Memorando pellegrinaggio
CAPITOLO XXIII
Nell'autunno del 1753 gli studenti redentoristi di Deliceto, con l'approvazione dei Superiori e accompagnati da Gerardo, partirono in pellegrinaggio verso il famoso santuario di S. Michele sul monte Gargano.
La comitiva di dieci persone disponeva di appena due somarelli guidati dall'eremita fra' Angelo, ma doveva percorrere oltre quaranta miglia con denaro insufficiente per le più urgenti necessità perché gli studenti se ne lagnavano, il Santo li assicurò che Iddio avrebbe provveduto.
Arrivati a Foggia, i pellegrini andarono a venerare la prodigiosa'"Madonna dei sette veli", dinanzi alla quale il Fondatore S. Alfonso era andato in estasi.
Invitato a visitare una Monaca al Monastero dell'Annunziata, il Majella le raccomandò di prepararsi alla morte, perché ormai si prospettava imminente il volo di lei verso il Cielo.
Al mattino seguente, perché gli studenti si dichiaravano indisposti a proseguire a piedi verso Manfredonia, Gerardo voleva noleggiare un carretto, ma non disponeva di denaro. Fiducioso però nella Provvidenza, si riprese la marcia fìnchè si sostò presso una locanda anche per una modesta refezione, durante la quale arrivò pure l'eremita con i somarelli stanchi. Dopo il ristoro, frate Angelo disse a Gerardo che gli asinelli non potevano più proseguire, ma il Santo li legò al carretto, dove fece salire la comitiva: postosi poi a cassetta, guidò egli stesso i somarelli imponendo loro di galoppare nel nome della SS. Trinità.
Arrivati a Manfredonia, il Majella pagò il carrettiere e perché gli restavano ancora due carlini, comperò alcuni garofani, che portò alla chiesa del castello. Dopo aver pregato con la comitiva, egli offerse quei garofani al Santissimo, dicendo:
-Come vedete, Signore mio, ho pensato a Voi, che ora penserete alla mia "famigliuola ".
Proprio in quell'istante, si avvicinò a lui il cappellano della chiesa per invitarlo a pernottare presso la sua canonica.
-Grazie, reverendo! -rispose il Majella con un inchino. -Io però sono in comitiva ...
-Ebbene: vengano anche i vostri compagni... -soggiunse il generoso sacerdote. -Peccato che non vi sia, per servirli, mia madre, perché ammalata.
-Oh, se è soltanto per questo ... -osservò il Santo con faccia ridarella. -Segnatela con una croce sulla fronte e guarirà!
Il cappellano fece così e quando gli ospiti entrarono in canonica, la mamma era giàdisposta a servirli perché completamente risanata.
Un altro sacerdote, informato del gesto compiuto dal Majella verso il Santissimo, lo volle avvicinare e, apprezzata la sua autentica santità, promise di regalare alla chiesa del collegio di Deliceto un prezioso e artistico turibolo di argento.
Animati da questi evidenti aiuti della Provvidenza a confidare in essa, i pellegrini,il mattino dopo, salirono verso il santuario di S. Michele, dove Gerardo fu rapito in estasi. perché per il pranzo non disponeva ormai che di pochi spiccioli, egli pregò dinanzi all'altare dell'Arcangelo; poi gli si avvicinò una persona per consegnargli un cartoccio di monete. Con esse il Santo incaricò l'eremita di comperare del pesce, perché si era di venerdì.
Prima di andarsene dalla locanda, dove si era consumato il pasto, si chiese all'oste il conto, che parve esagerato.
-Se non vi metterete sulla via della giustizia, -gli disse perciò il Santo -morranno le vostre mule.
Appena detto ciò, il figlio dell'albergatore informò il padre, che le giumente si trovavano in critiche condizioni. Allora l'oste chiese perdono al Majella, che concluse così:
-Io vi perdono, ma ricordatevi che Dio sta con i suoi poveri : guai a voi se richiederete un'altra volta ai vostri clienti più del dovuto!
L'albergatore voleva condonargli il conto, ma Gerardo pagò; poi, con un segno di Croce, risanò anche le mule. Perché durante la discesa dal monte gli studenti sentivano sete, il Majella li esortò a pazientare, finchè si fosse trovato un pozzo. Trovato questo, mancavano la fune e il recipiente per attingere acqua. Il Santo si rivolse quindi al padrone del pozzo, che si rifiutò di prestargli il necessario.
-Ebbene': -soggiunse Gerardo con voce severa di ammonizione. Dacchè tu neghi l'acqua a noi, il pozzo la negherà a te ...
In realtà, fin da quell'istante, il pozzo rimase in secca e perché l'acqua serviva a tutta la contrada, il padrone supplicò Gerardo di farla ritornare.
Il Majella acconsentì anche per potere dissetar la comitiva, ma prima di andarsene, ammonì lo spietato padrone del pozzo di non negar mai pià l'acqua ad alcuno, ma di usar sempre misericordia, se pur voleva che il Signore la usasse con lui.
Arrivati a Foggia con pochi carlini, Gerardo acquistò con essi un altro mazzetto di garofani per posarlo presso il tabernacolo della cattedrale e, mentre usciva da essa, incontrò due giovani che gli offersero vivande con cui poter ristorar se stesso e la comitiva.
Durante il ritorno, Gerardo accompagnò i pellegrini al Santuario della Incoronata, dove entrò nuovamente in estasi. Ultima meta di quel pellegrinaggio fu il Santuario del
S. Crocifisso di Troia, che fu venerato con la massima devozione dalla comitiva, la quale ritornò al collegio meglio provvista di denaro di quando era partita, perché il Santo era un amministratore ricco di risorse, specialmente perché aveva una illimitata fiducia nella Provvidenza.