Cammino di Carità
Capitolo VII
La carità, la carità, ma cos'è la carità? Chi l'ha inventata? La carità è il gioco di Dio per vedere se lo amiamo. La sua richiesta: UNA PROVA D'AMORE... Sei innamorato? Mi ami tu? Fammelo vedere! Dammene prova! 10sono qui; nascosto in questo volto, presente in questa realtà. Mi vedi? Mi vuoi riconoscere? Quello che avrai fatto a questo fratello l'avrai fatto a me... Amico carissimo, 11nostro Dio è proprio un Dio nascosto, non solo nell'Eucaristia, piccola Ostia bianca, ma anche nell'anima di chiunque ti passa accanto. Non c'è modo di evitarlo! Ovunque vai c'è Lui, è Lui che ti attende... Questo è il vero folle amore? Per questo i santi ardono di carità. Si affannano a cercarLo nelle piaghe di un lebbroso, a sorriderGli nel volto di uno straccione, ad accarezzarLo in un vecchio morente.... Così è per Gerardo. In quell'anno - e propriamente nel mese di gennaio 1755 - regnava una estrema penuria in Caposele, tanto che ne correvano alla nostra porteria più di 120 poveri ogni mattina. E non può esprimersi la gran carità colla quale Gerardo li compativa e sovveniva nelle loro miserie. Si faceva tutto a tutti, li consolava con quelle sue solite parole di paradiso, l'istruiva nelle cose della fede, loro faceva qualche discorso devoto e poi infine dispensava loro l'elemosina e li mandava doppiamente consolati...
E perché in quell7inverno furono freddi grandissimi, procurava di ristorare quei poveretti anche col fuoco che a questo fine accendeva e portava ad essi in due o tre bracieri vicino alla porta della chiesa e dentro alla medesima porteria... Piacque tanto al Signore la carità di questo suo gran servo che non mancò in quel tempo accompagnarla con vari prodigi. Si presentò una mattina alla porteria una persona alquanto civile, la quale, per non avere cuore, se ne stava in un angolo senza fidarsi di chiedere l'elemosina. Era presente un figliolo che praticava sempre con noi, chiamato Teodoro Cleffi, il quale si avvicinò a Gerardo e gli disse tutto. Allora Gerardo ripigliò: - Oh! figlio mio, e così tardi è venuto? Già ho dispensato ogni cosa. Poi, pensando un poco, disse: - Aspetta, aspetta! Entrò e tornò subito e si cacciò dal petto una focaccia calda calda come allora fosse uscita dal forno e la consegnò a quella persona bisognosa. Teodoro, in vedere questo, disse tra sé: "Oh! Gerardo è santo veramente!". E lo pigliò per miracolo e così veramente dovette essere, poiché non era quella l'ora del forno, essendo tardissimo e non essendo solita la nostra comunità di fare il pane di quella forma. Era fama costante che il Signore moltiplicasse il pane in quel tempo in Caposele nelle mani di fratello Gerardo, giacché di tante persone che accorrevano nessuno ne partiva sconsolato. Ed un giovane studente della nostra congregazione, che allora si trovava in Caposele, attestò di avere egli stesso veduto con i propri occhi, nell'atto che Gerardo dispensava la elemosina, improvvisamente ripieni di pane quei cofani che poco prima aveva vuotati a favore dei poveri. Ed un altro fratello studente attestò che, dopo aver vuotato un cassone di pane che teneva Gerardo nella porteria, all'aprirlo di nuovo, con sua meraviglia lo vide pieno... Quel che sa di certo il padre Caione è che, durante quella somma penuria e specialmente in tempo che la terra era coperta da circa tre palmi di neve, venne Gerardo da lui, tre o quattro volte, con involucri con somma di denaro dentro in moneta d'argento, i quali diceva aver trovati infilzati nel buco della serratura della porteria, somministrandogli il Signore nuovi mezzi per appagare la sua carità. Non solamente procurava di sovvenire i poveri con elemosine di commestibili, ma di panni ancora per coprire le loro nudità... Prese alcune robe vecchie della nostra sartoria, ne faceva manichetti, corpetti e li dispensava alle povere figliole più bisognose che accorrevano alla nostra porteria.1 Fratel Gerardo fu chiamato "Padre dei Poveri " per la sua ardente carità!
