"Il fidanzamento"
Capitolo XIII
Gerardo ha ormai 21 anni; nel pieno rigoglio della sua giovinezza. Nei discorsi dei suoi coetanei ricorrono spesso gli argomenti di fidanzamenti, sposalizi, di fanciulle da marito. Lui non aveva mai badato a queste cose ma ora comincia a notare, con innocente meraviglia, quelle deliziose ritrosie delle morose, i loro sguardi di piacere, che attraverso i merletti dei veli, lanciano furtive ai giovanotti, quando questi li salutano con rustica ma cordiale ed ammirata cortesia.
Quando, a sera inoltrata, ritorna dalle prolungate visite in chiesa, gli giungono gli echi dei canti delle serenate. Nasce così anche in lui un indefinibile, dolce e tormentoso vuoto che chiede di essere colmato con qualche cosa che ha il volto della femminilità. Anzi adesso cominciano a prendere un giusto senso anche le caute allusioni di mamma Benedetta, riguardanti un suo prossimo e possibile fidanzamento. Quella fugace attenzione ora gli si ferma nella coscienza e mette a fuoco il suo problema sentimentale.
Qualcuno un giorno gli domanda:
- E allora, Gerardo, quando pensi di sposarti?
- Veramente – risponde subito e spiritoso Gerardo – ci sto pensando. Ma io devo trovarmi per sposa una grande Dama!
Il sorriso con cui accompagna le parole suscitano l’ilarità dei circostanti. Eppure Gerardo, in certo senso, diceva sul serio. Nel segreto del suo cuore già aveva risolto il problema e aveva fatto la sua scelta. L'occasione della dichiarazione ufficiale e clamorosamente pubblica del suo fidanzamento gli si presentò inaspettata. Era la terza domenica di maggio 1742: nel paese, aria di sagra mariana: era il giorno della grande processione della Madonna Immacolata della Cattedrale. Tutte le finestre e i balconi di Muro erano pavesati con sgargianti coperte, ondeggianti al vento primaverile. I paesani vestiti a festa, con frettolosa letizia si avviavano alla Cattedrale. A mezzogiorno, dopo la Messa grande, il frastuono potente delle campane annunziò l'inizio della processione. Gli immancabili, rumorosi e coreografici guagliuni aprono il corteo. Indi, al rullare profondo e ritmato dei tamburi, si snodano le varie Congreghe e Corporazioni nei caratteristici, e a volte macabri, abbigliamenti, sormontati dagli ondeggianti pennacchi e drappi dei vessilli; poi i Maggiorenti cittadini chiusi con sussiego nelle palandrane gallonate, con le parrucche solenni, un poco spelacchiate; e infine tutto il popolo che si insinua nei vicoli in pendio, scendendo di gradino in gradino verso la valle. Tutto un vocio alto e confuso di preghiere, cantici e richiami. Sopra quella folla variopinta e rumorosa, circondata dal rosso scarlatto delle mozzette dei canonici e dal bianco delle cotte degli ecclesiastici, ecco la statua dell'Immacolata issata sulle spalle dei portatori nelle sgargianti livree. Il volto materno e dolce, l'esili mani conserte delicatamente al seno il corpo drappeggiato dalle pieghe svolazzanti del manto azzurro, la Vergine avanza con leggeri ondeggiamenti, che fanno tintinnare gli ori dei pendenti e dell’aureola e gl'innumerevoli ex-voto di argento di cui è coperta la statua.
Ogni tanto acuti squilli di campanelli scossi con vigore e autorità dei vari Masti ‘e feste, fermano la processione perché i devoti, che escono sugli usci delle proprie case, devono porre le offerte con le proprie mani sulla statua della Madonna.
Gerardo, in ginocchio all’angolo della sua via, attende pregando.
Il frastuono si fa più gagliardo, irrompe nella piazzetta. Gerardo scorre con lo sguardo sulle teste della folla che avanza e si fissa sulla Madonna. I suoni, i colori, le preghiere di tutta quella gente gli penetrano nell’anima come una impetuosa fiumana di emozioni, scuotendola con un fremito inebriante. Gli occhi fissi sul bel volto della Vergine si riempiono di turgide lacrime. Trasportato da questa onda di entusiasmo, si insinua tra la calca fino davanti alla statua. I portatori si fermano con il solito gesto per le offerte. Gerardo allora si sfila dal dito l’anello – un umile ma caro ricordo del suo papà – e alzandosi sulle punte dei piedi, con gesto cavalleresco, lo infila al dito indice dell’Immacolata. I circostanti restano per un istante stupiti ed indecisi: che altro sta combinando questo pazzerello?
Gerardo, raggiante si volta, e con voce stentorea annunzia alla curiosità attonita di quella gente:
- Ecco, vedete: io ora mi sono fidanzato alla Madonna!