Il Divin Consolatore
CAPITOLO VI
Nella memoranda Pentecoste del 1740, Gerardo, ormai quindicenne, fu cresimato da Mons. Albini Vescovo di Lacedonia, alla chiesa delle Clarisse.
Delizioso il canto delle coriste nel modulare il "Veni Creator ". Le loro voci melodiose sfioravano quasi l'anima esultante del Santino, per salire verso il cielo come se il loro ardore volesse accompagnarlo a volo fino a inaccessibili altezze. Nel malioso fascino di quella vertigine, il canto liturgico gli portava parole candide come il cero del suo Battesimo, vibranti come accenti angelici. A quel canto, che invocava i sette doni del divin Paraclito su di lui proteso in ascolto,
scese lo Spirito ch' è vita e luce
fortezza e duce per lui sarà.
Da quella nostalgica data, l'adolescente cominciò a coltivare una speciale devozione verso lo Spirito santo, alla quale rimase fedele per tutta la vita. Reso più forte, come gli Apostoli dopo la Pentecoste, il nuovo "soldato di Cristo'" uscì da quella chiesa profumata d'incenso e di preghiere, con il cuore ardente e l'animo disposto ad affrontare le battaglie spirituali per riuscir sempre vittorioso contro le potenze dell'inferno.
"Lo Spirito santo -come depose un teste al Processo- era stato scelto da lui quale consolatore. Quindi lo invocava tra le difficoltà e gli chiedeva consiglio tra i dubbi, digiunava alla vigilia della festa e, durante la novena, si flagellava per rendere omaggio alla terza Persona della SS. Trinità'".