Il buon samaritano
CAPITOLO XVI
Quando poi il Santo ebbe l'incombenza della guardaroba, si manifestò anche la sua generosità verso gli altri. Sempre contento degli indumenti più lisi, dava agli altri i migliori. D'inverno, si privò perfino della propria camicia per cederla a un confratello, che soffriva il freddo.
Visitava inoltragli infermi per confortarli e servirli; non soltanto quelli del collegio, ma anche gli estranei come il Canonico
D. Gabbatelli che, memore della sua squisita carità, non cessò mai di magnificarlo finché visse.
Chiamato al capezzale di un tubercolotico, già spedito dal medico curante, lo esortò a confidare in Dio per guarire.
-Ma il polmone è troppo guasto ... osservò il dottore.
E Gerardo:
-Iddio può guarirlo sostituendolo con uno sano. Piaccia quindi alla divina Bontà di operar questo miracolo anche per mostrare come si debba sperar soltanto in essa.
In realtà, la grazia venne. Diceva inoltre il Santo: -Darei mille volte la vita per il prossimo, se potessi riacquistarla altrettante volte per sacrificarla a suo vantaggio.
Ma non erano sole parole.
Incontrato un vecchino curvo sotto un pesante fascio di legna, egli lo alleggerì di esso spontaneamente fino alla soglia di casa. La stessa carità usò con una vecchina carica di panni, ch'egli si pose sul dorso e trasportò fino alla lontana abitazione della donna, passando attraverso Deliceto con la più naturale disinvoltura
Ma specialmente quando si trattava d'impedire il male, si prodigava in tutti i modi per ammonire i colpevoli ed esortarli alla penitenza.
Nel ritornare, a cavallo, da Foggia a Deliceto, passò per la tenuta del duca di Bovino, perché non sapeva che fosse vietato il transito per di là. Arrestato perciò dal guardiano, sopportò pazientemente i brutali maltrattamenti di lui che lo sbalzò dalla cavalcatura e lo ferì con il calcio del fucile a una costola. Invece di reagire e nonostante la grave contusione, il Santo diede ragione a quel
lo spietato, ma perché non riusciva più a risalire sul cavallo, lo pregò di aiutarlo e poi di accompagnarlo fino al collegio.
Ammansito dalla sua eroica dolcezza, il guardiacaccia acconsentì e, arrivato al collegio, accettò il regalo che Gerardo volle offrirgli quale compenso della sua "carità". Ma prima di congedarlo, gli raccomandò di non far mai ad altri ciò che aveva fatto a lui, perché ciò sarebbe stato grave colpa. Ammonito così caritatevolmente, il colpevole provò pentimento di quanto aveva fatto e se ne confessò. In seguito però, dimentico del buon consiglio di Gerardo, il guardiacaccia altercò con un avversario e rimase da lui ucciso prima di potersi riconciliare con Dio.