Dio viene incontro all'uomo
CAPITOLO II
6. Che cosa Dio rivela all'uomo?
LA RIVELAZIONE DI DIO
Dio, nella sua bontà e sapienza, si rivela all'uomo. Con eventi e parole rivela Se stesso e il suo disegno di benevolenza, che ha prestabilito dall'eternità in Cristo a favore dell'umanità. Tale disegno consiste nel far partecipare, per la grazia dello Spirito Santo, tutti gli uomini alla vita divina, quali suoi figli adottivi nel suo unico Figlio. (50-53, 68-69)
7. Quali sono le prime tappe della Rivelazione di Dio?
Dio, fin dal principio, si manifesta ai progenitori, Adamo ed Eva, e li invita ad un'intima comunione con lui. Dopo la loro caduta, non interrompe la sua rivelazione e promette la salvezza per tutta la loro discendenza. Dopo il diluvio, stipula con Noè un'alleanza tra lui e tutti gli esseri viventi. (54- 58, 70-71)
8. Quali sono le tappe successive della Rivelazione di Dio?
Dio sceglie Abram chiamandolo fuori del suo Paese per fare di lui «il padre di una moltitudine di popoli» (Gn 17,5), e promettendogli di benedire in lui «tutte le Nazioni della terra» (Gn 12,3). I discendenti di Abramo saranno i depositari delle promesse divine fatte ai Patriarchi. Dio forma Israele come suo popolo di elezione, salvandolo dalla schiavitù dell'Egitto, conclude con lui l'Alleanza del Sinai e, per mezzo di Mosè, gli dà la sua Legge. I Profeti annunziano una radicale redenzione del popolo e una salvezza, che includerà tutte le Nazioni in una Alleanza nuova ed eterna. Dal popolo d'Israele, dalla stirpe del re Davide nascerà il Messia: Gesù. (59-64, 72)
9. Qual è la tappa piena e definitiva della Rivelazione di Dio?
È quella attuata nel suo Verbo incarnato, Gesù Cristo, mediatore e pienezza della Rivelazione. Egli, essendo l'Unigenito Figlio di Dio fatto uomo, è la Parola perfetta e definitiva del Padre. Con l'invio del Figlio e il dono dello Spirito la Rivelazione è ormai pienamente compiuta, anche se nel corso dei secoli la fede della Chiesa dovrà coglierne gradualmente tutta la portata. (65-66, 73)
«Dal momento in cui ci ha donato il Figlio suo, che è la sua unica e definitiva Parola, Dio ci ha detto tutto in una sola volta in questa Sua Parola e non ha più nulla da dire» (san Giovanni della Croce).
10. Quale valore hanno le rivelazioni private?
Pur non appartenendo al deposito della fede, esse possono aiutare a vivere la stessa fede, purché mantengano il loro stretto orientamento a Cristo. Il Magistero della Chiesa, cui spetta il discernimento di tali rivelazioni private, non può pertanto accettare quelle che pretendono di superare o correggere la Rivelazione definitiva che è Cristo. (67)
LA TRASMISSIONE DELLA RIVELAZIONE DIVINA
11. Perché e in qual modo la Rivelazione divina va trasmessa?
Dio «vuole che tutti gli uomini siano salvati ed arrivino alla conoscenza della verità» (1 Tm 2,4), cioè di Gesù Cristo. Per questo è necessario che Cristo sia annunciato a tutti gli uomini, secondo il suo stesso comando: «Andate e ammaestrate tutte le Nazioni» (Mt 28,19). È quanto si realizza con la Tradizione Apostolica. (74)
12. Che cos'è la Tradizione Apostolica?
La Tradizione Apostolica è la trasmissione del messaggio di Cristo, compiuta, sin dalle origini del cristianesimo, mediante la predicazione, la testimonianza, le istituzioni, il culto, gli scritti ispirati. Gli Apostoli hanno trasmesso ai loro successori, i Vescovi, e, attraverso questi, a tutte le generazioni fino alla fine dei tempi, quanto hanno ricevuto da Cristo e appreso dallo Spirito Santo. (75-79, 83, 96, 98)
13. In quali modi si realizza la Tradizione Apostolica?
La Tradizione Apostolica si realizza in due modi: con la trasmissione viva della Parola di Dio (detta anche semplicemente la Tradizione), e con la Sacra Scrittura, che è lo stesso annuncio della salvezza messo per iscritto. (76)
