San Gerardo Maiella
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Veronica

Capitolo 3

In quel periodo conobbi Veronica, la mia amica milanese. Fino a quel momento avevo fatto solo conoscenze, nessuna amicizia. Lavorando in farmacia ebbi modo di frequentare più persone, in particolare il personale della farmacia stessa. Erano una squadra composta dalla titolare, quattro farmacisti, due magazzinieri. In più gravitavano periodicamente i fornitori dei farmaci e i rappresentanti delle case farmaceutiche. Dei farmacisti uno era un signore sulla sessantina che ambiva alla pensione, le altre erano tre donne: Giulia di 40 anni, Matilde mia coetanea ora assente per maternità, Veronica di 30 anni. Mi resi conto subito che Veronica era una persona veramente speciale e diventammo amiche nel giro di breve tempo. La prima cosa che mi colpì di lei fu il sorriso. Veronica non sorride solo con la bocca, lo fa anche con gli occhi e ti fa sentire accolta. E poi sorride spesso, non ha quella che io definisco "la tipica faccia del milanese" ovvero il capo leggermente chino, lo sguardo fisso e la mascella serrata, il tutto in una tensione per non si capisce bene cosa. No. Veronica è rilassata e sorride per davvero, non per posa, nonostante sia una milanese doc. Inoltre è gentile e paziente con tutti, sempre disponibile. Non l'ho mai vista perdere la pazienza con un cliente, nemmeno con quelli più irritanti. Spesso quando arrivava qualcuno che sapevamo essere un pò particolare mandavamo lei a servirlo. Nonostante questo suo modo di fare così conciliante non è una che si fa mettere la testa sotto i piedi. Tutt'altro. Ha le idee molto chiare e sa farsi rispettare. Semplicemente lo fa con garbo e gentilezza, senza mai alzare il tono della voce. Spesso mi sono chiesta quale sia il suo segreto. Autocontrollo? Disciplina? Sicurezza? Sono arrivata alla conclusione che è proprio così di carattere, beata lei.

Il primo giorno di lavoro in farmacia ero molto nervosa. Avevo paura di sbagliare, di fare brutte figure, di non sapere cosa dire. Insomma avevo paura di tutto. Filippo ne sa qualcosa perchè la notte prima faticai a dormire. Continuavo a rigirarmi nel letto e ad alzarmi per andare in bagno o in cucina a bere un goccio d'acqua nel vano tentativo di distrarmi e riuscire a prendere sonno. Alle sei del mattino ero già in piedi. A un quarto alle otto ero davanti alla farmacia. La titolare aveva appena aperto e mi accolse sorridente. Ero emozionatissima. Il mio primo lavoro, non mi sembrava ancora vero. Quando mi dissero che la prima settimana il mio compito era stare vicino a Veronica per imparare tirai un sospiro di sollievo. Quella settimana fui la sua ombra. La seguii passo passo per sei giorni cercando di memorizzare il più possibile, lei mi spiegava tutto senza mai spazientirsi, nemmeno quando le facevo domande su qualcosa che mi aveva già detto e ripetuto. Santa Veronica! Credo sia stato proprio in quella prima settimana di lavoro che si misero le basi della nostra amicizia. In realtà durante quella settimana non ci scambiammo nessuna confidenza e non sapevamo niente l'una dell'altra. Parlammo esclusivamente di lavoro, però ci osservammo ben bene e si instaurò una reciproca fiducia.Veronica fu un'insegnante eccezionale. La settimana successiva ero già in grado di svolgere parecchie mansioni in autonomia e servire i clienti. La titolare mi ha fece i complimenti, disse di aver capito subito che ero un tipo in gamba. La ringraziai rispondendo che il merito era anche della mia tutor Veronica.

