Matilde
Capitolo 6
Non eravamo gli unici a doverci riassestare. Matilde, la farmacista che sostituii durante il periodo di maternità, non riusciva proprio a conciliare famiglia e lavoro. Nonostante a casa avesse chi le dava una mano aveva sempre l'impressione di non farcela, di annaspare. Passava le giornate quasi in apnea, con l'ansia perenne di non avere tempo, facendo tutto di fretta senza sentirsi all'altezza in nessun ruolo. In farmacia era sempre distratta e stanca, in apprensione per il figlio, con un occhio sul cellulare e oppressa dai sensi di colpa per non essere a casa. A casa arrivava di corsa, con la spesa fatta in fretta, a volte senza nemmeno sapere bene cosa avesse comprato. Arrivava e si precipitava dal bambino, lo prendeva in braccio, lo baciava, gli parlava, lo riempiva di mille domande su cosa avesse fatto mentre lei era al lavoro, come se potesse rispondergli. Cercava di colmare le sue assenze con un eccesso di attenzioni che destabilizzavano il figlio invece di compensare mancanze di cui solo lei si incolpava. In realtà il ménage del bimbo era ben organizzato e non soffriva del fatto che la mamma lavorasse. Ma si sa che la mente umana può fare scherzi e Matilde viveva il rientro al lavoro come se stesse facendo un torto enorme e irreparabile al figlio. Razionalmente sapeva che non era così, ma emotivamente non riusciva a vivere la situazione diversamente. A niente erano valse le rassicurazioni di tutti, marito, genitori, suoceri, amici, parenti e colleghi. Doveva darsi una calmata. Ne era consapevole, anche se non sapeva come. Un giorno, per caso, le capitò di sentire una conversazione in metropolitana. Un papà stava parlando con il figlio che voleva smettere gli studi universitari per andare a lavorare. Il padre gli stava consigliando di non buttare via il tempo passato sui libri, in fondo gli mancavano solo cinque esami. Invece di mollare tutto gli suggeriva di trovarsi un impiego part-time che gli permettesse di finire gli studi. Non seppe mai come finì quella conversazione ascoltata per caso, dopo un paio di fermate padre e figlio scesero dalla metropolitana, ma fu decisiva per reimpostare la propria vita. Da osservatrice esterna, non coinvolta nella questione, si rendeva perfettamente conto che quel padre aveva ragione. L'esigenza di indipendenza economica del figlio poteva tranquillamente aspettare ancora un anno a realizzarsi. Ma, visto che pareva essere così impellente per il ragazzo, conveniva sicuramente optare per una soluzione che, per così dire, salvasse capra e cavoli. Le era sempre piaciuta quella storiella.
Un contadino con un lupo, una capra e un cavolo deve attraversare un fiume, ha a disposizione una piccola barchetta sulla quale però può stare solo lui con uno dei tre: o il lupo, o la capra, o il cavolo. Il problema nasce dal fatto che non può lasciare soli il lupo e la capra, altrimenti quello se mangia, nè la capra e il cavolo, altrimenti la capra se lo mangia. Non sa come fare, ci pensa un pò e poi trova la soluzione. Fa un primo viaggio e trasporta la capra, consapevole che il cavolo non corre nessun rischio di essere mangiato dal lupo. Lascia la capra sull'altra sponda, torna indietro e prende il cavolo. Lascia il cavolo sull'altra sponda e ricarica la capra sulla barchetta. La riporta indietro e la lascia nuovamente al punto di partenza, sola, perchè sulla barchetta carica il lupo. A questo punto il lupo si ritrova dall'altra parte del fiume di nuovo con il cavolo. Al contadino non resta che tornare nuovamente indietro e prendere la capra. In questo modo ha salvato capra e cavolo. E' vero che ha impiegato un pò di tempo, ma sicuramente ne è valsa la pena.
A pensarci bene in ogni situazione c'è sempre un'altra scelta da poter fare, anche se non la vediamo subito. Matilde, da quel momento, iniziò a pensare che forse anche per lei poteva esserci una soluzione che salvasse il suo essere madre e il suo lavoro. Il problema fondamentale era il tempo. Avrebbe dovuto avere giornate di 48 ore o la capacità di sdoppiarsi ed essere contemporaneamente in due posti. Entrambe le cose erano impossibili. Aveva pensato di lasciare il lavoro e dedicarsi solo alla famiglia, ma anche questa soluzione non la convinceva, nè la allettava. Le piaceva il suo lavoro, le dava soddisfazioni perchè riusciva a mettere a frutto competenze acquisite con anni di studio e sacrifici. Non se la sentiva proprio di appendere la sua laurea al muro. Ma il problema tempo rimaneva irrisolto. C'era però quella parola: part-time, che il padre consigliava al figlio. Le ronzava in testa: part-time. Sapeva a grandi linee che significava lavorare meno e che in genere lo facevano gli studenti. In realtà si rese conto di non saperne molto. Così andò a cercare su internet qualche dettaglio in più, man mano che prendeva informazioni le si alleggeriva il cuore. Intravedeva la soluzione che salvava capra e cavolo. Avrebbe potuto adeguare il suo orario di lavoro alle sue esigenze familiari riducendolo, senza per questo perdere la garanzia di uno stipendio, contributi, ferie, tredicesima. Ovviamente lo stipendio sarebbe stato proporzionato alle ore lavorate, ma facendo due conti, sommando lo stipendio del marito, il loro bilancio familiare avrebbe retto. Stando un pò attenti alle spese a fine mese sarebbero arrivati tranquillamente, e con una qualità di vita migliore. Rimaneva un problema da risolvere, in farmacia c'era bisogno della sua presenza tutto il giorno, specie ora che era andato in pensione il farmacista più anziano. Le sembrò di non avere scampo. Mise da parte questa idea del part-time, pazienza. Ma continuava a pensarci, possibile che non si pottesse fare? Intanto era sempre più nervosa e distratta. Una sera il marito, che cercava in tutti i modi di esserle vicino senza grande successo, le fece una sorpresa. Rivoleva sua moglie, la sua Matilde, non riconosceva questa donna che dopo la nascita del loro bambino era sempre nervosa, sfuggente, distratta. A sua insaputa chiese alla madre di curare il nipote per tutta la sera, voleva portare Matilde fuori a cena, magari anche a cinema.
