Arriva San Gerardo
Capitolo 2
La nostra vita a Milano era scandita dall'orario scolastico di Filippo. Io mi adeguavo ai suoi ritmi e ai suoi impegni. Badavo alla casa, facevo la spesa, cercavo un lavoro. Esploravo Milano, piano piano imparai a conoscerla e ad apprezzarla. Il fine settimana, quando il tempo lo permerreva, portavo Filippo a visitare qualche posto curioso che avevo trovato. Ma non riuscivo a fare amicizie e questo stava diventando un problema. Mi sentivo sola. Ogni tanto frequentavamo qualche collega di Filippo, ma non mi bastava. Era come se non avessi un ruolo mio, a parte quello di essere sua moglie. E non avevo ancora trovato un lavoro. Confesso che iniziai a demoralizzarmi. Fu in quel periodo che un giorno con la posta arrivò una rivista indirizzata a Filippo: "In cammino con San Gerardo". Non era mai arrivata prima e me ne stupiti. Lì per lì non detti molto peso alla cosa. Pensai che a Milano prendessero nota dei nuovi inquilini e mandassero riviste omaggio sperando di reclutare nuovi abbonati. Non avevo la minima idea di come potessero trovare i nostri nomi e l'indirizzo, ma eravamo sommersi di pubblicità e proposte commerciali. Così la presi e la misi sulla scrivania di Filippo. Poi non ci pensai più. Filippo non fece alcun commento.
La settimana successiva accaddero due fatti che avrebbero rivoluzionato la nostra vita. Ricordo come fosse ieri lo scombussolamento di quei giorni. La paura di non farcela, la gioia immensa e la fiducia che Filippo seppe darmi. Ma andiamo con ordine. Era martedì ed ero in ansia perchè avevo un ritardo di 5 giorni. Con Filippo avevamo in programma un figlio, ma ci sembrava presto. Avevamo deciso di non cercarlo, di stare attenti, ma di lasciare aperta la possibilità di concepirlo. In un anno di matrimonio non ero mai rimasta incinta, possibile che lo fossi ora? Ero inquieta, così andai all'ipermercato e comprai un test di gravidanza. Ovviamente non riuscii a resistere e lo feci subito, appena rientrata a casa. Positivo. Ero incinta. Ero incrdula. Ero felice. Filippo era a scuola, stava facendo lezione e non potevo chiamarlo. Ma non potevo nemmeno tenermi quella notizia per me, non riuscivo. Dovevo dirlo a qualcuno. Chiamai mamma. Era da zia Tonia, stavano prendendo il caffè. Mi fecero festa e mille raccomandazioni. Mamma era felice, sarebbe diventata nonna e non vedeva l'ora. Nel giro di mezza giornata pare che tutta Avellino sapesse già della gravidanza, mi chiamò mia sorella, poi cominciarono ad arrivare messaggi. Iniziai a preoccuparmi che qualcuno si congratulasse con Filippo. Come avrebbe reagito? Ero stata avventata, non avevo messo in conto l'abitudine della mia famiglia di condividere subito tutto. Qui a Milano il mio interlocutore principale era Filippo e non abbondavano di certo notizie e commenti. Non avevo nessun altro con cui confidarmi e una novità così grande non riuscii tenerla per me. Però mi resi conto di essere stata avventata. Avrei dovuto resistere almeno fino all'ora di pranzo e dare la notizia a Filippo per primo. Sperai tanto che nessuno gli dicesse qualcosa, del resto sapevano che la mattina era a scuola. All'una si aprì la porta, Filippo era tornato. Entrò, mi guardò, era perplesso. Disse di aver ricevuto un messaggio strano da zia Tonia, c'era scritto Congratulazioni, speriamo che sia femmina! seguiva faccina sorridente. Non aggiunse altro, si limitò a guardarmi. Ecco, lo sapevo, la frittata era fatta. Lo guardai a mia volta cercando di mantenere la calma e farfugliai Scusa, non ho resisitito... dovevo... Non riuscii a finire la frase che Filippo si mise a saltare intorno al tavolo dicendo Ma allora è vero, è vero, è vero... Sarò padre, sarò padre... Era al settimo cielo, felice, rideva. Dopo quello sfogo di gioia si fermò e mi abbracciò forte. Nessuno può avere idea di quanto fossi sollevata, non si era arrabbiato, anzi. In seguito mi confessò che spesso fantasticava di tornare a casa e trovarmi con la notizia di una gravidanza. Un figlio lo desideravamo tanto. Mi rilassai. Se il mio destino era di fare la casalinga, ok. Alla carriera avrei pensato in un secondo momento. Intanto era un continuo telefonare di parenti e amici di giù.
