Veritiera dichiarazione
CAPITOLO XXXVI
Ormai presago della sua prossima dipartita da questa terra di esilio, il Majella volle affrettare il suo ritorno a Materdornini, dove rientrò a mezzogiorno del 31 di agosto.
Al vederlo così sparuto e febbricitante, il Rettore rimase penosamente sorpreso.
-Padre mio! --gli disse allora. Gerardo in tono quasi festoso. -Ciò che vedete è volontà di Dio. Perciò state allegro, perché la divina Volontà si deve far sempre con allegrezza.
Anche ai confratelli, che salutarono il suo ritorno con pena e preoccupazione, egli fece coraggio:
-Stiamo allegri, -disse -perché faccio la Volontà di Dio. Sono lieto di fare il divino volere e di andare a unirmi a Dio. -Appena coricato, raccomandò di porgli a lato una immagine della Madonna e, di fronte, il Crocifisso. Volle inoltre che si scrivesse sulla porta della sua cameretta:
"Qui si sta facendo la Volontà di Dio, come vuole Lui e per tutto il tempo che piace a Lui stesso".
La Volontà del Signore, che il Majella si era studiato di compiere durante tutta la sua vita, fu pure la nota dominante che rinnovò per tutto il corso della sua malattia.
-Signore! -diceva. -Io voglio far soltanto la vostra Volontà; non vivo che per piacere a Voi, per darvi gusto e far sempre ciò che Voi volete da me.
Al Rettore venuto a visitarlo disse:
-Padre! Io immagino che questo letto sia per me la Volontà di Dio.
E al dottore curante:
-Non voglio nè vivere, nè morire, dichiarò -ma soltanto ciò che vuole Iddio.
Era quindi indifferente a qualunque rimedio e sempre disposto alle prescrizioni del medico. Benchè provasse ripugnanza a qualunque nutrimento, anche se liquido, che talvolta gli provocava il vomito, pure si sforzava di sorbirlo. La pazienza, che aveva esercitata per tutta la sua vita, dava bagliori di
Cielo specialmente durante la sua penosa malattia.
-Durante le mie frequenti visite, -scriveva il Canonico D. Bozio -mi accorsi ch'egli si alienava dai sensi, per ritornarvi per poco, senza dividersi da Dio. Non mi accorsi mai di alcun turbamento sul suo viso, nè ricordo che alcun lamento sia mai uscito dalle sue labbra. Giudicai quindi che, nel patire, volesse rendersi simile all'appassionato nostro Signore. Difatti l'amore alle sofferenze, da lui coltivato durante la sua vita per assomigliare al Crocifisso, ardeva ancor di più all'epilogo del suo esilio terreno. Bastava osservarlo mentre egli fissava il Crocifisso con occhi imperlati di lacrime e ascoltare i sospiri che effondeva dal suo petto :
-Oh mio Gesù! -diceva.-Quanto soffriste per me ... Quindi patire, o mio Signore: patire e non morire.
Ma invidioso della radiosa corona, che gli Angeli andavano tessendo per il Santo, il re delle tenebre tentò di comprometterne il possesso con un sozzo assalto d'impurità. Quell'anima eletta, ancora rivestita della stola dell'innocenza, dava troppo fastidio al nemico del bene: stroncare quel giglio olezzante con dita adunche, per poi cantar vittoria dopo tante sconfitte subìte da quell'atleta dello spirito, sarebbe stato un ambìto vanto per l'irreconciliabile avversario di Dio. Ma Gerardo resistette impavido, benchè fosse fisicamente estenuato dal morbo. Oppose la sua decisa volontà alle sozze insinuazioni del Maligno, al quale disse':
-Brutta bestia! T'impongo di non molestarmi...
Così lo vinse e trionfò su di lui che rimase scornato.
Ma nel visitarlo dopo la estenuante lotta, il Rettore intuì che una tremenda bufera di fango aveva saggiato la sua adamantina fortezza.
-Io non so cosa mai sia questo ... -confidò il Santo al visitatore. -Ho sempre voluto bene a Dio!
E diceva la verità, perché si ama il Signore specialmente a fatti: operando cioè il bene anche se arduo ed evitando il male anche se suggestivo, per amore di Dio.
Quella magnifica vittoria fu, per il Majella, come l'ultimo raggio di sole che fa maturare un frutto e lo rende delizioso al palato.
Anche Gerardo era ormai maturo per il Cielo. Come S. Paolo, aspirava perciò alla Patria celeste e osservava con occhi trasognati l'azzurro_ del cielo che si stagliava sul vano della finestra.
-Ah, Padre! -rispose quindi al Rettore che lo interrogava. -Sento un gran desiderio di unirmi al mio caro Iddio.
Perciò la Comunità pensava, con santa invidia e pacata mestizia, al prossimo volo del Maiella, che volle ricevere il Viatico. Esso gli fu amministrato il 5 di settembre, quando la Comunità fece devoto corteggio al divino Amico e Visitatore, che ne avrebbe presto accompagnata l'anima eletta al Cielo.
Prima di comunicarlo, il P. Buonamano alzò l'Ostia e gli disse:
-Ecco quel Signore, che vi è Padre e tra poco sarà vostro giudice! Rinnovate quindi la fede in Lui e adoratelo di cuore!
E l'infermo umile e riverente:
-Voi sapete, o mio Dio, -disse -che ho sempre agito e parlato alla vostra gloria. Muoio perciò contento, perché spero di aver cercato la vostra gloria ed eseguito la vostra s. Volontà.
Parole memorande, che soltanto un Santo della sua statura morale poteva proferire: parole veritiere, perché la vita del Majella risultava effettivamente di un meraviglioso tessuto di buone opere e di sagge parole ispirate dal Cielo per la gloria del Signore e quindi degne di una eterna ricompensa.