LA CARITÀ...
Forse, qualche volta l'avrai fatta anche tu, ma... Forse, senza troppo lasciarti coinvolgere... Vedere, sentire che ancora oggi tanti nel mondo muoiono di fame. Sembra quasi un'assurdità che disturba le nostre comodità... Forse, avrai fatto come il Fratello panettiere, o come il cuoco con un po' più di prudenza... per non dire egoismo... Gerardo, da povero fraticello, si arrangia con i miracoli; altri hanno messo i talenti ricevuti per vivere la carità in modo radicale. Pensiamo a Raoul Follereau: con la sua penna e con le sue conferenze, non disponendo di altro, ha girato tutto il mondo per scuotere le coscienze e convincere che LA SOLA VERITÀ È CONDIVIDERE, È VINCERE LA BATTAGLIA DELL'EGOISMO. "Quarant'anni di lotte. All'inizio tutto solo o quasi. Due milioni di chilometri percorsi, di cui i due terzi in aereo. 102 nazioni visitate. Frontiere attraversate mille volte. Due miliardi di vecchi franchi distribuiti ai malati di lebbra. Tale è stato il bilancio della mia vita. E nella misura in cui essa possa ispirare altre vite più giovani affinché, quando il mio cuore avrà cessato di battere, altri cuori battano come lui, ecco i miei ricordi a voce alta... "
Così Raoul Follereau scrive nei suoi ricordi nella metà del secolo scorso. Chi sono quei cuori giovani che hanno accolto il suo pressante invito alla CARITÀ? Nella famosa veglia di preghiera del 19 agosto 2000 a Tor Vergata, così si esprime il Papa Giovanni Paolo II: "Cari giovani vedo in voi le SENTINELLE DEL MATTINO (cfr Is 21,11-12), in quest'alba del TERZO MILLENNIO, nel corso del seco lo che muore, giovani come voi venivano convocati in adunate oceaniche per imparare a odiare, venivano mandati a combattere gli uni contro gli altri. I diversi messianismi secolarizzati che hanno tentato di sostituire la speranza cristiana, si sono rivelati veri e propri inferni. Oggi siete qui convenuti per affermare che nel nuovo secolo voi non vi presterete ad essere strumenti di violenza e distruzione; difenderete la pace pagando anche di persona se necessario. Voi non vi rassegnerete a un mondo in cui altri esseri umani muoiono di fame, restano analfabeti, mancano di lavoro... Voi difenderete la vita in ogni momento del suo sviluppo terreno, vi sforzerete con ogni vostra energia a rendere questa terra sempre più abitabile per tutti. CARI GIOVANI DEL SECOLO CHE INIZIA, dicendo sì a Cristo voi dite sì a ogni vostro più nobile ideale. Non abbiate paura di AFFIDARVI a LUI"
Mentre la luna scendeva a illuminare il mare e salivo in barca per un solitario viaggio qualcuno alle spalle mi sorprese e mi parlò: - Non mi riconosci? Sono l'IO dei tuoi 15 anni. Io non seppi rispondere e tacqui. - Un tempo dicevi che mi amavi e che volevi con me sfidare il mondo. - E vero, mormorai incerto. - Un tempo dicevi che nessuno era più importante di me.
E mi adoravi come un dio. -È vero, continuai vergognoso: ma ho tutto dimenticato; anche tu sei cambiato, non ti riconosco più. Vieni in mare con me, continuai Mi afferrò il braccio fissandomi negli occhi. - E vero, disse profondo. Prima ero VAVERE, ora sono divenuto il DARE...
