Una nera calunnia e il trionfo dell’innocenza
Capitolo Decimo
Oltre lo spirito e lo zelo missionario che il nostro Gerardo esplicò così itenso e fruttuoso per la salvezza delle anime e la conversione dei peccatori, egli ebbe da Dio un altro apostolato e che i Superiori gli permisero di esplicare, ben conoscendo la sua virtù e il retto e santo fine che lo animava. Nei secoli XVII - XVI1I essendo più viva nel popolo cristiano la fede in Dio, più morigerati i costumi, e più soda la pietà, fiorivano abbondanti nei paesi e nelle città le vocazioni sacerdotali e religiose. I Sacerdoti erano numerosi e quasi ogni famiglia si onorava di averne uno o più: e anche i Conventi e i Monasteri erano popolati di molti religiosi e religiose che vi menavano una vita austera e santa. Accadeva però sovente che molti giovani e giovanette, pur sentendo nell’anima una vera e forte inclinazione allo stato sacerdotale e religioso, venivano impediti di realizzarla per mancanza di mezzi finanziari. Ciò e ra più frequente fra le giovani di famiglie povere, le quali non potendo disporre della dote e del corredo richiesto nei Monasteri, erano costrette a restare vecchi e zitelle, nei propri paesi e famiglie. Ora tante di queste buone giovanette desiderose di consacrarsi a Dio, ma povere e prive della dote richiesta, trovarono in Gerardo un forte aiuto e protezione. Egli avvalendosi della stima che godeva presso tante persone e famiglie che avevano in lui una illimitata fiducia, ora a voce e d ora con lettere si rivolgeva a queste, che sapeva facoltose e inclinate a fare opere buone, e ne otteneva buoni aiuti e offerte di danari; e con questa industria caritatevole aprì le porte dei Sacri Monasteri a un gran numero di pie giovanette, togliendole così dai pericoli del mondo corrotto e corruttore.
Ora trovandosi egli una volta a Lacedonia se gli presentò una giovane a dirgli che sentiva gran desiderio di consacrarsi a Dio, ma che non aveva la dote richiesta per essere ricevuta in un Monastero di Suore. Egli allora , sempre sollecito della santificazione delle anime e sempre pietoso verso i poveri, le raccomandò di portarsi bene e essere ferma nel su o proposito, in quanto poi alla dote c i avrebbe pensato egli stesso. E infatti in quei stessi giorni che si trattenne a Lacedonia perorò la causa di lei presso i ricchi del paese e raccolse duecento ducati sufficienti per l’ingresso di lei ne l Monastero del S S . Salvatore di Foggia, il quale a riguardo di lui fu pronto a d aprire le porte alla giovane aspirante, che aveva nome Nerea Caggiano. Senonchè, essendo di un carattere volubile e non avendo ben considerato il passo che dava e le rinunzie che l a vita religiosa impone, dopo meno di un mese questa voltò le spalle al Monastero e ritornò al paese nativo. Naturalmente genitori ed amici volevano conoscere le ragioni del suo ritorno. Allora lei per giustificare se stessa e non avendo il coraggio dl confessare la sua volubilità e viltà, ne diè la colpa alle Suore del Monastero accusandole di essere molto rilassate e inosservanti della loro regola. E poichè si faceva osservare che quelle erano ben conosciute da Fratello Gerardo ed e gli l e aveva in grande stima appunto per il loro spirito fervoroso, per · la loro vita santa e per le loro virtù. Ah Gerardo, Gerardo ! . . rispondeva, se sapeste chi è Gerardo!... e con queste reticenze cercava di far sorgere negli animi qualche sospetto sulla condotta del santo Fratello, che cominciava a pesarle sul cuore - giacchè, come dice un· antico filosofo - agli ingrati che hanno disprezzati i benefici, la vista del benefattore diventa molesta e odiosa . Ella dunque si sentiva colpevole di ingratitudine verso Gerardo, e avrebbe fatto di tutto per non vederlo più a Lacedonia; e per conseguire tale scopo ricorse alla calunnia, e alla calunnia più esacrabile, cioè in materia d’impurità, e il demonio fu pronto a fargliene inventare la trama, Vi era a Lacedonia un pio e distinto