Ultimi sprazzi
CAPITOLO XXXIV
Perché l'Arcivescovo di Conza, Mons. Nicolai, desiderava che si ultimasse la costruzione del collegio per avere numerosi missionari da mandar per la sua diocesi, non solo diede a tale scopo una considerevole somma, ma suggerì anche al P. Caione di mandare, per la questua, due Redentoristi laici.
Il Rettore scelse perciò Gerardo come il confratello più adatto allo scopo. Ma ormai il fisico del Santo era minato dalla tisi, ch'egli aveva chiesta al Signore per morire abbandonato, come confidò egli stesso a un confratello e al dott. Santorelli:
-Ho chiesto tale grazia a Gesù, -disse al medico -ed Egli si è già compromesso ...
-Ma perché chiedere la etisia?!
-perché, per evitare il contagio di questa malattia, sarò escluso dalla Comunità e confinato da solo nell'infermeria.
In realtà, la tubercolosi da lui domandata a Dio era fomentata anche dal soverchio lavoro, dalle continue discipline e dall'astinenza, che lo dissanguavano. Subiva inoltre diverse emottisi, di cui non informava i Superiori. Il P. Caione però, nel vederlo così sparuto, era perplesso prima di mandarlo a questuare in luglio. Prima perciò di dargli tale ubbidienza, chiamò a sè il Majella, al quale parlò così :
-Voglio, -disse -a nome della SS. Trinità, che tu stia bene e vada a questuare ... -Ma nel vederlo ilare, soggiunse: -perché sorridi?! -Sorrido, -rispose Gerardo -perché voglio far la s. Ubbidienza di star bene.
Rassicurato da questa conclusione, il Rettore mandò alla questua il Santo insieme con il laico Fiore. Fissato l'itinerario, ciascuno dei prescelti prese la propria strada.
Arrivato a Senerchia, il Majella notò che la gente era angustiata per non poter trasportare da un'altura una pesantissima trave necessaria alla costruzione della chiesa parrocchiale.
-Allegri, miei cari! -disse Gerardo ai popolani. -La chiesa è casa di Dio': Egli penserà quindi a farla ultimare. Andiamo alla montagna!
Arrivato lassù con parecchie persone, invocò l'aiuto celeste; poi, legato con una grossa fune la trave, le disse:
-Nel nome della SS. Trinità, ti comando, o creatura di Dio, di seguirmi!
Dopo queste parole, discese, tra l'ammirazione di tutti,con la trave divenuta leggera come un fuscello.
Mentre poi pregava in chiesa, Gerardo fu visto rapito in estasi e sollevato per l'aria.
Prima di allontanarsi da Senerchia, guarì prodigiosamente la moribonda Meola ricorsa a lui per avere aiuto nella pericolosa circostanza della sua penosa maternità.
Prima di partire verso Oliveto, dove doveva andare, scrisse all'Arciprete di quella località una lettera, che finiva con queste parole: "Voi desiderate conoscere me peccatore ed ecco che il buon Dio sta per compiacervi ".
Ammirato della sua umiltà, D. Angelo Salvadore lo accolse con grande gioia che dissimulò per meglio accertarsi della santità di Gerardo. Costui, appena arrivato alla canonica, domandò all'Arciprete se avesse letta la conclusione di quella missiva.
-Sì, ho letto tutta la lettera e ho considerato che vi firmavate "vostro indegnissimo'"...
E allora?!
. -Allora ho ammirato la vostra umiltà!
-Ma non sono queste le parole più importanti. ..
-Già! Le parole più importanti sono certamente le altre': "Fratello in Gesù Cristo ... "Frase giusta questa, perché siamo tutti "fratelli in Cristo"...
-Anch'io "peccatore'"?!
-Eh, vorrei io essere peccatore come voi. .. - concluse l'Arciprete, mentre lo accompagnava verso la stanza che gli aveva riservata. Quando poi risalì per invitarlo a pranzo, D. Angelo rimase sorpreso nel vederlo in estasi. Dopo di questa, il Santo ringraziò l'Arciprete del cortese invito, ma non accettò, perché spiacente d'incomodar la famiglia.
Mentre, al mattino dopo, andava alla questua con un certo Berilli, nell'incontrare un ragazzo per via, il Majella disse:
-Oh, Dio! Che mostro va crescendo in Oliveto.
In realtà, quel fanciullo, di nome Michelangelo, crebbe così scellerato, da attentar perfino alla vita del proprio padre che, per difendersi da lui, lo uccise involontariamente.
In seguito, l'Arciprete e i suoi familiari, che stimavano santo il Majella, lo spiavano con ammirazione devota, e si convinsero eh' egli fosse "un prodigio "di mortificazione, perché lo vedevano dormire appena per tre ore, mangiare pochissimo e, oltre a ciò, coperto di cilici, flagellarsi a sangue. Anche la sua conversazione edificava tutti, perchè Gerardo parlava di Dio come un teologo e specialmente da santo. Mentre ragionava di argomenti religiosi, il suo viso diveniva radioso come quello di un Angelo. Invitato al riposo dal1' Arciprete, dopo una edificante e meravigliosa conversazione su argomenti di pietà,il Santo disse con un sospiro:
-Oh, Dio! Che miseria è mai la nostra per cui, nel dormire, non possiamo pensare al Signore ...
Passato poi, per la questua, ad Auletta, incontrò uno sconosciuto al quale disse:
-Come puoi tu vivere in pace? Sai di aver commesso un peccato grave (e glielo precisò) e non te ne sei mai confessato? Va', quindi, a confessarti per metterti quanto prima in grazia di Dio ...
Il sacrilego promise di attenersi a quel saggio consiglio, -si emendò e poi perseverò nel bene fino alla morte.
Gerardo guarì poi prodigiosamente un giovane che pativa convulsioni; vista quindi una paralitica immobile su di una poltrona, la chiamò a sè e la sventurata corse a lui come se fosse stata normale.
A quella vista, gli astanti gridarono al miracolo e allora il Taumaturgo si rifugiò dentro la canonica di un certo D. Abbondati; ma perché tutti lo seguivano per acclamarlo quale santo, egli fuggì verso Vietri dove, richiesto di una immaginetta della Madonna da una mondana di facili costumi, gliela diede, ma le disse in tono di ammonimento:
-Preparatevi alla morte, perché vi restano ancora pochi giorni di vita ...
In realtà, la poverina fu assalita da una violenta febbre e quindi, ricevuti i Sacramenti, affrontò con rassegnazione la morte che seguì poco dopo, come le aveva predetto il Majella.