La novità aveva reso tutti molto comunicativi. Fu in quei giorni che mia suocera, facendomi mille raccomandazioni, mi consigliò di affidarmi a San Gerardo, protettore delle mamme e dei bambini, vedrai che tutto andrà bene. In quell'occasione scoprii che era stata lei a farci avere la rivista sul santo. Era stata a Materdomini e aveva sottoscritto l'abbonamento per la nostra famiglia. Era una gran devota di San Gerardo. Ricordo che dopo quella telefonata sono andata a recuperare il quadretto con l'immagine del santo che era rimasto dimenticato in un cassetto. L'appesi sopra il mio comodino e mi affidai a lui. In quel momento più che mai avevo bisogno di non sentirmi sola e quell'immagine, se non altro, mi ricordava che ad Avellino avevamo una squadra di persone che ci voleva bene. Era un pensiero importante, mi dava sicurezza.
Passarono due giorni, nemmeno il tempo di esserci abituati alla novità della gravidanza, che un altro sconvolgimento irruppe nella nostra vita. Era il giorno libero di Filippo verso metà mattina, mentre stavamo parlando di nostro figlio, proiettati in quel futuro prossimo in cui saremmo stati in tre, suonò il mio cellulare. Ci guardammo e scoppiammo a ridere, avevamo già chiamato le nostre rispettive madri e pensavamo non fosse bastato per metterle tranquille. Erano molto ansiose per questa gravidenza da seguire a distanza. Invece era un numero sconosciuto. Ancora ridendo, risposi. Non ci potevo credere, era la farmacia Gamma che mi proponeva un'assunzione a tempo determinato, 6 mesi, per coprire l'assenza per maternità di una loro dipendente. Ero disponibile per un colloquio quel pomeriggio alle due? Certo che ero disponibile, ero disponibilissima. Chiusi la telefonata, guardai Filippo e lo vidi perplesso, quasi preoccupato. Lo tranquillizzai e gli comunicai la buona notizia. Finalmente avevo un colloquio di lavoro, il primo da quando ero a Milano. Sembrava che le cose stessero prendendo una bella piega. A quel punto mio marito se ne uscì con una frase che proprio non mi aspettavo Ma sei incinta. Sorpesa gli risposi E allora? Per la prima volta da quando lo conoscevo, era emerso un lato maschilista di lui che non sospettavo. Mai l'aveva manifestato o aveva lasciato intendere che considerasse in modo differente l'uomo e la donna. Eppure se ne era uscito con quel
Ma sei incinta.
E allora?
Non dovresti riposare? Riposare?
Premetto che non avevo nessuna esperienza diretta di gravidanza, ma avevo visto molte amiche rimanere incinte e partorire. A parte un caso di gravidanza a rischio della vicina di casa di mia cugina, le altre avevano condotto tutte una vita normale fino alla fine della gestazione. Chi lavorava aveva continuato tranquillamente a farlo almeno fino al settimo mese. La gravidanza è un evento fisiologico per la donna, non è una malattia. Eppure Filippo era in apprensione per quel mio colloquio di lavoro. Gli era scattato qualcosa dentro che l'aveva messo in modalità massima protezione nei miei confronti, non me l'aspettavo. Da un lato ne ero molto lusingata e mi faceva piacere perchè stava dimostrando che mi voleva bene e si preoccupava per me. Dall'altro era una reazione spropositata, non c'era nessun pericolo reale nè per me nè per il bambino. Quel suo atteggiamento mi metteva a disagio, mi faceva sentire costretta, limitata, fragile. Invece io mi sentivo un leone. Ero in salute, ero incinta e avevo un colloquio di lavoro. Non potevo sentirmi meglio.
