Lavoro e preghiera
Capitolo IV
L'evoluzione dell'animo di Mastro Martino Pannuto riguardo a Gerardo era passata da un pietoso disprezzo all'ammirazione, e questa era sbocciata in una cordiale benevolenza. Egli si era convinto che Gerardo era buono, docile ed intelligente: era un santo giovane. Ora sentiva il rimorso di lasciarlo ancora nella sartoria, in balia del brutale capogiovane, del quale però non poteva fare a meno, data la sua capacità ed esperienza di bottega. D'altra parte, per i lavori di cucitura, cominciava la stagione bassa. Gli abitanti di Muro, in massima parte contadini, con l'avvicinarsi dell'autunno, si davano da fare con i lavori dei campi: zappare, sarchiare, preparare il maggese, e vendemmiare. Intorno al villaggio, i vigneti si stendevano su lunghe piazzole degradanti fino a valle.
Alle luci di quei calmi tramonti di settembre, i pampani, che già incominciavano a rosseggiare, si accendevano di fantastici riflessi di porpora, cangianti alla brezza autunnale.
Anche Martino Panunto possedeva un discreto podere, coltivato a viti, nella località chiamata Boccaporta, a circa tre chilometri dal paese. Egli pensò di servirsi di Gerardo per i lavori domestici, visto e considerato che in sartoria, oltre la scarsità di lavoro, non era proprio di grande aiuto, date le sue distrazioni continue e le sue evasioni frequenti verso la chiesa parrocchiale.
Gerardo contava allora quasi quindici anni. Era un ragazzotto smilzo, ma svelto e sempre pronto a prestarsi a qualunque comando; sempre di buon umore e sorridente. Eccolo dunque diventato il faccendiere di casa Pannuto. Non parve vero alla moglie di mastro Martino, la buona mamma Maddalena, di aver ricevuto un tanto valido aiuto, specialmente per essere sollevata dall'assillo dei suoi cinque figliuoli, tutti in tenera età e con un sesto in arrivo. Essi diventarono subito amici inseparabili di Gerardo, il quale, avendo la buona stoffa di conquistatore, li attirava intorno a sè come una calamita. Quale scena graziosa vedere tutta la nidiata che si disputava il posto più vicino a Gerardo! Una volta stabilita la gerarchia delle distanze, secondo il turno, eccoli, finalmente zitti ed attenti ad ascoltare, con i nasini all'in su, le boccucce aperte, le storie meravigliose di santi che Gerardo raccontava loro, e a sottolinearne, con gridolini di gioia o di ammirazione, i punti salienti. Qualche volta anche mamma Maddalena, tra una faccenda e l'altra, un arnese tra le mani, si fermava a sentire, divertita ed edificata. Il più piccolo dei figliuoli, Peppino, si affezionò a Gerardo in un modo straordinario, diventando il suo compagno inseparabile. Quando c'era da fare la spola tra la casa e la vigna, Gerardo doveva caricarselo a cavalcioni sulle spalle o portarselo dietro; Peppino immaginava allora di caracollare su di un favoloso destriero e Gerardo pensava di essere come S. Cristoforo, che portava il Bambino Gesù. Spesso, tra le faccende domestiche, commissioni, servizi e racconti, si faceva tardi; e allora mamma Maddalena allestiva un lettino per Gerardo, nella stanza d'ingresso, in un cantuccio riparato, tra le balle di stoffa per la sartoria.
Ormai a casa di Gerardo lo sapevano, e poi la buona signora lo trattava con tutta la tenerezza, come un figlio suo. Gerardo, quando si trovava solo solo in quel cantuccio, a notte, piegava i ginocchi, con le mani conserte poggiate sul letto, e si immergeva con voluttà nella preghiera. Ci restava fino a quando, sfinito, scivolava a terra addormentato. Una notte Martino, entrato nella stanza in cerca di certe stoffe per il lavoro dell'indomani, inciampò nel corpo steso di Gerardo. -Gerardo? ... Ma che fai qui per terra come un cane? ... Svegliato di soprassalto, e più sorpreso del padrone, Gerardo risponde:
-... Oh! Ma io dormo meglio così;...
La preghiera lo attirava sempre più. Nella bottega della sartoria aveva avuto occasione di soddisfare il suo desiderio di soffrire per Gesù; ora, nella nuova condizione di garzone di famiglia, poteva abbandonarsi all'orazione, senza troppi pericoli di distrazioni compromettenti. Immergersi nella contemplazione gli riusciva la cosa più facile e dilettevole. E la sua anima si rendeva sempre più malleabile alla grazia di Dio, che ne andava plasmando e cesellando il santo.
Queste occasioni di pregare diventarono più frequenti al tempo della vendemmia, quando Gerardo, insieme con Martino o Peppino, o da solo, restava di notte in guardia delle viti e dei tini già ripieni di fremente e odoroso mosto. Lì era veramente sublime elevarsi a Dio. Con le ginocchia attrite nell'umidore delle zolle, lo sguardo verso gli infiniti luccichii delle stelle, Gerardo si sentiva invadere l'anima dalla presenza giubilante del suo Signore, e ne ascoltava la soavissima voce, in quella quiete notturna, nell'ombroso stormire delle fronde!