buttatevi nelle braccia della divina pietà, conformatevi alla divina volontà, ed abbiate a caro quanto avete patito per Dio, perchè cotesto vostro merito vi serve per farvi grande santa. Mi farete grazia di salutarmi la Madre Priora, e Suor Maria del divino Amore, M. Battista, Teresa, Giuseppa, Maddalena, Celeste, Oliviera dite che mi saluta: è vero, ma dal Paradiso non da costà. Indegnamente io le ho fatto otto giorni di comunione per l’anima sua; e tutto quello che io faccio in quelli giorni, così voglio fare per tutte quante, affinchè vadano in Paradiso. Onde avvisatelo a tutte, acciò tutte quelle che restano viventi, preghino Iddio per me, affinchè quando sarò passato all’eternità, mi facciano pure otto giorni di comunioni. Il nostro Padre Margotta sta facendo i SS. Esercizi; io so che abbia a caro che io vi saluti da sua parte. - Indegnissimo fratello in Gesù Cristo, Gerardo Maiella del SS.mo Redentore”. E poichè la Suor Maria di Gesù, sempre si lamentava, dicendogli che non pregasse per lei; egli le rispose, per rassicurarla su di ciò: “Jesus Maria - Alla Madre Suor Maria di Gesù Cristo Signore . - Ho ricevuto la sua stimatissima, della quale io molto mi lagno; prima perchè così fredda, l’altro perchè sembra che io non preghi sua divina Maestà per V. R. - Sorella mia, Dio lo sa e vede l’animo mio, intanto non vede l’effetto, perchè Dio non sente le mie preghiere per causa della mia grande indegnità . Ditemi dunque , che volete che faccia su di questo; ma non mi dite più ch’ io mi scordo di pregare Dio per la R. M., perchè direste contro alla Fede. Salutatemi la Madre Priora, e ditele ch’ io ho da fare dei conti con lei giacchè non vuole pregare Dio per me. Benissimo , benissimo; io ben mi sono informato, della sua persona; così mi burla V. R. ? Pregate sempre per me e se non lo fate darete gran conto a Dio. - Di V. R. - Indegnissimo servo e fratello in Gesù Cristo, Gerardo Maiella del SS. Redentore”. Finalmente per chiudere la corrispondenza delle lettere che scrisse alla suddetta Suora Maria di Gesù, ne riportiamo anche un’altra che è l’ultima di quelle che ci sono rimaste. “Jesus Maria. - R.ma mia sorella in Gesù Cristo. Ho ricevuto una veneratissima di V. R. e tanto tanto me ne sono consolato, e per questa consolazione che avete data a me in nome della SS. Trinità vi benedico mille volte, siate benedetta, benedetta dallo stesso Dio, e da mamma Maria SS.ma, e da tutta la corte celestiale. Vi lagnate di me col dirmi che di tante lettere mandatemi non vi ho risposto. Sia per l’amor di Dio! Quello che io voglio dire a V. R., V. R. lo dice a me. Io in verità non ho ricevuto nessuna lettera di V. R., e se non che questa che mi avete mandata, e di e tutte le altre mie io non ho ricevuto veruna risposta da V. R. Io credo, come ho già giudicato, e tanto delle vostre lettere, quanto delle mie le ha impedite Frà Zurfo per darvi pene e far sconchiudere la santa fede. Faccia che vuole lo inferno, chè questo non la vincerà mai . Io tanto tanto la scuso cotesta mia Madre Priora, e le dico che di tante lettere mandatole nemmeno mi ha risposto un rigo per mia consolazione. Io già l’ho segnata: la voglio accusare proprio a Gesù Cristo, affinchè la metta carcerata. Vi ringrazio dell’assistenza fattami. Come già confido che Dio ve lo renda da mia parte. Vi prego che di tutto ciò non ne parliate a nessuno e nè delle cose vostre essere liberale. Dio sa quante pone ho sentito per l’amor vostro! Che volete che vi dica? ci avrei posto il sangue e la vita quando ci fosse stato necessità. Dio vi faccia più santa grande, che non avete voluto intendermi. Salutatemi caramente tutte le sorelle mie e le priego che non mi abbandonino ora che siamo lontani. Salutatemi la Madre Priora con specialità. Intanto io non le scrivo, perchè non mi vuole mandare risposta; io la perdono; non la mettete carcerata. Salutatemi Maria del divino Amore, Maria Giuseppa, Maria Teresa, Maria Maddalena. Maria Celeste. Pregate Dio per me, che io ancora non mi scorderò di V. R. e infine statevi bene, e mi comandate e restatemi nella S. Fede di Gesù Cristo. Viva Gesù, Maria. - Di V. R. aff.mo servo e fratello Gerardo del mio caro Redentore”.
