La Croce
CAPITOLO X
Perchè il Majella rifletteva che il Salvatore "ci amò fino alla follia", come diceva
S. Lorenzo Giustiniani, pensava che l'amore dovesse essere ripagato con uguale amore. Gerardo prese quindi il Crocifisso per suo libro e quale modello. Durante quel carnevale, volle partecipare agli strazi della Passione e a tale scopo si fece flagellare da Felice Farenga suo confidente. Poi pregò l'amico di sospenderlo a una trave con il capo riverso sopra il fumo emanante da stracci bagnati e accesi. Contento di questo supplizio, diceva':
-Tanto dobbiamo soffrire se vogliamo dar gusto a Gesù Cristo che tanto sofferse per noi.
Oltre a ciò, per assomigliare al divin Sofferente deriso da Erode, il Majella si finse pazzo come S. Giovanni di Dio fondatore dei Fatebenefratelli. Perchè si presentava in pubblico stranamente vestito, i monelli lo schernivano e un giorno d'inverno stavano perfino per seppellirlo sotto la neve se non fosse arrivata sua madre a liberarnelo. Ma egli disse': -Ora son contento, quantunque tutto ciò sia ancor poco per l'amor di Gesù divenuto pazzo d'amore per me.
Un altro giorno quindi, a Castelgrande, pregò certi sfaccendati di legarlo mani e piedi per poi trascinarlo per un sentiero sassoso, detto "le porte'". Questa tortura si ripetè inoltre presso un certo Carusi. Benchè, dopo tale supplizio il Santo avesse le spalle e la testa peste e insanguinate, pure era ilare e ne benediceva il Signore.
Ma questo modo di comportarsi perdurò poco tempo, perchè l'ubbidienza al suo direttore spirituale l'obbligò a rinunziarvi. In premio però delle sue volontarie umiliazioni si manifestò in lui il dono della profezia. Vide infatti la gloria che gli avrebbe meritata la sua volontaria abbiezione, non solo per tutta la eternità, ma anche durante la sua vita mortale.
Durante la quaresima, per ricopiare in sè l'immagine del suo divin Maestro, volle mortificarsi senza pietà verso se stesso. -Ora -diceva -si avvicina il tempo della morte di Gesù. Dacchè Egli morì per me, io voglio morir per Lui.
Si dava quindi penosissime discipline con flagelli e cilizi. Passò perfino tre giorni senza alimentarsi e quando si nutriva aspergeva di assenzio le misere vivande. Perchè sua madre si rammaricava con lui, egli le disse':
-Non vi affliggete, mamma, perchè sono sazio e non abbisogno perciò di mangiare.
Invitato a mensa dalla signora Pasquale, se ne schermì dicendo eh' era provvisto del necessario. Ma quando la donna volle indagare, constatò che "Gerardo masticava radici d' erbe amarissime e ripugnanti quindi al palato'".
-Eppure -le disse il Santo -queste si mangiano e levano l'appetito.
Intanto diveniva sempre più devoto del Santissimo, alla cui presenza si sentiva così felice, che talora andava in estasi. Desideroso di passare anche le notti dinanzi al tabernacolo, per tener compagnia ala"divin Carcedrale da un parente, ch' era sacrista maggiorato”, si fece cedere la chiave della cattere di essa. Quasi ogni sera si chiudeva quindi nel tempio per adorare il Santissimo e chiedergli misericordia per i peccatori del mondo. Quando non vi trascorreva la notte, andava alla cattedrale al sorgere dell'aurora per pregare e servir Messe. Secondo una tradizione, il Santo era così assiduo all'adorazione, che un giorno udì dal tabernacolo queste parole: "Pazzerello, che fai?! " Allora Gerardo ingenuamente, di rimando:
-Ma Voi non siete forse più pazzo di me nel restar carcerato per amor mio?
Il re delle tenebre però provava livore per tante mortificazioni e così serafico fervore. Tentò quindi d'impedirglielo e una sera, mentre il Majella apriva la porta della cattedrale, gli si avventò contro, sotto l'aspetto di un cagnaccio. Ma Gerardo si fece il segno della Croce e il mostro scomparve misteriosamente.
-Una notte, -come raccontò lo stesso Santo -mentre pregavo presso l'altare, il demonio mi fece cadere addosso la statua di un angelo adorante, che mi ferì un braccio. Incurante del dolore, che sentivo all'arto contuso, io continuai a pregare come se nulla fosse accaduto.
Egli diveniva anche sempre più devoto della Madonna, perchè diceva che "la Vergine gli aveva rubato il cuore, eh' egli stesso Le aveva donato". Invocava spesso la buona Mamma celeste recitando, a suo onore, il Rosario; si preparava inoltre con grande fervore alle sue festività, cui faceva precedere rigorosi digiuni e aspre macerazioni.
Nella terza domenica di maggio, mentre si festeggiava la Immacolata e se ne trasportava la statua in processione, il Santo si tolse dal dito un anello che infilò sull'anulare di essa gridando:
-Eccomi sposato alla Madonna! -Così, dinanzi ai suoi concittadini, egli volle confermare pubblicamente la propria e irrevocabile donazione alla Vergine senza macchia. Come scriveva il suo biografo P. Benuti, "in quella memoranda festività egli emise il voto di castità e la Madonna accettò la sua consacrazione e gli concesse il privilegio di una perfetta purezza di anima e di corpo.
La sua innocenza si conservò quindi angelica e il cuore non si attaccò mai a cosa terrena. Perciò il suo confessore, P. de' Robertis, diceva di sentirsi confuso nel vederlo ai suoi piedi innocente come un angelo del Signore. Quindi tutti i testimoni lo giudicarono "angelo di purezza'", "specchio di purità", e "angelo rivestito di carne mortale'".
Egli, da parte sua, apprezzava assai questa meravigliosa virtù e scrisse perciò': "Tra tutte le virtù, che Ti riescono gradite, o buon Dio, mi piace di più la purità e la chiarezza in Te. Oh, infinita Purezza, io spero che tu mi liberi da qualsiasi pensiero impuro, in cui potrei cadere perchè miserabile".
Perchè umile, fervoroso, mortificato, puro e devoto della Vergine, Gerardo meritava perciò di seguir la vocazione religiosa.