signore chiamato Don Costantino Cappucci, il quale oltre due figlie resesi Suore per consiglio di Gerardo, ne aveva altre due di costumi illibatissimi. Orbene la calunniatrice inventò di sana pianta che una di queste aveva intrecciato illeciti amor i con Gerardo. Propalata questa falsa diceria per il paese, venne all’orecchio di un Sacerdote che era amico di S. Alfonso e amava la sua Congregazione. Ora questi per mettere in avviso i l Santo Fondatore, ordinò alla calunniatrice · di scrivere una lettera a S. Alfonso esponendogli ciò che essa affermava come cosa certa e aggiungendo il tempo, il luogo e le circostanze nelle quali diceva d1 aver veduto il fatto. Accecata dalla passione, la povera infelice scrisse la lettera, e il Sacerdote l ‘accompagnò con una sua nella quale pregava i l santo amico d1 non mandare più in giro per i paesi il F .l lo Gerardo. Era proprio quello che la calunniatrice desiderava . Satana aveva vinto! Letta la lettera, S. Alfonso restò come colpito da un fulmine a ciel sereno! . . Riavutosi dallo sbalordimento, cominciò ad esclamare quasi piangendo: Oh! Gerardo, ed è possibile ? e come hai potuto essere così ingrato a tanto amore di Gesù? Fece subito venire a sè il creduto colpevole, e quando l ‘ebbe davanti, con aspetto grave e senza guardarlo, gli notificò l’accusa fatta contro di lui e gli fè sentire la lettera ricevuta. Ascoltato il rimprovero e 11 capo di accusa, Gerardo si inginocchiò confuso e agghiacciato, e non proferì neppure una parola in sua difesa e ascoltò con profonda umiltà e rispetto la sentenza: Sei mesi di noviziato a Ciorani, la proibizione di ogni relazione con gente di fuori e la privazione della santa Comunione. Ascoltata la sentenza con religioso rispetto, si alzò con volto tranquillo e l’animo calmo. Quello che lo colpì al vivo non fu il dover fare sei mesi di noviziato, nè il restare lontano dalle persone esterne, ma fu l”essere privato della santa Comunione, Ah: la Comunione . . . e come posso privarmene? Come posso stare senza il mio caro Gesù? O Gesù, Voi fuggite da me per il mio poco amore, ma i o n o n vi perderò mai dal mio cuore. Intanto a vederlo così punito e privato della Comunione, alcuni Padri che lo avevano in buon concetto e non potevano crederlo reo di ciò d1 cui era stato accusato, gli consigliavano di giustificarsi col santo Fondatore: No. Rispondeva, vi è Dio ed Egli deve pensarci. Se Dio vuol e mortificarmi perchè devo andare contro la sua volontà? E se a Lui piace di chiarire la mia innocenza, chi meglio di Lui lo può fare? Nondimeno la privazione della Comunione era la spina che trafiggeva il suo cuore. Un giorno un Padre lo pregò di servirgli la Messa: lasciatemi stare gli disse, non mi tentate chè vi strapperei l’Ostia dalle mani. Ma finalmente piacque a Dio di fare apparire in tutto il suo splendore l'angelica purezza del suo Servo. Dopo pochi mesi la calunniatrice caduta gravemente inferma e temendo il giudizio di Dio, rivelò al suo Confessore la sua calunia e che tutto era stato inventato di sana pianta. Questi allora la obbligò a smentirsi e a ritrattarsi come doveva, scrivendo una seconda lettera a S. Alfonso in cui confessava di averlo ingannato sul conto di Gerardo. Quando S. Alfonso lesse questa lettera un lampo di gioia gli brillò sul volto, fece suonare il campanello della Comunità, e quando questa si fu raccolta nella sua stanza: Deo gratias esclamò, Fratello Gerardo è innocente, è un Angelo, benediciamo e ringraziamo Dio! Fatelo venire subito a Pagani.
Quando Gerardo gli fu dinanzi, rabbracciò teneramente, e gli disse: Figlio mio, perchè non mi dicesti una parola in tua difesa ? Ma Padre mio, gli rispose. Come potevo io farlo? Non avete voi ordinato nella Regola di non potersi scusare e di accettare in silenzio le mortificazioni e i rimproveri che vengono dai Superiori? A tale risposta, S. Alfonso si commosse, e pieno di tenerezza lo benedisse dicendogli: Va, figlio mio caro, che Dio ti benedica.