Gerardo a Napoli, e prodigi che vi opera
Capitolo Undicesimo
Riconosciuta l’innocenza di Gerardo, tutta l’austerità di S. Alfonso si cambiò in tenerezza e ammirazione verso di lui. Ora conosco le virtù di questo Fratello, diceva ai Padri di Pagani, e se non avessi altra prova della sua santità mi basterebbe quella che mi ha data nell’ultima circostanza. Laonde avendo il Padre Margotta, Procuratore Generale della Congregazione e che per tale ufficio risiedeva a Napoli, richiesto a S. Alfonso un Fratello che l’assistesse. Si, si, gli rispose, vi mando Fratello Gerardo, è buono che venga con voi perchè sia compensato delle patite umiliazioni e sofferenze che ha avute.
Questo soggiorno di Gerardo a Napoli, pur essendo stato di soli cinque mesi. Fu nondimeno pieno di avvenimenti meravigliosi e sorprendenti. Il P. Margotta, al quale fu dato per compagno Gerardo, era uomo di grandi e straordinarie virtù. Amante della povertà, vestiva abiti rattoppati, e spesso per amore dei disprezzi andava a chiedere cibo ed elemosine alle porterie delle case religiose. E Gerardo faceva altrettanto. Anche lui indossava una sottana rappezzata e aveva scarpe così rotte che i lazzaroni ne prendevano argomento per deriderlo e beffeggiarlo. Eguale emulazione avevano tra loro nell’amore alla preghiera e nelle visite alle Chiese per adorare il SS. Sacramento. Ambedue, poi, avevano una tenerissima carità verso i poveri. Il P. Margotta giungeva perfino a dare ad essi le proprie vesti, e Gerardo poi avendo ricevuto un giorno due carlini per comprare l’occorrente per il pranzo, si incontrò in un venditore ambulante che vendeva pietre focaie e solfanelli, il quale gli chiedeva per carità che comprasse la sua merce perchè in quel giorno non aveva come mangiare; tocco dalla compassione, gli diede i due carÌini e prese per sè quella roba. Tornato a casa la pose sul tavolo, e al Padre che gli chiedeva: ebbene mangeremo oggi sol/anelli ? Ci penserà Dio, soggiunse Gerardo, e giunta l’ora del pranzo si videro arrivare un canestro pieno di cibi squisiti mandati da un devoto che nessuno conosceva. Così Dio premiava la carità di Gerardo. Oltre i poveri, erano oggetto della sua carità anche gli infermi: visitava spesso l’Ospedale degli Incurabili; girava per i letti, e chi animava alla pazienza, a chi dava conforto e speranza di guarire, e chi disponeva con soavi parole ad abbracciare la morte. Era solito di visitare anche ì pazzi nel Manicomio, li radunava nel cortile. li istruiva secondo la loro capacità e regalava ad essi ora confetti ed ora frutta. Un giorno un pazzo lo strinse fra le braccia e gli disse: Non vogliamo farti partire, ti vogliamo tenere sempre con noi, perchè tu ci consoli: la tua bocca è bocca di paradiso. Ma se la sua carità era così grande verso i poveri e gl’infermi, era però maggiore verso noia, suo primo biografo, che non ne pescasse uno.
Un giorno entrato in un negozio per comprare alcuni oggetti, si chiamò in disparte il negoziante e gli manifestò un peccato che egli non aveva mai confessato. Per cui quegli preso dalla meraviglia e dal rimorso di coscienza si andò subito a confessare. Oltre la scrutazione dei cuori, Dio gli diede anche la notizia delle cose lontane: Un giorno stando in ricreazione col P. Margotta: Ecco: esclamò, appunto in quest’ora è volato al Paradiso il nostro P. Latessa. Dopo qualche giorno arrivò infatti la notizia che quel Padre era morto a Materdomini proprio nell’ora che aveva detto Gerardo.
Tali meraviglie e più l’odore di Gesù Cristo che egli spargeva intorno a sé col suo aspetto raccolto e modesto, e con le parole edificanti che gli uscivano di bocca, attrassero gli occhi e la stima di molte persone che incominciarono ad averlo come un santo. Un giorno udì bussare alla porta di casa; aprì e si vide dinanzi un valletto in gran livrea che gli disse: La Signora Marchesa di Maddaloni desidera Fratel Gerardo. Accortosi che il valletto non lo conosceva, rispose: Io non so come si vada in cerca di costui che è uno scemo e un mezzo pazzo, a Napoli non si sa ancora chi egli sia, dite questo alla Marchesa. Dalla risposta avuta, la Marchesa comprese tosto che chi aveva parlato così era proprio lui, Gerardo. La mattina seguente lo andò ad aspettare in Chiesa, e quando lo vide entrare: Fratello, gli disse, ho una figlia gravemente inferma, tu le devi ottenere la guarigione. Ecco là chi può guarirla le disse, additandole il SS. Sacramento : è Lui che dispensa grazie e opera prodigi : vado a pregarlo per lei, e si ritirò in un canto a pregare. Dopo qualche istante venne correndo un cameriere ad annunziare alla Marchesa che sua figlia era guarita.
.Questi fatti si propagarono subito e tutta Napoli ne fu piena, quando a mettervi il colmo ne avvenne un altro più strepitoso di tutti. Trovavasi una mattina questo santo Fratello, in un punto della spiaggia di Napoli chiamato la pietra del pesce, quando si accorse che una barchetta di pescatori con più persone dentro veniva sballottata con violenza dai flutti del mare in gran tempesta e non poteva avvicinarsi alla spiaggia, anzi era sempre più respinta con evidente pericolo di naufragio. Allora intenerito dalle grida dei naufraghi e dei loro congiunti che erano sulla spiaggia, si sollevò un pò il lembo della sottana, si segnò con la croce ed entrato nel mare camminò su di esso a piedi asciutti per molti metri senza affondare: prese con una mano la barchetta e la tirò al lido. Miracolo! Miracolo! Esclamarono allora tutti gli astanti, mentre egli fuggiva nei vicoli per nascondersi e sottrarsi agli applausi di tutti quelli che gli correvano appresso gridando al santo. A questo fatto della barca salvata.
Ne tenne dietro un altro che finì di suscitargli intorno gran fama di santità. Per evitare gli applausi e per meglio conservare il suo raccoglimento, era solito di passare per un vicolo poco frequentato. Quivi in un pianterreno abitavano due donnacce invereconde e ineducate, le quali vedendolo così assorto e raccolto in Dio, lo schernivano. Un giorno arrivarono perfino ad andargli incontro e a impedirgli il passo ballando e cantando oscene canzoni, allora il santo Fratello animato da improvviso e ardente zelo, si fermò e disse: Dunque non la volete finire? Volete avere proprio un gran castigo di Dio? Appena dette queste parole, una di quelle. La più rea e spudorata, come colpita al petto da mano invisibile, stramazzò a terra, diede un grido e morì.
Per tutti questi fatti l’umiltà di Gerardo ne soffriva grandemente, e quasi si vergognava di essere fatto segno di stima e di venerazione. Ma la divina Provvidenza gli venne in aiuto. S. Alfonso, conosciuta l’aura popolare che Gerardo aveva sollevata a Napoli, lo destinò al Collegio di Materdomini, ed egli avutone l’avviso, si affrettò a raggiungere subito la nuova residenza, desideroso di trovarvi la pace e la solitudine a cui tanto aspirava.