Prima Comunione
Capitolo Terzo
Da questo primo incontro del piccolo Gerardo con Gesù Bambino si stabilì fra loro una amicizia e un amore così intimo e possente che non si separarono mai più. Il pane miracoloso che aveva ricevuto tante volte da Gesù Bambino nella Cappella di Capotignano, gli fece nascere nel cuore il desiderio di un altro pane: il pane degli angeli; il pane eucaristico, il pane nel quale si è trasformato Gesù stesso per darsi in cibo alle anime che lo amano e lo desiderano. E tale desiderio si accese si forte nel di lui cuore, che una mattina stando in Chiesa e vedendo che la madre si accostava alla balaustra per ricevere la Comunione, vi si accostò anche lui tutto raccolto e raggiante di amore, ma il Sacerdote osservando che era troppo piccolo (aveva appena 6 anni) passò oltre.
Ne restò mortificato e addolorato assai ritirò a casa piangendo e anche piangendo andò a letto la sera senza aver potuto prendere cibo per l’abbondanza delle lacrime. Era il suo amore per Gesù che era restato deluso e ferito nell’intimo del suo cuore. Ed ecco un nuovo miracolo. Poteva Gesù deludere quel desiderio così ardente del suo piccolo amico? Egli che aveva detto a Pietro: lasciate che i fanciulli vengano a me. Perché di essi è il regno dei cieli? A mezzanotte, mentre il piccolo Gerardo è ancora addolorato e piangente, la stanza si illumina d’insolita e celeste luce, e in mezzo a quello splendore scende l’Arcangelo S. Michele e gli porge la S. Comunione. Il fanciullo ne resta oltremodo consolato e felice, e la mattina seguente, tutto raggiante di gioia disse alla madre e ad altre persone amiche: Ieri il Prete non volle darmi la Comunione. Ma questa notte sono stato comunicato da S. Michele Arcangelo. Ecco come Dio premiava l’innocenza e l’amore di quell’angioletto in carne umana, di quel candido fiore di Paradiso! Egli aveva il privilegio di ricevere la sua prima Comunione dalle mani del Principe degli Angeli. Ma a questa consolazione , tenne ben tosto dietro una grande tribolazione : è questo lo stile ordinario della divina Provvidenza. Alla età d i 12 anni Gerardo perdè il padre e rimase - a carico della povera madre vedova , e con tre sorelle ancora nubili. Questa nuova posizione in cui venne a trovarsi ancor a giovanetto, gli fè sentire il dovere e la responsabilità di mettersi a lavorare per poter guadagnare il pane sufficiente alla madre e alle sorelle. Si pose perciò nel la bottega di un sarto, Martino Pannuto, per apprendere l ‘arte di sartore, e vi stette per un paio di anni. Ma vedendo che la piccola merce de che riceveva era troppo scarsa al fabbisogno della famiglia, lasciò quell’arte e si portò a Lacedonia, ivi premurato dal vescovo Mons. Claudio Albino, a servirlo in qualità di cameriere . Qui ebbe molto a soffrire e ad esercitare un a eroica mansuetudine e pazienza. Quel vescovo, sebbene virtuoso , era facile a far si prendere dai nervi e spesso si scagliava contro di lui con acerbi rimproveri e castighi immeritati. Altri camerieri per questo l o aveva no lasciato e se ne erano andati. Ma Gerardo, educato alla scuola di Gesù, accettava con invitta umiltà e pazienza rimproveri e castighi, e si mostra va tutto de voto e affezionato al suo padrone . E quando le per son e del paese si mera vigliavano al vederlo durare per tanto tempo al servizio di quel vescovo, che sapevano tanto irruento e s e vero, e lo consigliavano a lasciarlo: Che dite, egli rispondeva, Monsignore mi vuol e tanto bene, mi tratta come un figlio, e io non lo lascerò fino alla morte. Parlava così forse per insensibilità e indifferenza di animo? No, ma perché egli venerava nel suo padrone la santità del carattere episcopale, perché amava il suo celeste amico Gesù Bambino, che appena nato si fece per seguitare e cercare a morte da Erode. E questa su a pazienza e venerazione verso il ve scovo fu premiata da D io con un o stupendo prodigio. Un giorno il vescovo uscendo a passeggio, lasciò a Gerardo la chiave della stanza perché la rassettasse. Rassettata che l’ebbe, si mise in tasca la chiave e andò al pozzo per attingere l’acqua: ma nel piegarsi sul parapetto del pozzo gli cadde in esso la chiave. Ebbe un momento di sconforto. Ohimè I esclamò, che dirà Monsignore quando ritornerà? Ma subito un lume celeste gli balenò alla mente; si ricordò del divino amico Gesù Bambino. Egli solo poteva cavarlo da quello imbarazzo. Lasciò il secchio sul pozzo, e corse verso la Cattedrale dove si venerava una statuetta del Bambino, la prese fra le braccia e ritornò: la legò alla fune e la calò giù dicendo: Tu solo puoi aiutarmi e restituirmi la chiave. E non restò deluso: il Bambino venne su con la chiave in mano. La folla che colò si era raccolta incuriosita, gridò con meraviglia al miracolo e da quel giorno il pozzo fu chiamato il pozzo di Gerardiello. Così Dio premiava l’invitta pazienza di Gerardo, e il suo costante rispetto e fedeltà al padrone.