Epilogo in cielo
Capitolo XL
Quella mattina del 16 ottobre, fratel Carmine Santaniello aveva negli occhi il volto di Gerardo trasfigurato dalla morte e nel cuore le lacrime. I santi hanno sempre una parola da dire al nostro spirito, specialmente quando è fresca la memoria delle loro gesta e l'esempio delle loro virtù. E fratel Carmine riviveva intimamente tutta la scena maturata nella notte, quando, dopo aver composta la salma nella navata centrale della chiesa, sotto lo sguardo vigile della Madonna, nel baluginio dell'alba che entrava dalle inferriate del tetro campanile, afferrava la corda della campana grossa e della piccola, perché singhiozzassero insieme nella valle la fine del caro scomparso. Ma un estro irresistibile gli mosse le braccia che cominciarono a salire e scendere, scendere e salire col guizzo del lampo. Le campane intanto lanciavano a piene mani nell'aria ondate su ondate di suoni che s'intrecciavano e si svolgevano a ritmo vorticoso di danza, come volo d'angeli nei cieli. Sonavano a gloria.
Avvertito dell'errore, esclamò : e Che volete che vi dica ? Non so spiegarmelo nemmeno io!».
Forse, commenta il padre Caione, la sua mano era mossa da Dio che fin d'allora manifestava la sua volontà di glorificare l'umile suo servo. Certo è che dalla pietra del sepolcro, anzi dalla bara, cominciò il suo viaggio trionfale nel mondo. Tutti lo hanno riconosciuto e benedetto per i suoi miracoli.
Quanti miracoli! Erano tanti che Sant'Alfonso, qualche tempo dopo la sua morte, lo chiamava un nuovo S. Pasquale Baylon. E il Tannoia scriveva nella prefazione alla sua biografia, verso i primi dell'800, che se si fossero registrati tutti i miracoli che egli aveva operati dopo la morte, non sarebbe bastato un grosso volume a contenerli. Anzi, aggiungeva, già da un pezzo egli sarebbe stato innalzato all'onore degli altari, se le sue singolari virtù e i suoi molteplici prodigi fossero stati presentati al Sommo Pontefice e la sua causa introdotta nella sacra Congregazione dei Riti.
Invece dovrà aspettare ancora cento anni. Come spiegare il ritardo ?
Il Tannoia lo attribuiva alla povertà dell'Istituto nascente, ma in un'altra parte del suo libro (o. c. p. 191) egli condannava senza mezzi termini l'indolenza dei suoi confratelli « che sono stati troppo pigri in raccorre i suoi tanti portenti ». Più volte il fondatore aveva esortato i soggetti più capaci a raccogliere le notizie sulle virtù e miracoli operati dall'umile coadiutore, e nei limiti delle sue possibilità, ne aveva dato l'esempio, ma purtroppo non era stato assecondato. Tanto è vero che la prima piccola biografia di San Gerardo doveva veder la luce soltanto cinquantasei anni dopo la morte. Ma allora c'era un ordine gerarchico da rispettare: il primo agosto del 1787 era morto a Pagani il fondatore e bisognava dare a lui la precedenza assoluta. Dopo la sua canonizzazione, 1839, finalmente si cominciò a fare qualche cosa per la causa del grande discepolo. Quattro anni dopo, nel 1843, si aprirono i processi informativi nella diocesi di Muro e nell'arcidiocesi di Conza, che terminarono nel 1845.
Il 17 settembre del 1847, Pio IX gli conferiva il titolo di Venerabile e permetteva che si aprisse il processo apostolico nelle diocesi di Muro e di Conza. Il processo apostolico di Conza si aprì nel 1848 e si chiuse nel 1856. Il processo di Muro si aprì nel 1850 e si chiuse nel 1853.
Ancora quarant'anni ed egli sarà dichiarato Beato da Leone XIII 29 gennaio 1893. Ancora undici anni ed egli sarà dichiarato Santo da Pio X.
Era 1'11 dicembre del 1804, terzo giorno tra l'ottava dell'Immacolata, cinquantenario della solenne definizione dommatica. Nella basilica vaticana, alla luce dei mille doppieri che inneggiavano alla gloria della Vergine senza macchia, si accendeva sfolgorante la nuova luce di Gerardo Maiella, il grande innamorato di Maria, tra il coro plaudente del popolo cristiano che lo acclamava Santo.
Da un secolo e mezzo, specialmente durante il lungo processo apostolico, tutte le forze coalizzate del male avevano cercato di contrastare questo coro di fedeli che parlava, di volta in volta, con la bocca dei suoi interpreti migliori: con la bocca del re Ferdinando di Napoli che il 5 settembre 1846 aveva invocato da Pio IX la glorificazione dell'eroe cristiano, le cui eccellenti virtù e fama di santità erano divulgate presso ogni ceto di persone; con la bocca dell'arcivescovo di Napoli, il cardinale Sisto Riario Sforza; con la bocca di quarantasei arcivescovi e vescovi, di molti capitoli di cattedrali e generali d'Istituti religiosi. Finalmente la voce della verità aveva trionfato.
La rivoluzione che era passata scorrazzando in ogni regione della Penisola, spezzando gli scettri e vuotando i conventi, la rivoluzione che aveva confinato in Vaticano il vicario di Cristo, aveva tentato di soffocare ogni altra voce che non fosse quella delle rivendicazioni nazionali. Ma ora anche la rivoluzione abbassava i suoi labari di tempesta, le nubi si squarciavano e grande luminoso e bello, un nuovo astro si levava nel cielo: S. Gerardo Maiella.