163. Da queste sante relazioni che il nostro Santo aveva colla prima e colla seconda Priora del monastero venne l’altra che egli ebbe con tutte o quasi tutte le religiose di quel santo luogo. Imperocchè queste, avendo trovato nella conversazione con lui un gran mezzo per avanzarsi nella perfezione, si munirono di licenza per dimandargli consigli ed eccitamenti alla virtù. Le sue risposte sono un monumento della sua grande prudenza. “Sorella mia in Gesù Cristo nostro amato, scriveva a Suora Maria Battista della SS. Trinità, mi dispiacque molto la vostra infermità, ma molto più mi ha consolato il sentire che avete patito assai per il vostro caro Dio. Sorella mia, conformiamoci alla divina volontà; poichè il centro del vero amore di Dio si trova nell’essere in tutto dato a Dio e sempre conformato in tutto al suo divino volere e nel fermarsi colà per tutta la eternità. Stiamo attenti, sorella mia, a non commettere mai difetti volontari; che tali difetti si commettono con sommo dispiacere di Dio”. “Sorella mia, così in un’altra lettera alla medesima, raccomandatemi a Dio, ed ora più che mai perchè ne ho grandissimo bisogno. Io non mi scordo di V. R. perchè il vostro cognome, che è della SS. Trinità, mi fa sempre Iddio presente e mi porta a Dio. Sorella mia, Dio sa quanto vi stimo, perchè siete sposa fedele di Gesù Cristo. Amate Dio di cuore, e fatevi santa e non importa che abbiate a patire. Via su! patite per Dio, che le vostre pene vi saranno qui in terra un secondo Paradiso”. Ad un’altra dava questi santissimi avvisi: “Statevi allegramente e non vi avvilite. Confidate in Dio e sperate da Dio ogni grazia. Non vi fidate troppo di voi stessa, ma solo di Dio; e quando vi credete che state quieta, i nemici vi stanno più vicini. Non vi fidate della pace, che nella quiete potete ricevere la guerra. Vivete cautelata, ed ogni momento fidate e raccomandatevi a Maria SS.ma, acciò vi assista e con la sua potenza abbatti ogni vostro nemico. Ciò che patite non sono cause di tenervi afflitta, ma bensì di farvi umiliare innanzi a Dio e di farvi confidare maggiormente alla sua divina misericordia. Il riflettere su le cose, che mi dite, è opera dello spirito maligno, per farvi perdere tempo. Statevi allegramente, confidate in Dio che vi farete santa”. Cara sorella in Gesù Cristo, scriveva a Suora Maria Battista del divino amore, vi ricordo che vi ricordiate di me in amare e pregare Dio per me. In verità vi dico che potete aiutarmi, perchè vi chiamate del divino amore, ed io credo che siate tutta trasformata nell’amore di Dio e nel suo divino volere”.