Finalmente mi avevano chiamata, tutto il mio girovagare per distribuire curriculum non era stato inutile. Non riuscivo a comprendere la reazione di mio marito. Ne parammo. Ne parlammo tanto da dimenticarci di preparare il pranzo. Arrivò l'una e mezza senza che ce ne accorgessimo. Con il senno di poi posso dire che quel giorno fu cruciale per il nostro rapporto di coppia. Un vero e proprio bivio, anche se non ne eravamo coscienti. Filippo faticava a riconoscere che era emerso, istinitivamente, un suo lato irrazionale, maschilista e protettivo nei miei confronti, condito con una buona dose di gelosia. Di fronte alla proposta di lavoro che avevo avuto si era improvvisamente reso conto che negli anni passati insieme, prima da fidanzati, poi da sposati, mi aveva data per scontata. Ero sua e a sua disposizione. Complice anche il fatto che non avevo mai trovato un lavoro, si era abituato ad avermi sempre disponibile, in attesa delle sue telefonate, in sua attesa. Ovviamente era la sua percezione. In realtà io, sì, lo attendevo, ma nel frattempo facevo altro. Negli anni avevo studiato, mi ero laureata, cercavo lavoro, andavo in palestra, vedevo amiche e parenti, insomma avevo una mia vita sociale. Però una cosa è vera, dal suo punto di vista io c'ero sempre per lui perchè, consapevolmente o no, a voler essere onesti, facevo sempre in modo che tutti i miei impegni non si sovrapponessero mai al tempo libero di Filippo. Così non capitava mai che lui chiamasse o venisse a trovarmi e io non ci fossi, non potessi parlare o gli dicessi di ripassare. Solo in poche occasioni gli avevo detto No, mi spiace, oggi ho un altro impegno. Non so perchè lo facessi, sicuramente era inconscio, non ne avevo mai preso coscienza fino a quel giorno in cui abbiamo discusso. Forse anch'io ero vittima inconsapevole di un retaggio culturale maschilista che cercavo di conciliare prendendo i miei impegni, che pure consideravo importanti, in modo tale che non entrassero in conflitto con quelli di Filippo.
Lui faceva lo stesso? Glielo chiesi. Non si era mai posto il problema, sapeva che io c'ero e basta. Di fatto un problema reale non c'era, il punto di partenza per entrambi era che ci amavamo e volevamo passare più tempo possibile insieme. In sè non c'era niente di male, nè che lui prendesse impegni indipendentemente dai miei, nè che io li prendessi tenendo presente i suoi. Non c'era niente di male anche perchè lo facevamo in modo spontaneo secondo quello che erano i nostri caratteri e le nostre esigenze. Il problema stava sorgendo ora perchè lui si era abituato ad avermi a disposizione. Per me era ovvio dargli la priorità, ma davo per scontato che non ci sarebbe stato nessun problema se avessi preso un imegno mio quando lui era libero. Ora ero incinta e avevo un colloquio di lavoro nel giorno libero di Filippo. Ne avevo fatti tanti di colloqui, ma mai nel suo giorno libero, mai quando lui c'era. Forse un pò l'avevo abituato anch'io ad avermi sempre lì vicino.
Era l'una e mezza passata e dovevo avviarmi se non volevo presentarmi in ritardo. Mi preparai con lui che mi seguiva per casa. Sulla porta, mentre stavo per uscire avevo un tumulto di emozioni contrastanti dentro di me perchè la discussione era ben lontana dall'essere conclusa, lo guardai senza dire niente. Mi sorrise dicendo Buona fortuna, preparo qualcosa da mangiare per quando torni. Gli diedi un bacio sulla guancia e uscii. Ero confusa per quello che era successo tra noi, confusa e un pò delusa. Nonostante questo prevaleva la certezza della solidità del nostro rapporto di coppia. Non sarebbe di certo stato un litigio a madarci in crisi, soprattutto ora che si stava realizzando il nostro desiderio di diventare genitori. Già, ero incinta. Avrei dovuto dirlo al colloquio?