Ecco una bella storia: "È il 1950. Siamo nella città di Tokyo. Per la città si aggira un mis-sionario che distribuisce immaginette della Madonna dicendo: - Domando preghiere per la povera gente. Satoko ne riceve una anche lei. È una ragazza di 21 anni laureata in farmacia e figlia di un noto professore universitario. Satoko si era fatta cristiana qualche anno prima prendendo il nome di Maria. Le parole di quel missionario le erano entrate dentro: - Chiedo preghiere per la povera gente... Dopo alcuni giorni, mentre è in casa, da una finestra rivede il missionario per via e corre per incontrarlo. Non lo trova e si affretta a raggiungerlo avventurandosi sotto una pioggia insistente. Si ritrova in uno strano luogo, pieno di catapecchie dove c'è un cartello: villaggio delle formiche. Lì incontra il padre che le spiega di che si tratta: i più miserabili di Tokyo, che sono senza tetto, vivono in povere capanne vicino al fiume Sumida facendo i cenciaioli, cioè raccattando spazzatura (carta, vetro, cordame ecc.) per poi venderla. Si sono organizzati in una sorta di villaggio che ha anche un capo. Il cuore di Maria Satoko si apre. Vuole aiutare questi miseri. Ogni giorno vi si reca vincendo le sue ripugnanze, per dedicarsi ai bambini: li istruisce, insegna loro canti ecc. - "È un capriccio di una figlia di ricchi", dicono gli abitanti del villaggio che la guardano con freddezza. Quello che chiamano il maestro, malvolentieri sopporta la sua presenza. (Sarà poi lui a scriverne la storia...).
Maria Satoko soffre e alla fine capisce che per conquistare l'animo di quei miserabili deve dimostrare di saper vivere alla loro maniera. Hisao, disse un giorno a un ragazzetto del villaggio, - vorrei la tua cassetta per raccogliere i rifiuti. Tu? A raccogliere i rifiuti? Il ragazzo non poteva credere. Ma sai tirare il carretto? Certo che ne sono capace. Aiutami spingendo un po' per favore! Maria Satoko fece un grosso sforzo e in cuore pregò: - Vergine Santissima, dammi un po' di forza. In quel momento, le ruote del carretto cominciarono a muoversi. Un giorno, durante questo lavoro, i suoi occhi si incontrarono con quelli di una vicina di casa. Era una donna che non finiva mai di criticare le scelte di Maria Satoko. Signorina, si è messa anche lei a fare questo mestiere? Le disse guardandola con occhi pieni di disprezzo. Maria Satoko arrossì fino alla radice dei capelli. Poi in segreto implorò: Maria Santissima, aiutami! Nello stesso istante, avvenne nel suo cuore un profondo cambiamento. Le parve di essere trasformata. Non gliene importava più niente di chi l'avesse vista e di cosa avrebbero detto di lei. Intanto, era diventato il fiore puro e bello del villaggio. Anche il maestro era divenuto un vero fratello. Egli, tuttavia, era preoccupato: In questi ultimi tempi la tua giornata è impossibile. Tu cominci a lavorare dalle cinque di mattina fino alle undici di sera e non trovi neanche il tempo per mangiare. Nessuno potrebbe resistere a questo ritmo di vita! Maria Satoko taceva: doveva preparare l'esposizione dei compiti per le vacanze, preparare la festa dei compleanni... non aveva tempo per sé. Maria Satoko si ammalò gravemente. - Non c'è più nulla da fare, dottore? I suoi genitori erano desolati. - Forse sì. La lascino al villaggio delle formiche... Fu trasportata con sua immensa gioia. Ne era divenuta un membro in tutti i sensi! Come Gesù che aveva umiliato se stesso prendendo la carne umana, così Maria Satoko si era fatta cenciaiola e così voleva morire...