164. Non meno delle professe egli s’interessava delle novizie. Seppe che una di queste era tentata d’abbandonare la vocazione, e senza indugio mise mano alla penna e scrisse: “Sorella mia in Gesù Cristo, sono a dirvi da parte del mio caro Dio, che vi mettiate in una soda e santa pace, perchè tutto è opera del demonio per cacciarvi da cotesto santo luogo. Figlia mia, state sulla vostra, perchè l’iniquo ingannatore è pieno d’ insidia e trappole e gli dispiace se voi rimarrete costà, volendovi impedire la santità. Tutti siamo stati tentati su dalla vocazione, e Dio è quello che manda le tentazioni per vedere la nostra fedeltà. Perciò statevi allegramente ed offritevi sempre a Dio senza riserbo, che lui vi aiuterà. E come è possibile che V. Carità si vuol scordare delle belle risoluzioni che tante volte ha fatte con essersi offerta a Gesù Cristo e con chiedere di essere sua sposa? se dunque allora lo desiderava, ora perchè lo vuole rifiutare? Sorella mia, chi potrà darvi pace se non Dio? Quando mai il mondo ha saziato il cuore umano, ancora di principessa, di regina, o d’imperatrice? Non si è sentito ancora, non si è letto in verun libro. Solo sappiamo che semina spine e triboli nei loro cuori, e che quanto più erano ricche, onorate e stimate con una vita tutta piena di soddisfazioni, altrettanto erano crucciate noi loro interni. Che volete che dica? Vorrei farvi parlare con la più gran contenta del mondo, se son vere, in ciò che compare nei loro esterni; ma credete a me, che sono pieno di esperienza, che brutta cosa è vivere nel mondo. Dio ve ne liberi, sorella mia! Dio vi vuol bene, e perciò ha permesso che foste tentata per sperimentare la vostra fedeltà. Allegramente dunque, anim e grande, vincete, vincete ogni tentazione colla generosità, dichiarandovi sempre sposa del nostro grandissimo Signore Gesù Cristo. - Bella cosa è essere sposa di Gesù Cristo. In lui si ritrova ogni felicità, ogni pace, ogni contentezza, ogni bene. A che servono le brevi apparenze del mondo con quella celestiale ed eterna beatitudine che si gode in cielo da chi si è sposata con Gesù Cristo? Non dico che chi vive nel mondo non si può salvare; ma dico che stanno in continuo pericolo di perdersi; non possono farsi santi con tanta facilità come nel chiostro. Considerate vi prego la brevità del mondo e la lunghezza dell’eternità, e riflettete che ogni cosa finisce. Finisce ogni cosa a chi visse nel mondo; come se mai fossero stati al mondo. Dunque che serve appoggiarsi su di che non può sostenerci? Ahi! che tutte quelle cose, che non ci portano a Dio, tutte sono vanità, che non ci possono servire per la eternità. Povera chi confida al mondo e non a Dio! - Vi prego, sorella mia, andar un poco sulla vostra sepoltura, dove sono racchiuse le ossa di tante religiose di cotesto monastero, e riflettete a quello che si avrebbero trovato se fossero state le più grandi del mondo. O quanto ha loro giovato, che vissero povere, mortificate, disprezzate e racchiuse in cotesto monastero! Forse non fu poco per loro ciò che soffrirono? Qual pace non ebbero in punto di morte vedendosi morire nella casa di Dio? Ognuno vorrebbe essere santo in punto di morte; ma allora non si può. Quello che si è fatto per Dio, quello solo si ritrova. - Se la tempesta non è passata, io tengo tanta fede e tanta speranza nella SS. Trinità e in Maria SS.ma che V. Carità ha da farsi santa. Non mi fate ritrovare bugiardo. Calpestate la testa alla gran bestia infernale che pretende cacciarvi fuori da cotesto santo luogo. Disprezzatela; ditele che siete sposa di Gesù Cristo, acciò tremi. Statevi allegramente, amate Dio di cuore; datevi sempre a lui senza riserbo, e fate che il demonio crepi e muoia. Pregate per me che io lo fo per voi”. Questa lettera produsse il desiderato effetto, e la disingannata novizia non pensò più al mondo. Essendosi poi a suo tempo legata per sempre a Nostro Signore con la professione dei santi voti, comunicò la fausta nuova al Santo, il quale le spedì da Napoli, dove abitava allora col Padre Francesco Margotta, una bellissima