La vocazione religiosa Gerardo entra nella Congregazione del SS. Redentore
Capitolo Sesto
Gerardo non era fatto per i l mondo. Egli era un fiore di Paradiso troppo bello e troppo ricco di virtù e di profumi celestiali per essere lasciato in mezzo al mondo. Dio lo aveva destinato ad abbellire una mistica aiuola di fiori, simili a lui, che da pochi anni fioriva nella Chiesa, e propriamente nel Regno d i Napoli. Questa aiuola l’aveva piantata S. Alfonso de Liguori, e già vi facevano bella mostra tanti eletti fiori d’innocenza, di purezza, di amore divino e di zelo ardentissimo per la salvezza delle anime.
Era questa la Congregazione del SS. Redentore che da pochi anni aveva fondata S. Alfonso, nel 1732 , e aveva per scopo principale la salvezza delle anime più abbandonate per mezzo delle SS. Missioni nei paesi più destitui1i di aiuti e di mezzi spirituali. Ora una di queste Missioni giungeva a Muro nell’anno 1746 ed era composta di quindici zelanti Missionari con a capo il Padre D. Paolo Cafaro. Tutta la città restò commossa e infervorata alle parole dei santi Missionari animati dallo spirito di Dio.
Nessuno però ne fu tanto commosso e infervorato come il nostro Gerardo. La santità di questi uomini di Dio lo rapiva: sicché affezionatosi ad essi non si allontanò mai dalla loro abitazione, prestava loro tutti i servizi che poteva e andava ogni giorno ad attingere l’acqua per loro. Si informava dal fratello laico sul genere di vita dei Missionari e lo trovava perfettamente rispondente alle sue intime aspirazioni. Quindi manifestò al detto fratello Onofrio il desiderio di farsi anch’esso fratello nella stessa Congregazione. Ma avendo quegli fattogli osservare che nella Congregazione vi era grande rigore e vi si facevano penitenze e mortificazioni: ma questo rigore, rispose lui, è appunto quello che io vado cercando. Volgendo la Missione al suo termine, Gerardo si presentò al P. Cafaro e fece domanda i essere ammesso nella sua Congregazione. Ma il Padre vedendolo macilento e sparuto, lo giudicò incapace di reggere alle fatiche di fratello laico’ e senz’altro si rifiutò.
Egli però non si scoraggiò, e pregò il Signore di aiutarlo in questo suo desiderio. La mattina della partenza dei Missionari da Muro, la madre che aveva avuto il sentore della risoluzione del figlio, lo chiuse a chiave nella stanza. Ma Gerardo per mezzo delle lenzuola del letto scese dalla finestra e si diè a correre appresso ai Missionari, avendo lasciato un biglietto nel quale diceva alla Madre e alle sorelle che non pensassero a lui perché egli andava a farsi santo. Raggiunti i Missionari, tanto pregò e pianse ai piedi del P. Cafaro che questi intenerito e commosso, lo accettò e lo mandò al Collegio di Deliceto con una lettera di presentazione al Sup. di quel Collegio nella quale dice va : vi mando un soggetto inutile in quanto a lavorare, ma di buono spirito : non ho potuto rifiutarlo per le fervorose insistenze che ha fatte. Giunto a Deliceto, baciò, tutto contento, le mura del Collegio e intraprese subito una vita così virtuosa, penitente e laboriosa che divenne l’edificazione di tutta la Comunità e cominciò a fare il suo primo No viziato per la vestizione religiosa.
La vita religiosa era proprio l’ambiente adatto al conseguimento del suo santo ideale. L’anima sua, come il bocciuolo di un fiore, si aprì ai raggi del sole divino e spiegò tutta la bellezza delle virtù di cui era adorna, e diffuse intorno a sè luce smagliante di esempi edificanti e di meravigliosi eroismi, che Dio in segno del suo gradimento, avvalorò e illustrò con continui e sorprendenti prodigi, che fiorivano intorno a lui ad ogni atto eroico di virtù con cui egli lo onorava e lo glorificava.