14. Quale rapporto esiste fra la Tradizione e la Sacra Scrittura?
La Tradizione e la Sacra Scrittura sono tra loro strettamente congiunte e comunicanti. Ambedue rendono presente e fecondo nella Chiesa il mistero di Cristo e scaturiscono dalla stessa sorgente divina: costituiscono un solo sacro deposito della fede, da cui la Chiesa attinge la propria certezza su tutte le verità rivelate. (80-82, 97)
15. A chi è affidato il deposito della fede?
Il deposito della fede è affidato dagli Apostoli alla totalità della Chiesa. Tutto il popolo di Dio, con il senso soprannaturale della fede, sorretto dallo Spirito Santo e guidato dal Magistero della Chiesa, accoglie la Rivelazione divina, sempre più la comprende e la applica alla vita. (84, 91, 94, 99)
16. A chi spetta interpretare autenticamente il deposito della fede?
L'interpretazione autentica di tale deposito compete al solo Magistero vivente della Chiesa, e cioè al Successore di Pietro, il Vescovo di Roma, e ai Vescovi in comunione con lui. Al Magistero, che nel servire la Parola di Dio gode del carisma certo della verità, spetta anche definire i dogmi, che sono formulazioni delle verità contenute nella Rivelazione divina. Tale autorità si estende anche alle verità necessariamente collegate con la Rivelazione. (85-90, 100)
17. Quale relazione esiste tra Scrittura, Tradizione e Magistero?
Essi sono tra loro così strettamente uniti, che nessuno di loro esiste senza gli altri. Insieme contribuiscono efficacemente, ciascuno secondo il proprio modo, sotto l'azione dello Spirito Santo, alla salvezza degli uomini. (95)
LA SACRA SCRITTURA
18. Perché la Sacra Scrittura insegna la verità?
Perché Dio stesso è l'autore della Sacra Scrittura: essa è perciò detta ispirata e insegna senza errore quelle verità, che sono necessarie alla nostra salvezza. Lo Spirito Santo ha infatti ispirato gli autori umani, i quali hanno scritto ciò che egli ha voluto insegnarci. La fede cristiana, tuttavia, non è «una religione del Libro», ma della Parola di Dio, che non è «una parola scritta e muta, ma il Verbo incarnato e vivente» (san Bernardo di Chiaravalle). (105-108, 135-136)
19. Come leggere la Sacra Scrittura?
La Sacra Scrittura deve essere letta e interpretata con l'aiuto dello Spirito Santo e sotto la guida del Magistero della Chiesa, secondo tre criteri: 1) attenzione al contenuto e all'unità di tutta la Scrittura;
2) lettura della Scrittura nella Tradizione viva della Chiesa; 3) rispetto dell'analogia della fede, cioè della coesione delle verità della fede tra di loro. (109-119, 137)
20. Che cos'è il cànone delle Scritture?
Il cànone delle Scritture è l'elenco completo degli scritti sacri, che la Tradizione Apostolica ha fatto discernere alla Chiesa. Tale cànone comprende 46 scritti dell'Antico Testamento e 27 del Nuovo. (120, 138)
21. Quale importanza ha l'Antico Testamento per i cristiani?
I cristiani venerano l'Antico Testamento come vera Parola di Dio: tutti i suoi scritti sono divinamente ispirati e conservano un valore perenne. Essi rendono testimonianza della divina pedagogia dell'amore salvifico di Dio. Sono stati scritti soprattutto per preparare l'avvento di Cristo Salvatore dell'universo. (121-123)
22. Quale importanza ha il Nuovo Testamento per i cristiani?
Il Nuovo Testamento, il cui oggetto centrale è Gesù Cristo, ci consegna la verità definitiva della Rivelazione divina. In esso i quattro Vangeli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni, essendo la principale testimonianza sulla vita e sulla dottrina di Gesù, costituiscono il cuore di tutte le Scritture e occupano un posto unico nella Chiesa. (124-127, 139)
23. Quale unità esiste fra Antico e Nuovo Testamento?
La Scrittura è una, in quanto unica è la Parola di Dio, unico il progetto salvifico di Dio, unica l'ispirazione divina di entrambi i Testamenti. L'Antico Testamento prepara il Nuovo e il Nuovo dà compimento all'Antico: i due si illuminano a vicenda. (128-130, 140)
24. Quale funzione ha la Sacra Scrittura nella vita della Chiesa?
La Sacra Scrittura dona sostegno e vigore alla vita della Chiesa. È, per i suoi figli, saldezza della fede, cibo e sorgente di vita spirituale. È l'anima della teologia e della predicazione pastorale. Dice il Salmista: essa è «lampada per i miei passi, luce sul mio cammino» (Sal 119,105). La Chiesa esorta perciò alla frequente lettura della Sacra Scrittura, perché «l'ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo» (san Girolamo). (131-133, 141)