risposta, quale riportiamo. “Veneratissima Sorella in Cristo, il vostro caro figlio mi ha recato somma consolazione, avendo sentito che già per grazia del Signore avete fatta la santa professione. Viva Dio e V. Riverenza che ha ottenuto la grazia di consacrarsi totalmente a lui per mezzo dei santi e voti! Ora più che mai state con grandezza, perchè sposa novella del mio Signore. O voi mille volte beata, se col riflettere di giorno e di notte alla vostra gran sorte vi confondete e mettete in esecuzione i perfetti costumi che il vostro e gran stato ricerca! E’ certo che vi trovate in uno stato ad essere tanto cara a Dio che nulla più. Aprite gli occhi e benedite ogni mattina la divina Bontà di farvi tante grazie. Via su, fatevi santa grande, giacchè per divina pietà vi ritrovate nel santo stato di poterlo fare. Pregate sempre Dio per me, o ditegli che mi faccia santo e per carità, perchè io perdo il tempo. Oh Dio mio! che mala fortuna è la mia, che faccio passare tanti momenti e ore e giorni inutilmente, cioè senza saperne profittare. Oh quanto ci perdo! Dio sia quello che mi perdoni. Io sapeva già la morte di Suor Oliviera, ed ora sento che Maria Antonia stia costà in luogo di lei. Ditele da mia, parte che me ne sono consolato, e per consolarmi e maggiormente, vorrei che ora più che mai mettesse in esecuzione i santi sentimenti che essa aveva nel secolo e si facesse santa come suor Oliviera, e, se non si fa santa, Dio ne vuole conto da lei. Vi riverisco e vi prego a farmi la carità di raccomandarmi sempre al mio Signore. Di venire io costà lo tengo impossibile, perchè io non lo cerco ai miei superiori, essendo questa la strada che m’ insegna il mio Dio, il mio Signore; ed ora, che, a Dio piacendo, mi ritiro, pregherò il mio Signore che mi chiudano in una stanza, acciò non esca più di casa e spero d’ottenerlo. - Riverisco la Madre Priora, Suor di Gesù, Suor Teresa, Suor Maria Giuseppa, Maddalena, Concetta, Scolastica, Suor del Divino Amore, Suor Battista e tutte le altre nostre Sorelle che preghino Dio per me povero miserabile, perchè io ancora lo faccio per tutte loro, e me n’è Dio testimonio. Restate in pace col mio Signore. Addio. - Napoli 1° novembre 1754. - Di Vostra Riverenza Servo e Fratello in Gesù Cristo Gerardo Maiella del mio caro Redentore”.
165. Non furono solamente le monache vantaggiate da lui di lumi e di consigli, ma religiosi e sacerdoti secolari non ebbero difficoltà di affidarsigli come a spirituale direttore. “Anime grandi (così il Tannoia) religiosi e preti, confessori e direttori di spirito, persone di riguardo, anch’essi vedevansi far capo da Gerardo per essere rischiarati nei loro dubbi e sollevati nelle loro angustie. I nostri stessi di Congregazione , ancorchè dotti ed illuminati, non trovarono pace che ricorrendo a lui. Il P. Francesco Garzilli, un tempo canonico di Foggia, teologo e direttore di anime, quasi settuagenario , anch’esso nelle angustie di spirito, non ricorreva che a Gerardo, il quale, così si spiega in una sua al medesimo: La divina grazia riempia il cuore di V. Riverenza e Maria Santissima ve la conservi! Padre mio caro, molto ne godo e mi consolo del gioco che fa S. Divina Maestà con V. Riverenza, e speriamo che vi voglia concedere ottima vittoria . Or via su, non più temete, ma statevi allegramente, chè Iddio è con V. Riverenza e spero che non sarà per lasciarvi . V. Riverenza dubita delle sue confessioni. Questa è una piccola mortificazione che Dio vi vuole dare, tenendovi angustiato . Mi dite che siete in causa propria . Sì Signore, questo conoscimento dovete averlo per forza . Se non fosse cosi, non vi sarebbe angustia. Questo fa S. Divina Maestà con i suoi amatori , volendoli angustiati col non farli conoscere che tutto viene da lui. Se V. Riverenza avesse conoscimento che tutto viene da Dio, certamente che non vi sarebbero più pene, anzi tutto ciò sarebbe un paradiso in terra. Confidate e sperate in Dio, Padre mio caro, e, per carità, raccomandatemi a Gesù Cristo ed a Maria Santissima, che ci vogliano benedire tutti e due”.