Ogni mattina, il capo del villaggio, pioggia o vento, si recava nella povera capanna a visitare Maria Satoko: Buongiorno, come stai oggi? Grazie, sto bene, e tu capo, come stai? Per anni il saluto quotidiano era quello. Maria Satoko era sempre debole e spesso aveva febbre alta. Eppure nascondeva la sua pena e sorrideva al capo. Egli diceva: Dopo che ho visto il sorriso di Maria, posso portare bene tutta la giornata"!4 Non è forse anche questa storia un MIRACOLO di AMORE? Maria Sotoko, dopo pochi anni di cristianesimo, ha preso sul serio le parole e la vita di Gesù. Ha preso il largo per andarsene in alto mare.... Il 5 aprile 2001 Giovanni Paolo II così si è rivolto ai giovani: Prendere il largo.. .per andare dove? La risposta è chiara: Per ANDARE INCONTRO ALL'UOMO, MISTERO INSONDABILE, E PER ANDARE VERSO TUTTI GLI UOMINI, OCEANO SCONFINATO. Questo è possibile in una chiesa missionaria, capace di parlare alla gente e, soprattutto, capace di raggiungere il cuore dell'uomo, perché lì, in quel luogo intimo e sacro, si realizza l'incontro salvifico con Cristo. E la storia di Maria Satoko così continua: "Una sera, il capo del villaggio delle formiche radunò tutti i caporioni. Disse che, considerando ciò che la signorina Satoko aveva fatto per loro, aveva compreso tante cose: Mi pare che noi povera gente e il cristianesimo abbiamo in comune il desiderio di aiutare i propri amici anche a rischio della vita. C'è anche una differenza: noi pensiamo solo al nostro gruppo, il cristianesimo insegna a offrire la propria vita per tutti gli uomini. Non è questa una grande differenza? Io ho capito questo dalla signorina Sotoko. In seguito, ascoltandomolte parole su questo argomento, sono venuto a sapere che il fondatore del Cristianesimo, Gesù, ha dato per primo la vita per aiutare i suoi figlioli. Per questo, ormai, da molto tempo ho deciso di bere al bicchiere stesso di Cristo. Perciò vorrei ricevere quella cosa che si chiama battesimo..." Tutti i caporioni approvarono. Da buddisti a cristiani... non è questa una pesca più che miracolosa? UNA PESCA DI...CUORI. E al villaggio delle formiche ci si svegliava con un altoparlante che diceva: - Buongiorno. Adesso intoniamo le preghiere del mattino"...
Ecco. La storia dell’umanità è percorsa da grandi donne e grandi uomini che hanno saputo amare i piccoli. San Gerardo è uno di loro. Lui si preoccupa dei poveri, dei deboli, degli ultimi. Cosa ti dice, oggi, questo Santo della carità? E cosa diresti oggi tu a Lui?
Leggiamo questa lettera scritta a san Gerardo da una ragazza dei nostri giorni, che ha vinto un concorso regionale...
