Si ammala di tubercolosi, e ancora continua a operare prodigi
Capitolo Tredicesimo
Gerardo, come molti Santi della Chiesa, desiderava di morire tisico, e ne pregò anche il Signore, e Dio lo esaudì. Sai, disse un giorno ad un fratello, quest’anno morirò di tisi; l’ho chiesto a Gesù Cristo, ed Egli si è compromesso di esaudirmi. Colpito da questo male, incominciò a vomitare sangue, e spesso la .mattina si trovava con la bocca piena di sangue. Domandato perchè avesse chiesto a Dio questo male: perchè morendo così, morrò solo e abbandonato come Gesù Cristo, rispose.
Tuttavia i Padri abituati a vederlo sempre pallido e magro, non supponevano le sue sofferenze e non si davano pensiero di alleggerirgli le fatiche. Laonde verso la metà di luglio il P. Superiore pensò di mandarlo in giro per la questua giacchè urgevano aiuti per la fabbrica del Collegio. Nondimeno vedendolo così sparuto, sentiva difficoltà di farlo uscire, onde chiamatolo nella stanza e postagli una mano sulla fronte gli disse mentalmente: In nome della SS. Trinità io voglio che tu stii bene ed esci per la questua. A quell’ordine mentale Gerardo si mise a ridere. Perchè ridi? gli domandò il Superiore, Rido perchè lei non parla e pure parla : Lei vuole che io stia bene e vada per la questua ; ebbene voglio ubbidire, voglio star bene e voglio fare la questua. Uscì e si diresse a Senerchia. Giunto colò, trovò molta gente del paese in gran pena perchè non si trovava il modo di trasportare dalla montagna una pesantissima trave che doveva servire per coprire il tetto della Chiesa parrocchiale in fabbrica. Allegramente, disse allora alla gente che era accorsa, la Chiesa è di Dio e Dio ci penserà: andiamo alla montagna, Come furono tutti lassù, legò la trave con un filo di spago e disse: In nome della SS. Trinità ti comando di seguirmi. Ciò detto, scese di corsa e la trave lo seguì come se fosse stata di paglia.
La mattina seguente stando in Chiesa a pregare a vista di una gran folla di popolo, fu sorpreso da un’estasi che gli durò lungo tempo. Da Senerchia passò a Oliveto, e andando per il paese, al vedere un fanciullo esclamò subito: Ohi Dio, che mostro va crescendo in Oliveto ! Difatti quel fanciullo divenuto grande commise tante scelleraggini e giunse fino ad attentare alla vita del padre, il quale per difendersi lo uccise. A Oliveto fu ospite de l l ‘Arciprete D’Angelo Salvatore suo grande amico e ammiratore. Una sera l’Arciprete e quelli di sua casa vinti da naturale curiosità si misero a spiare per dentro la fessura della porta della stanza destinata per dimora a Gerardo e lo videro tutto coperto di cilizi, flagellarsi fino a scorrergli il sangue per le spalle. A Oliveto operò diversi prodigi, tra cui uno che dimostra come alle sue parole abbidissero anche gli animali irragionevoli. Un nipotino dell’Arciprete prese un uccellino vivo, e tutto giubilante lo mostrò a Gerardo, il quale dopo averlo accarezzato lo lasci ò volare. Ne fu addoloratissimo il bambino e con pianti e grida voleva ad ogni costo il suo uccello. Per mettérlo in pace, Gerardo si affacciò alla finestra e richiamò l’uccello, il quale ritornò subito a rendere felice il bambino. Terminata la questua, prima di partire da Oliveto volle fare una visita alla famiglia Pirofalo, e nell’accomiatarsi lascio per distrazione un fazzoletto. Una giovinetta di quella famiglia glielo porse: Ritenete lo, rispose lui, chè un giorno vi servirà. La giovane in appresso si maritò e trovandosi in pericolo di morte per i l primo parto, toccò quel fazzoletto e all’istante fu salva e partorì felicemente.
Da ciò è sorta la devozione dei fazzoletti di San Gerardo, che si distribuiscono nel suo Santuario. E spesso il Santo concede grazie e guarigioni con l’applicazione dei suoi fazzoletti benedetti. Oltre il fazzoletto, il nostro santo lasciò alla famiglia Pirofalo una bella profezia. La mia morte non è lontana, disse, guardate dalle vostre finestre alla nostra casa di Materdomini. Quando vedrete sventolare un bianco lenzuolo a d una finestra, io sono ancora i n vita. Allorchè sparirà i o sarò morto. Da Oliveto a Materdomini corre la distanza di oltre dieci chilometri in linea retta; quindi è impossibile distinguere a occhio nudo un lenzuolo appeso a una finestra del Collegio: e pure con stupore di quella famiglia si vedeva benissimo la finestra e il lenzuolo. Ma la mattina del 1 6 ottobre di quello stesso anno il lenzuolo disparve e tutti compresero con grande dolore che Gerardo era morto. Per tali prodigi la memoria del Santo è rimasta viva e imperitura ad Oliveto.