Vera immagine di Gesù Crocifisso
Capitolo Quarto
Alla morte del vescovo di Lacedonia, avvenuta il 1744, Gerardo ne rimase molto addolorato e se lo pianse come se avesse perduto il migliore amico e benefattore. Ritornato a Muro sua patria all’età di 18 anni, riprese l’arte di sarto e si mise come apprendista sotto la guida di un maestro che aveva, nome Vito Mennonna, il quale prese a volergli bene come il primo maestro Martino Pannuto. Dopo qualche anno, Gerardo prese a lavorare per conto proprio e aprì una piccola sartoria e presto si videro molti clienti accorrere a lui sia allettati dalla sua onestà e bontà e sia dal modico prezzo che chiedeva, per i poveri poi lavorava gratis. Un giorno un povero uomo si presentò a lui con un taglio di stoffa per farsi cucire un vestito, ma Gerardo si accorse che questa non era sufficiente, ci mancava qualche metro per servire allo scopo. Il povero uomo si addolorava e piangeva dicendo di non avere più danaro per comprarne altra. Non è niente rispose e cominciò a stirare il panno. Poi disse al cliente che venisse a prendere il vestito dopo qualche giorno. Quando venne trovò l ‘abito fatto a misura e il sopravanzo della stoffa. Contentava i clienti, ma non trascurava se stesso e la santificazione dell’anima propria. Andava ogni mattina in Chiesa e ivi dopo aver servito tutte le Messe che vi si celebravano, vi rimaneva sovente fino alla sera, e alle volte vi restava per tre o quattro ore di seguito in un santo ritiro pregando e facendo penitenze. In questo tempo gli fu regalato da un Sacerdote il libro di Frate Antonio d'Olivadi intitolato l’Anno Doloroso in cui si parla della acerbissima Passione e Morte di N S Gesù Cristo, e di tutte le pene ed oltraggi che soffrì, Lo lesse con attenta meditazione e man mano che leggeva si sentiva riempire l’animo di compassione e d’amore verso di Gesù che tanto patì per noi. Sotto l’impressione di tale pensiero si sentì acceso di un tenerissimo amore verso Gesù appassionato, e di ardentissima sete di patimenti per imitare il divino Redentore, e diceva sospirando: Se Gesù ha patito tanto per me, perché non dovrò io patire qualche cosa per Lui ? Spinto da questa ardente sete, studiava tutti i modi per affliggersi e tormentarsi: si cingeva i fianchi’ con aspri cilizi, si flagellava le spalle con funi e catene di ferro. E per avere anche lui i manigoldi come li ebbe Gesù, un giorno si fece flagellare da un giovane con una fune bagnata nell’acqua fino ad essere tutto insanguinato. Considerando che una delle maggiori umiliazioni di Gesù fu quella di essere disprezzato da Erode e di essere trattato da stolto e da pazzo dalla corte di lui, venne nella magnanima risoluzione di fingersi pazzo e scimunito per meglio rassomigliare al divino Maestro. Quindi fingendosi stolto e scimunito sopportava con inalterabile pazienza gli scherni, i vituperi e le battiture che gli facevano alcuni giovinastri disumani, e simulando di essere realmente pazzo, manifestava una grande gioia in quei maltrattamenti, e pregava perfino quei giovani di farlo soffrire di più. Un giorno essendo caduta molta neve, gliene menarono addosso in tanta quantità che quasi lo seppellirono sotto la neve. Ed egli invece di lamentarsi, diceva tutto contento e giulivo : Tutto questo è poco per amore di Gesù che è divenuto pazzo di a more per me. Intanto mentre Gerardo si studiava in tutti i modi di imitare le pene e le ignominie del Redentore nella sua carne, Dio confermava la sua santità coi miracoli.
Un giorno incontrò una povera madre che portava in braccia un bambino che piangeva per gli acerbi dolori che gli procurava una grave scottatura di acqua bollente al petto e alle braccia. Allora egli mosso a compassione, pose le mani sulle carni scottate del bambino e lo guarì all’istante. Un altro giorno passando innanzi a una casa in costruzione si accorse che i muratori avevano dovuto interrompere il lavoro perché le travi per coprire la tettoia non erano lunghe cose dovevano essere. Allora alzando gli occhi al cielo invocò il divino aiuto, e poi rivolto ai muratori disse che le avessero tirate con le funi: essi conoscendo la virtù e la santità di lui, ubbidirono e con grande stupore trovarono che le travi avevano raggiunta la lunghezza dovuta. Di vulgatosi questo miracolo tutti presero ad acclamarlo come un Santo. Egli però invece di compiacersene, si umiliava ancora di più e studiava nuovi mezzi per rendersi sempre più conforme all’Uomo dei dolori.
Era in uso in quel tempo nella città di Muro di rappresentare nei giorni della Settimana Santa i vari Misteri della Passione del Signore, e tutto il popolo vi accorreva in folla.
Anche in quell’anno 174.6 fu organizzata questa rappresentazione che doveva aver luogo in Cattedrale, e bisognava trovare chi avesse rappresentato il personaggio del divino Crocifisso. Appena Gerardo seppe ciò, subito si affrettò ad esibirsi per sostenere questa parte e gli venne accordata. Nel giorno stabilito, il santo giovine, compenetrato dalle pene e dagli strazi del divino Maestro, si fece attaccare alla croce, pregando coloro che dovevano fare da crocifissori di non risparmiargli maltrattamenti, insulti e colpi. Cominciata la rappresentazione si aprì la Cattedrale e apparve Gerardo con le braccia allargate e strettamente avvinto alla croce e quasi in agonia: a quella vista tutti li spettatori ne furono commossi fino alle lacrime. Tra la folla vi era anche la madre di Gerardo, la quale vedendoselo dinanzi in quella dolorosa posizione si sentì spezzare il cuor e per il dolore, diede un grido e cadde svenuta. La gioia invece che provò Gerardo nel dare al divino Redentore questa prova del suo a more fu immensa e tutta soprannaturale.