Lettera aperta a Gerardo Maiella (1726 -1755)6 «Caro Gerardo, dopo aver letto il regolamento del concorso bandito in tuo onore, ho pensato: "Sbattere un santo nell'attualità va molto di moda. Così farò con il patrono della Basilicata". Ho cercato di informarmi meticolosamente su di te. Qualcuno mi ha proposto una densa bibliografia. Sono alla vigilia della maturità classica, ho poco tempo anche per te. Però non ho mancato di studiarti sulle bellissime pagine che Gabriele De Rosa ti ha dedicato in "Storie di Santi" (Laterza, 1990, 34-48). Ho pure consultato il piccolo saggio scritto su di te da Nicola Ferrante per l'autorevole "Bibliotheca Sanctorum" (Istituto Giovanni XXIII, 1965, voi.VI, 191-196). Purtroppo non ho avuto la possibilità di leggere le tue lettere e il tuo "Regolamento di vita" che possono essere considerati un giornale dell'anima, della tua anima. Tuttavia, i succhi più eletti della tua spiritualità li ho trovati nella fresca sintesi che ne ha fatto don Giustino D'Addezio (Gerardo Maiella - Santo del popolo, 1995 - Mater- domini - Av) Se tu fosti un santo itinerante e suonassi alla mia porta, che cosa potrebbe succedere, come reagirei, che cosa mi diresti, cosa ti chiederei? Intanto, attraverso la lente un po' deformante dello spioncino della mia porta, osserverei un uomo ben inquietante: giovane ancora ma ormai logoro e segnato da una vita di stenti; signorile a ben guardare la sostanza ma coperto di stracci; ridente ma con una certa aria di follia. Caro Gerardo, ti dico la verità: mio padre mi proibirebbe di aprirti la porta. Tu non entreresti nella mia casa nemmeno se, trovandomi in compagnia di mia madre, potessi almeno aprire. Dovresti attendere, in piedi, sulla soglia e imparare come trattiamo i cosiddetti "nuovi poveri". "Dagli qualcosa. Vedi che la bottiglia delle monetine sta sulla mensola del camino". Oppure: "Che mondo! Perché non si rivolge alla Caritas o alle Vincenziane?" Se poi tu tentassi di esprimerti con il tuo linguaggio incolto e dialettale ("Questa è la volontà del mio celeste Redentore di star giogato su de sta mara croce chino il capo"), Dio mio che strano animale ci appariresti. "A quale Cristo appartieni? Di che setta sei?" - ti verrebbe chiesto. La tua macerante povertà e il tuo messaggio devoto, in apparenza rozzo e coloristico, ci terrorizzerebbero. Noi abbiamo una casa confortevole, pratichiamo uno stile di vita convenzionale e pago di sé, ci siamo fatti un Dio tiepido, a immagine e somiglianza di noi stessi, educatini, moderati moderati, piccoli cristiani, tiepidi insomma. Di quella tiepidezza che Dio nell'Apocalisse dichiara di vomitare. Ma se in qualche modo trapelasse da te quella dotazione taumaturgica che ti rese famoso da Muro Lucano a Caposele, Con- za e Lacedonia, da Foggia a Corato, in quel di Bari, tra Irpinia, Basilicata e Puglia, come cambieremmo faccia e atteggiamenti. Noi siamo sedotti dallo spettacolo dei misteri, siamo assetati di un soprannaturale che ci risolva i più insuperabili problemi terreni.
Noi amiamo il divertissement anche religioso e siamo cristiani ostinatamente utilitaristi. A noi piacerebbero molto le apparizioni, le estasi, i rapimenti, le visioni, le profezie, le bilocazioni, i prodigi d'ogni genere che gli agiografi, magari ricamando un po', ti hanno attribuito. Tu che sei stato un sant'Antonio di Padova per le nostre popolazioni del Settecento, tutte terra e sciagure, dentro una religiosità popolare confinante con la pratica magica e la superstizione (De Rosa, p. 48), scopriresti, parlando con noi, che non pochi Lucani sono postcristiani e atei pratici, insensibili sia alla fede sia alla ragione, e come bambini viziati, chiedono consolazioni e garanzie per i loro giorni oscurati da molte ombre, ma senza preoccuparsi di guadagnare il Regno dei cieli. Caro Gerardo, come sei poco attuale tu oggi, se attualità significa avere il colore, la pelle e lo spirito di un'epoca. Veramente, non eri attuale in questo senso nemmeno nel tuo secolo