Gli amori di Gerardiello
CAPITOLO III
Appena in grado di capire, il ragazzino fu mandato a scuola dove apprese a leggere, a scrivere, ma specialmente a nutrirsi di una soda pietà. Perciò, al Processo, si asserì che “egli si comportò, fin da ragazzo, come un uomo attempato, perchè aveva meritato il dono di essere santo”.
Studiava con buona volontà; anche perchè aspirava allo stato religioso, ma spesso, invece di andare a scuola, passava alla chiesa, dove si raccoglieva in preghiera, dimentico della lezione. Appena apprese a leggere, si applicò allo studio del catechismo e di altri libri religiosi. Per la sua tenace memoria, imparava tanti e graziosi aneddoti, che poi raccontava ai coetanei per edificarli e indurli al bene. Alieno dai giochi e dalle compagnie clamorose, avvicinava i condiscepoli quasi soltanto per parlar loro di Dio ed esortarli alla virtù.
Infiammato di devozione verso la Eucarestia, Gerardo un mattino fu perfino comunicato da Gesù, come confidò egli stesso a un sacerdote che lo trovò assorto in preghiera presso l'altare.
-Un Bambino -disse -uscito dal tabernacolo, mi ha comunicato. Ora perciò Lo ringrazio ...
Perchè innocente e zelante di rendere partecipi delle sue gioie anche i coetanei, Gerardo li radunava spesso dopo la ricreazione per invitarli ad accompagnarlo alla chiesa di S. Marco, per pregare insieme con essi dinanzi al tabernacolo, dove si cantava anche qualche bella lode.
-Dobbiamo visitare spesso il nostro divin Carcerato ... -diceva loro. -Egli è tanto buono e ci regalerà quindi tanti doni per l'anima nostra.
Il Santino amava inoltre la Vergine, di cui cantava le lodi e a onor della quale recitava devotamente il Rosario. A grado a grado che cresceva in età, offriva alla Madonna anche l'omaggio del digiuno e di altre penitenze. Era così innamorato della Mamma celeste che, andato in pellegrinaggio al santuario di “Mater-Domini” con sua madre, nel prostrarsi davanti alla miracolosa immagine della Madonna, fu rapito in estasi. Mentre gli altri pellegrini sciamavano dal santuario, mamma Benedetta avvicinò il figliuoletto rimasto immobile come una statua. Benchè ella lo invitasse a uscir dalla chiesa, Gerardo continuava a fissare estatico la graziosa immagine, dalla quale non riusciva a distogliere lo sguardo. Con questo segno di materna predilezione, la Vergine gli fece pregustare un saggio delle gioie eterne, al cui conseguimento il Santo sarebbe asceso di là, alla fine del suo breve pellegrinaggio sulla terra, perchè dall'attiguo collegio egli sarebbe volato al Cielo ricco di meriti e onusto di non effimera gloria.
Ma perchè l'amor verso Dio è sempre accompagnato da quello verso il prossimo, Gerardo si sentiva inclinato a beneficare i poverelli che rappresentavano il divin Prigioniero.
Fin da piccino quindi donava il suo scarso pane ai più poveri di lui, contento di sfamarli con suo non lieve sacrificio.
Era anche molto servizievole con tutti e docile verso i genitori. Perchè costoro avevano avuto in custodia un agnello da allevare per una famiglia assai povera, ne affidarono l'incombenza al loro caro figliuoletto, che lo conduceva al pascolo su per i declivi erbosi. Una sera però, mentre il ragazzino era immerso nella recita dell'Ave Maria al suono della campana, un ladro gli sottrasse la mansueta bestiola, che brucava l'erba tenera. Quando la mamma invitò Gerardo a rientrare in casa e non vide più l'agnello, ne andarono ambedue in cerca senza però ritrovarlo. A mamma Benedetta, angustiata di quella perdita anche per la rovina dei poveri proprietari, il figliuoletto disse: -Non temere, mamma, perchè l'agnello ritornerà.
Difatti il ladro, pentito del furto, andò a restituire l'agnello con soddisfazione della famiglia Majella, che altrimenti sarebbe rimasta compromessa dal penoso incidente.