Quella sera Matilde scoprì che salvare capra e cavoli si può. La soluzione era lì, a portata di mano. L'aveva già intuita, doveva solo metterla a fuoco. A cena con il marito si rilassò come non le capitava da tempo e trovò il coraggio di raccontargli il disagio che provava nel suo nuovo ruolo di madre lavoratrice. Ma le sorprese non erano finite. Il marito la guardò e, come se fosse la cosa più ovvia da fare, le disse Mati, riduci l'orario di lavoro, almeno per qualche anno. Sai quante mie colleghe l'hanno fatto, e anche un paio di neo papà. Lei scoppiò a ridere. Le è sempre piaciuto il suo modo semplice di dire le cose, anche quando riguardano situazioni complesse. Fa sembrare tutto facile. Poi tornò seria e gli confidò il timore che la titolare della farmacia potesse non essere d'accordo, un loro collega era appena andato in pensione e non voleva metterla in difficoltà o incrinare i rapporti. Fu allora che il marito ebbe quell'idea così semplice che si diede della stupida per non averci pensato lei.
Perchè non assumere quella che ti ha sostituito durante la maternità?
Già perchè? D'un tratto vide la soluzione alle sue angosce, il modo di ridurre l'orario lavorativo senza creare problemi al lavoro, la possibilità di conciliare lavoro e famiglia, la possibilità di ritrovare un suo equilibrio. Non perse tempo. Il giorno dopo espose subito la sua richiesta di part-time alla titolare e la soluzione per coprire le ore che avrebbe lasciato scoperte. La titolare non rimase particolarmente sorpresa della richiesta, in realtà si aspettava di peggio, temeva che si volesse lincenziare. Rispose di darle un pò di tempo per decidere, prima voleva consultarsi con il suo commercialista. Dopo una settimana arrivò la risposta: ok, si poteva fare. Matilde era al settimo cielo. Altrettanto felice ero io quando due giorni prima mi era suonato il telefono e avevo visto il numero della farmacia. Mi aspettavo due parole di saluti Come stai?, Come sta la bambina?, Cresce?, di certo non la convocazione per una proposta di lavoro. Non ci potevo credere. Per di più la proposta sembrava fatta proprio su misura per me: un lavoro part-time, il pomeriggio. Incredibile, non poteva andarmi meglio. Pare che Matilde avesse chiesto di lavorare solo al mattino, rimaneva scoperta l'altra metà della giornata. L'ideale per me, visto che Filippo con il suo lavoro di insegnante il pomeriggio era praticamente sempre libero. Avremmo potuto prendere una baby- sitter per i pomeriggi in cui avesse avuto delle riunioni scolastiche, si poteva fare.
Fui contentissima di questa opportunità e accettai al volo. Ero felice della mia Sara, di occuparmi di lei, di fare la mamma. Ma mi mancava qualcosa, mi mancava avere un ruolo anche nella società, avere un lavoro, avere uno stipendio che mi desse un pò di autonomia economica. Perchè per essere veramente autonomi bisogna esserlo anche economicamente. Inoltre mi mancava relazionarmi con gli altri, confrontarmi, uscire di casa per andare a mettere il camice in farmacia. Mi mancava la farmacia. Quella proposta di part-time arrivò al momento giusto. Sembrava che magicamente tutto stesse mettendosi a posto e acquistando un nuovo equilibrio, una nuova armonia. Filippo stava superando il suo trauma grazie al percorso psicologico che aveva iniziato, Sara aveva cominciato a capire che le giornate hanno un ritmo giorno/notte, veglia/sonno e non si svegliava più tanto spesso di notte, e ora riprendevo a lavorare.
Anche nella vita familiare di Matilde tornò la serenità grazie al suo nuovo orario, tutto ricominciò ad avere un ritmo giusto. Almeno così lo avvertì lei, che finalmente riusciva a vivere il lavoro senza sensi di colpa e a occuparsi del figlio con più entusiasmo. E' incredibile come lo stato d'animo delle persone si ripercuota, inevitabilmente, sugli altri, sia in famiglia che nei luoghi di lavoro. Matilde aveva ritrovato il buon umore e intorno a lei tutti beneficiarono di questo miglioramento.