XVIII. Fratello coadiutore appartenente alla congregazione di Sant'Alfonso Maria de' Liguori, non incarnasti la spiritualità cordiale e calorosa ma sobria, ragionevole, direi umanistica, esente da eroiche esasperazioni che fu diffusa dal carisma del tuo fondatore. Sembrasti piuttosto un monaco eccessivo della razza di quelli greco-bizantini che perforarono i Sassi della città in cui vivo, Matera, trasformandoli in uno scenario sacro di eremi, laure e chiese rupestri. Le tue penitenze disumane o sovru-mane, il tuo bisogno di essere come Cristo nell'espiare le colpe degli uomini, il sangue effuso in aspre autoflagellazioni, l'obbedienza alla lettera e davvero "perinde ac cadaver", il tuo farti pazzo per amore di Dio, tutti questi aspetti non sono proprio attuali. Eppure io sento che sotto queste forme che incutono repulsione v'era qualcosa di grande, di alto, di intenso e di salvifico che manca al nostro tempo pieno di pretese, di vizi, di morbidezze e di estenuazioni. A noi manca la "Passione" di Gesù e perciò noi manchiamo alla "com-passione" con i nostri fratelli più poveri. Tu non fosti un santo "sociale" come i santi torinesi dell'Ottocento o come i noti protagonisti della solidarietà odierna. Tuttavia moltiplicasti il grano, disinfestasti campi dai sorci che divoravano i raccolti già magri, sanasti gli animali umili dell'agricoltura, donasti salute a partorienti e neonati, liberasti i posseduti dal demonio. Niente di manageriale e di programmato nella tua azione. Tu miracolavi spontaneamente, strada facendo, tra le nostre genti relegate nei sotterranei della storia, in un tempo fermato, senza progressi e senza previdenze, negli agri sitibondi e avari, bisognosi soprattutto di Provvidenza Caro Gerardo, forse i nostri ambientalisti e animalisti non ti perdonerebbero le ecatombe che facesti di topi portatori di carestie e peste. Essi però dovrebbero amarti per i muli risuscitati, santi animali (dove sono oggi?) dei "santi contadini". Avremmo bisogno di te patrono delle partorienti, ora che non si contano più i ventri che rifiutano la vita e si moltiplicano le follie della procreazione assistita. Ma tu puoi essere protettore di provette e madri mercenarie? Saresti adatto a distoglierci ora dall'ignoranza ora dall'ossessione dell'azione demoniaca, tu che il diavolo lo giocavi con il mignolo, anzi lo manovravi come se fosse un servitorello. Avremmo da imparare dal tuo rifiuto ad assaporare golosamente i cibi, che noi ci avveleniamo in conviti straripanti di leccornie e fra trionfi gastronomici costosissimi. Dovremmo apprendere la lezione della tua innocenza e della tua castità per sottrarci alle catene e alla noia di un sesso banalizzato e triste. La tua gioia e il tuo impeto sarebbero i farmaci più adeguati alla nostra giovinezza disillusa e moscia. Pazzo di Cristo, riusciresti a farti schernire da noi giovani del Duemila come un giorno dai ragazzi di Muro Lucano? Se tu che pure fosti un temperamento artistico, amasti la musica, suonasti al clavicembalo le ariette religiose del Metastasio e danzasti davanti al Signore con la foga del re Davide, se tu sostituissi Fiorello nelle nostre piazze, cesserebbe il karaoke secolarizzato e secolarizzante, e ci trascineresti tutti nel vortice canoro e letificante che è la musica di Dio. Caro Gerardo, lancia di Dio, senza macchia, subito visitato dalla grazia, santo precoce che trastullasti con Gesù Bambino, ex sarto, fraticello questuante e benedicente, abituato alla frequentazione di Gesù, della Madonna e degli Angeli, taumaturgo come il Santo di Padova, cristiforme come il Santo di Assisi, ascetico come i discepoli di sant'Antonio abate, animalista "ante litteram", demonologo, fedele alla terra e al cielo, l'amore incondizionato per Cristo. I santi sono attuali perché, alla fine, muovono una voglia irre- frenabile di pregare.
Così tu sei, san Gerardo. Ti saluto e ti ringrazio.
Francesca».
Anch'io, san Gerardo, ti ringrazio. Per la tua vita donata. Per il tuo messaggio sempre attuale.