Alle due, puntuale, mi presentai in farmacia. Il posto era veramente comodo, una sola fermata di metropolitana da casa. Avevo paura. Mezz'ora dopo stavo tornando a casa, felice. Mi avevano assunta. Era andato tutto benissimo, avrei iniziato la settimana successiva, orario continuato dalle 8.00 alle 15.00, con 45 minuti di pausa a mezzogiorno, per 6 mesi. Sostituivo una farmacista che andava in maternità. A quel punto mi sentii in dovere di comunicare che anch'io avevo appena scoperto di essere incinta. Temevo che questo mi avrebbe penalizzata, ma preferii dirlo. Con mia grande meraviglia la titolare mi sorrise e mi fece gli auguri. In più aggiunse che se dovevo fare analisi del sangue la sua farmacia fungeva anche da punto prelievi, inoltre con l'orario di lavoro che terminava alle 15.00 avrei avuto tutto il tempo per le varie visite. Non mi sembrava vero, era andato tutto liscio. Mi aveva fatto anche i complimenti per il curruculum, presentato mesi prima, che aveva tenuto in evidenza qualora avesse avuto bisogno, come in effetti si era verificato. Con la mia copia del contratto di lavoro in borsa tornai a casa a piedi, felice. Con Filippo si sarebbe risolto tutto, ne ero certa. Non poteva essere altrimenti ora che tutto stava prendendo una piega positiva.
Quando sono rientrata l'ho trovato indaffarato ai fornelli, stava cucinando fusilli con pomodoro e basilico. Non si è accorto subito del mio rientro, era soprapensiero. Quando si è girato e mi ha vista si è spaventato, ha avuto un piccolo sussulto. Poi si è avvicinato, mi ha abbracciata e mi ha chiesto scusa, non sapeve bene nemmeno lui cosa gli aveva preso. Ha detto che sperava mi avessero dato il lavoro, che avremmo affrontato tutto insieme.
Ne è passato di tempo da quel giorno. Filippo ha avuto qualche altro episodio di maschilismo acuto, come li chiamiamo ora quando ne riparliamo, ma ha imparato a riconoscerli. E a controllarsi. Non è stato facilissimo riuscirci perchè ha dovuto lavorare molto sul controllo delle emozioni. Un ruolo decisivo l'ha giocato la sua razionalità e la capacità di analizzare tutto oggettivamente. Io ho imparato a voler bene anche a questo suo lato irrazionale, senza permettere che abbia il sopravvento. Semplicemente so che sono momenti che arrivano e poi passano. Le prime volte discutevamo molto e ci arrabbiavamo, ora è diventato una specie di gioco in cui recitiamo ognuno la sua parte. Consapevoli del nostro amore e della parità su cui si basa il nostro rapporto di coppia. A volerla dire tutta ci siamo resi conto che le prime ad essere maschiliste erano le nostre madri, era inevitabile che qualcosa avessimo assimilato. Quando seppero che, incinta, avrei iniziato a lavorare fu tutto uno scoraggiarmi. Arrivavano telefonate del tipo Ripensaci, Come farai quando ci sarà il piccolino a cui badare..., lo devi allattare..., Siete lì soli..., Qualcuno a casa ci deve essere.... Aiuto. Non sapevo più da che parte girarmi. Tutti avevano un consiglio da darmi, qualcosa da dirmi. Per fortuna Filippo si sforzò di vedere la questione dal mio punto di vista e mi sostenne. Così iniziai a lavorare alla farmacia Gamma, ero molto contenta. Che emozione quando ricevetti il mio primo stipendio, fu molto gratificante. Alla sera arrivavo stanca, soprattutto il primo periodo dove ogni cosa era nuova e avevo tutto da imparare. Ma mi piaceva molto, l'ambiente, le colleghe, i clienti. Essere a contatto con il pubblico mi faceva sentire importante e utile. Finalmente mettevo a frutto i miei studi e potevo consigliare i farmaci giusti da utilizzare. La difficoltà maggiore l'incontrai nella valutazione del problema che ti sottopone il cliente, se può essere risolto con un farmaco da banco o se è meglio che vada dal medico. All'inizio non ero sempre in grado di capire cosa fosse più corretto fare, così chiedevo a una collega. Poco alla volta imparai a valutare le varie situazioni e aumentarono sicurezza e competenza. Fu in quel periodo che Filippo si ritrovava a casa da solo dopo la scuola e prese l'abitudine di preparare da mangiare. Scoprì che non solo cucinare gli piace, ma lo rilassa. Si appassionò e iniziò a dedicarsi alla cucina eseguendo ricette lette su internet, spesso a pranzo si portava avanti e preparava già la cena. All'inizio lo faceva più che altro per farmi una sorpresa, poi ci ha preso gusto ed è diventata un'abitudine. Abitudine che ho apprezzato moltissimo ed è stata molto utile per il nostro ménage familiare quando nacque Martina.