Iniziammo a fare la pausa pranzo insieme, andavamo in un piccolo bar a fianco della farmacia. Quando le giornate erano belle mangiavamo veloci per poter fare due passi e guardare le vetrine. A poco a poco diventammo amiche. Arrivarono le prime confidenze, molte risate e qualche consiglio. Veronica si è sempre dimostrata molto pacata, equilibrata e razionale in tutto. Non faceva pettegolezzi gratuiti su nessuno e anche quando esprimeva un giudizio negativo lo faceva sempre cercando di dare una spiegazione, trovare un motivo a quello che non andava. Per lo più era ottimista e vedeva del bello in tutto e in tutti. Un giorno le dissi che un pò la invidiavo per quel suo carattere così positivo. Si mise a ridere e mi rispose che anche lei aveva dei lati oscuri. Non aggiunse altro. Al momento non diedi peso alla cosa e risi anch'io. In seguito capii a cosa si riferiva. Veronica era sposata con Luigi, erano innamoratissimi. Lui la accompagnava spesso al lavoro, quando poteva veniva anche a prenderla. Da quello che lei raccontava, il fine settimana lo passavano sempre insieme, andavano a cinema, a fare shopping, a visitare musei. Non avevano figli perchè pensavano fosse troppo presto, li avevano programmati più avanti. Insomma sembrava proprio tutto perfetto. Ma, come spesso accade, l'apparenza ingannava. Veronica è una brava cuoca e ci scambiavamo ricette di cucina. Sapeva fare una crostata con la frutta fresca che sembrava uscita da una pasticceria dal tanto che era buona e coreografica, qualche volta ne portava una in farmacia e nell'arco di una giornata spariva. Mi aveva dato la ricetta, ma proprio non mi riusiciva. Così un giorno mi propose di andare a casa sua, dopo il lavoro, per prepararne una insieme. In questo modo non avrei potuto sbagliare. Accettai entusiasta.

Veronica abitava a tre fermate di metropolitana dalla farmacia. Il giorno stabilito per andare a casa sua a preparare la torta confesso che ero emozionata. Era la prima volta che entravo in una casa milanese, intesa come un'abitante doc di Milano. Me l'ero immaginata ampia, spaziosa, luminosa, moderna, essenziale, un grande appartamento in una casa vecchia di Milano. Rimasi un pò delusa quando ci dirigemmo verso un anonimo condominio. L'atrio era identico a tutti gli atri dei condomini, anche quelli di Avellino. Idem l'ascensore che ci portò al quarto piano. Ero leggermente spiazzata. Mi resi conto di essere piena di pregiudizi. Non è vero che se sei nato e vissuto a Milano abiti automaticamente in una casa prestigiosa. Intendiamoci, non ho niente contro i condomini, io stessa ci vivo sia qui che ad Avellino, è che Veronica con quel suo modo di fare, il suo stile; mi ero messa in testa che fosse anche ricca e facoltosa, di famiglia agiata e un pò viziata. Troppe volte giudichiamo basandoci sulle apparenze, senza avere reali elementi di valutazione, e prendiamo granchi.

Al quarto piano entrammo in quello che si rivelò essere un grazioso trilocale. Sessanta metriquadri esposti a sud, quindi luminoso lo era, almeno una cosa l'avevo azzeccata. Ingresso diretto su soggiorno con angolo cottura, due camere, una matrimoniale e una nel caso fosse cresciuta la famiglia, un bagnetto e un terrazzino. Tutto molto modesto, moderato, ma accogliente. Fu quel pomeriggio che iniziò veramente la nostra amicizia, preparando una pastafrolla alla frutta. In quella occasione Veronica mi aprì non solo la sua casa, ma anche il suo cuore. Chiacchierando mi raccontò che era rimasta orfana dei genitori all'età di 19 anni. Il padre fu vittima di un incidente quando lei era piccola mentre la madre se l'era portata via una brutta malattia. Tra i 18 e 19 anni dovette, per forza di cose, diventare adulta. Si prese cura della madre e della sorella minore, allora quindicenne e in piena adolescenza. In quel periodo che si appassionò ai farmaci che riteneva un vero e proprio toccasana in tanti momenti della vita. Fortunatamente i risparmi di famiglia permisero alle due sorelle di mantenersi e continuare gli studi senza troppi problemi, pur non potendo sperperare. Dovendo essere forte anche per la sorella reagì imponendosi l'ottimismo come regola di vita e la razionalità come consigliera. I nonni diedero loro una mano, ma abitavano fuori Milano e non erano particolarmente legati alle nipoti. Così le due sorelle si fecero forza e continuarono la loro vita. Fin qui tanto di cappello! Ero molto colpita e ammirata per quello che mi stava raccontando la mia collega, ora amica. Però secondo me c'era un neo in tutto questo, Veronica aveva perso la fede. Non credeva più in Dio, non pregava, non riconosceva alcun fondamento alla religione. Le vicende della sua vita l'avevano fatta soffrire a tal punto da aver messo in discussione l'esistenza di qualcosa o qualcuno che vada al di là del nostro mondo terreno, fino a non crederci più. Si dichiarava atea ed era fiera di aver superato quel brutto periodo da sola, con le sue forze e con la sua razionalità. Non ero assolutamente pronta ad ascoltare confidenze di questo tipo ed ero del tutto impreparata per suggerimenti o consigli, del resto ormai superflui, visto che ora la sua vita andava a gonfie vele. Mi venne spontaneo farle i miei complimenti per come aveva affrontato la situazione, riuscendo a laurearsi e contemporaneamente fare da genitore alla sorella che, grazie a lei, riuscì a completare il suo percorso di studi. Ero però spiazzata di fronte alla sua affermazione categorica di essere diventata atea.