166. Al Sacerdote D. Gaetano Santerelli di Caposele, che gli aveva domandato consigli su certe sue perplessità di coscienza, rispose da Deliceto la vigilia della partenza per Pagani: “Jesus Maria. - La grazia dello Spirito Santo sia sempre nell’ anima di V. Riverenza Mamma Maria SS.ma ve la conservino. Amen! - Vi scrivo di fretta, caro e veneratissimo Signor D. Gaetano. Ricevei con somma mia consolazione una vostra carissima e vi ringrazio tanto tanto per la carità usata a quel Servo di Dio. Dio ve la renda come so di certo! Sentite a me, e sentite con somma attenzione ciò che vi dico, perchè ve lo dico da parte di tutta la mia SS. Trinità e di Mamma Maria SS.ma; e fate che questa sia l’ultima risposta che avete da me, perchè non vi parlerò mai più siccome ora vi parlo. In qutanto agli scrupoli della vita passata, la vostra coscienza, come io so, è stata più di una volta bene esaminata: perciò V. Riverenza non ci pensi più. Le vostre angustie e dubitazioni sono tutte arte del nemico infernale, il quale tratta di farvi perdere la bella pace della coscienza. Onde non sentite più tali suggestioni, discacciatele come vere tentazioni, ed attendete a conservarvi la vera pace, acciò vi possiate maggiormente avanzare nella santa perfezione. Su del continuo scrupolo che avete per la confessione, in verità vi dico che questo vostro rammarico è un’altra vostra tentazione per farvi lasciare l’impiego di Dio, che vi fu destinato fin ab eterno per vostro sommo profitto spirituale. State attento, ve lo dico da parte di Dio, a non consentire mai a tale tentazione; perchè se Vostra Riverenza lasciasse la confessione, sarebbe vostra gran rovina ed impedimento nella vita spirituale, nè Dio vi darebbe quel gran premio futuro: sarebbe l’istesso che non far la divina volontà. Torno a dire che è volontà di Dio l’impiegarvi con sommo zelo nella sua vigna: e non dubitate di ciò che suole accadere nella confessione: basta che stia ferma la volontà a non voler offendere Dio, e del restante non importa. Circa la dottrina, Dio ve ne ha data quanta ve ne abbisogna per quest’ impiego. Di venire qui V. Riverenza e D. Nicola non lo stimo espediente, perchè sto per partire per i Pagani, siccome me lo dice il Superiore. Vi ringrazio dell’affetto che mi portate contro mio merito. Vi prego di sempre pregare Dio per me, perchè ne ho molto bisogno. Benedetta sia sempre la divina bontà che sopporta tante mie miserie! Riverisco tutti di vostra casa, Don Nicola, e resto abbracciandovi in Corde Jesu e baciandovi divotissimamente le sagre mani. Di V. Riverenza indegnissimo servo vile e fratello in Cristo Gerardo Maiella del mio caro Redentore Gesù”.
167. Ad un gentiluomo, poco uniformato alla volontà di Dio, e quasi disperato tra i suoi travagli, così scrisse per animarlo alla pazienza: “Ho ricevuto la vostra carissima. Se V. Signoria si porterà fedele con Dio, Dio vi aiuterà. Egli sa quanto mi dispiace dei vostri patimenti. Lo spirito Santo sia quello che vi faccia conoscere quanto più dovremmo patire per amore di chi tanto patì per amore nostro. Fratello mio in Gesù Cristo, abbiate pazienza nelle vostre tribolazioni; che tutto ciò permette Dio per vostro bene; Dio vuole che vi salviate l’anima e che vi ravvediate. Uno è necessario: soffrire tutto con rassegnazione alla divina volontà; che questo vi aiuterà per la vostra eterna salute. Mettetevi al sodo, che questo vi aiuterà contro le tentazioni. Sperate con viva fede e tutto otterrete dal mio caro Dio”. “Abbiate pazienza, scriveva ad un altro, impaziente per non vedersi provvisto dal proprio principe e che viveva lontano da Dio abbiate pazienza :se non ritrovate subito ciò che andate cercando. Forse il mio Signore impedisce la strada per tenervi mortificato. Iddio riduce l’anima fra le miserie ed amarezze, per farla entrare in se stessa e conoscere cosa vuol dire un Dio offeso. In questo caso non è cosa migliore se non che piangere continuamente le nostre colpe e pregare Iddio acciocché ci allunghi i giorni per aver tempo di piangere e patire per lui. Perchè dunque vi volete disperare, quando queste vostre pene sono poche a fronte a quelle che avreste da patire per i vostri peccati? Non sarebbe peggiore, se ora vi ritrovaste nell’inferno? Figlio, statevi attento, perchè il demonio è fino : e se non vi emendate o vi portate fedele con Dio, di certo ve la fa. Statevi di buon’animo, confidate in Dio, che Dio vi darà forza per superare il tutto. Io l’ho mandato a dire di nuovo al signor Duca; ma lo compatisco, perchè non ha comodo por ora di situarvi. Lasciate fare a Dio. Come voi vi porterete con Dio, così Dio vi aiuterà”. Per non interrompere il racconto delle cose che diremo in appresso, riportiamo qui una lettera che egli diresse alla signora Isabella Salvadore, nipote dell’Arciprete d’Oliveto, e che fu l’ultima che scrisse nell’estrema sua malattia, quando si affrettava a grandi passi alla morte. Eccone il tenore: Jesus, Maria. - Benedetta sia sempre la nostra SS.ma Trinità e la nostra cara e divina Madre Maria! Mia carissima sorella in Gesù Cristo, Dio sa come sto, e pure il mio Signore permette che io vi scriva di proprio pugno; e da questo potete argomentare quanto Iddio vi ama. Ma quanto più vi amerà se farete tutto quello di che vi prego. Figlia mia cara, non vi potete immaginare quanto io vi amo in Dio e quanto io desidero la vostra eterna salute, perchè Iddio benedetto vuole che io tenga un occhio particolare sulla vostra persona. Sappiate, figlia mia benedetta, che il mio affetto è purificato da ogni lordura di mondo, ossia un affetto divinizzato in Dio e se l’affetto vostro uscisse poco poco fuori di Dio, che sarete, se non tizzone d’inferno? Come io amo voi, così amo tutte le creature che amano Dio, e se sapessi che una creatura amasse me fuori di Dio, io da parte del mio Signore la maledirei, perchè il nostro affetto deve essere purissimo con amare ogni cosa in Dio e non fuori di Dio. Ora veniamo a noi. Già vedete quanto mi sono prolungato. Vi dico che, se farete quanto vi pregai costì; darete una continua consolazione al caro mio Dio ed a me. Figlia cara, non vi è altro, se non che amare Iddio solo e niente più. Perciò vi prego che vi spogliate di tutte le passioni ed attacchi del mondo e vi uniate o stringiate tutta in Dio. Via su, benedetta figlia, ultima risoluzione sia l’essere tutta di Dio. Che bella cosa è l’essere tutta di Dio! Lo sanno quelle benedetto anime che lo provano. Provatela voi ancora, e poi me lo direte. E che serve amare il mondo, se non per provare triboli ed amarezze? Non ci vuole altro. Il vostro cuore da oggi avanti ha da essere tutto di Dio; e quando vedrete che ci vuole entrare qualche passione, o altra cosa che non è Dio, dite tra voi stessa: il mio cuore è preso, e se l’ha preso il mio caro Dio, non vi è luogo per abitarvi altri che non è il mio Dio, e perciò squagliatevi, sparite voi tutti che non siete il mio caro Dio. La sposa ha da essere gelosa del suo sposo divino, e perciò continuamente in tutte le sue azioni si ha da guardare con somma attenzione da ogni vana apparenza. Ha da custodire il suo cuore che deve chiamarsi tempio di Dio, casa di Dio, luogo di Dio, abitazione di Dio. Così si chiamano i cuori consacrati al nostro caro Dio. Pregate per me, che ora ne ho bisogno più che in ogni altro tempo. - Indegnissimo Servo, Fratello in Gesù Cristo Gerardo Maiella del SS. Redentore”. Tutte queste lettere, che ci sono state conservate, ci lasciano vivamente desiderare le altre che andarono col tempo perdute, e non furono poche, se dobbiamo dedurlo da queste parole che troviamo scritte dal Tannoia: “Non usciva Gerardo fuori di casa, che ritornar vedevasi carico di manipoli e così in Deliceto come in appresso a Materdomini formato si aveva la sua clientela, ne mancava, ovunque trovavasi, aver presente, diciamo così, i suoi cari penitenti. Tante e tante persone dell’uno e dell’altro sesso che infangate nel vizio convertite aveva a Dio, dirette da lui, non vivevano che una vita tutta santa. Non potendo di persona, anche per lettera le animava al bene; e sentendo taluno deviato, mezzo non lasciava per raddrizzarlo: correggeva : increpava e facevasi di fuoco non eccettuando nessuno”. – ma è, ora di recarsi col nostro racconto nel collegio di Materdomini, dove vedremo, senza più dipartircene, il Santo operare nuove meraviglie fino alla morte.