Non ero in grado, come non lo sono adesso, di spiegarle come sia possibile che un Dio permetta ingiustizie e sofferenze in questo mondo. Penso non sia possibile dare una risposta razionale a questa domanda. Deve per forza subentrare la fede, la convinzione che in ogni caso c'è ed esiste un'entità superiore che vuole il nostro bene e non ci abbandona al nostro destino, ma ci segue e ci aiuta, anche se con modalità e tempi che non comprendiamo. Spesso ci arrabbiamo perchè le cose non vanno come vorremmo, ma avere fede significa anche essere certi che qualsiasi cosa succeda ha comunque un significato, un suo perchè, bisogna avere pazienza. Troppo spesso ci dimentichiamo che a noi manca una visione d'insieme, più ampia di quello che è la nostra piccola quotidianità e il momento contingente che stiamo vivendo. Dobbiamo imparare ad essere aperti a soluzioni diverse da quelle che ci sembrano le migliori e pronti ad affrontare gli imprevisti belli e brutti che la vita ci presenta. Nessuno perde la fede se gli accade un'imprevisto favorevole, ad esempio vincere alla lotteria, diverso è se gli accade una disgrazia. Ma le cose accadono, anche quelle dolorose, e la soluzione non è prendersela con Dio o impuntarsi a cercare una spiegazione che non troveremo mai. La soluzione è accettare quello che non dipende da noi e fare del nostro meglio per affrontare e superare quello che ci accade, senza perdere il sorriso, la fiducia e la speranza. Non so perchè Dio permetta che le disgrazie accadano, ma so che non ti abbandona e se ti affidi a lui ti conforta e ti aiuta a trovare soluzioni spesso inaspettate. Veronica non aveva perso il sorriso ed era riuscita a reagire a quanto le era capitato in maniera decisa e positiva, costruendo un futuro per lei e sua sorella.  C'era  riuscita  puntando  tutto  sulla  ragione.

Razionalizzava tutto, calcolava pro e contro, valutava, confrontava, ragionava, trovava le soluzioni migliori. Ma aveva perso la fede. Dopo il funerale della madre non aveva più partecipato ad una messa, non andava in chiesa, non pregava. Si era sposata in Comune, d'accordo con il suo fidanzato che non si dichiarava ateo, ma nemmeno cristiano. In realtà non si poneva la questione ed era indifferente al tema religioso. Nel corso degli anni, frequentandoci, notai però che anche loro, come tutti, non erano esenti da quell'esigenza di spiritualità che è insita in ogni essere umano. Nella libreria di casa avevano per lo più romanzi gialli, un giorno curiosando tra i vari titoli dei libri presenti sugli scaffali, mi cadde l'occhio su un gruppetto dell'ultimo ripiano. Attirò la mia attenzione perchè differiva completamente dagli altri, si passava dal rilassamento eseguito con il training autogeno alle basi del buddismo, la pratica zen e varie tematiche simili. Quando le chiesi chi di loro si interessava a quegli argomenti Veronica è improvvisamente arrossita. Cercò di dissimulare l'imbarazzo, rispose che erano libri suoi, poi cercò di cambiare discorso. Non insistetti. Avrei tanto voluto approfondire con lei il motivo per cui ad un certo punto nelle persone scatta l'esigenza di sapere cosa c'è in questa vita oltre alle cose materiali. Sicuramente un'esigenza di spiritualità, di curiosità per quello che va al di là del nostro mondo, di spinta verso l'ignoto. Ignoto che senza la fede rischia di essere visto come un enorme e angosciante buco nero dove tutto si annulla. Ma l'uomo ha un bisogno ancestrale, innato, di infinito, e non lo può reprimere con la ragione. Da qualche parte emerge e si fa sentire portando le persone verso percorsi personali, diversi, alternativi, ma comunque tutti volti alla ricerca di sè e di una propria ragion d'essere, per dare un senso alla propria vita. Mi rendevo conto che Veronica avvertiva forte quest'esigenza,  ma  non  penso  ne  fosse  consapevole, sicuramente non era pronta a parlarne. Così non ho mai approfondito il perchè del suo interesse per le tematiche relative alla spiritualità e al benessere interiore.

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Ultimo aggiornamento 27/07/2021