15 Gennaro
SAN MAURO ABATE
Uno de' più illustri discepoli del patriarca san Benedetto si è certamente san Mauro, proposto a cenobiti come luminoso esemplare della più perfetta obbedienza e religiosa osservanza. La di lui vita ci vien descritta da Fausto discepolo anch'esso di san Benedetto, e compagno di san Mauro medesimo (I). San Gregorio Magno (2) ne ricorda i miracoli e le virtù ne' suoi dialoghi, dai quali fonti perciò raccoglieremo quanto può narrarsi di più importante ed autentico intorno alla di lui istoria.
Nacque san Mauro di nobilissima famiglia romana. Il suo padre era senatore per nome Equizio, e la sua madre chiamavasi Giulia. Null'altro ci vien ricordato delle qualità e delle virtù de' genitori, se non che il giovinetto Mauro fu dal padre consegnato alla cura e disciplina di san Benedetto.
Ma questo solo basta per conoscere lo zelo e la premura in ben educar la prole, dovere essenziale de' padri e delle madri; dovere, di cui se sempre è necessario l'adempimento, molto più negli anni piì1 teneri e nello sviluppo della ragione viene caldamente inculcato, affinchè i figli. succhino col latte la religione. Perciò molta lode si dee a Equizio, il quale oltre all'aver nel paterno tetto educato cristianamente il suo diletto figliuolo Mauro, ne cercò anche la perfezione allontanandolo dai pericoli del mondo, e consegnandolo a san Benedetto. Questo glorioso patriarca in que' secoli tenebrosi era il luminare inviato da Dio a instituir nell'occidente la monastica disciplina, che già in oriente avea lumeggiato tanto prodigiosamente. Ora il grido e la fama, che per tutto diffondeasi delle virtù e della dottrina di sì illustre santo, mosse Equizio a porlo sotto la di lui disciplina in età di dodici anni, persuaso che miglior maestro rinvenir non potea. Tale era la opinione universale, in che tenuto era san Benedetto, per cui crescevano sempre più i di lui discepoli; que' discepoli che formano i più rigogliosi rami di quell'albero, che tra le cenobitiche famiglie è il piii antico, florido, e decoroso alla chiesa, come si dirà nella vita
Se devesi tanta lode al padre di Mauro per la ottima scelta di tanto maestro quanta non se ne dovrà al docile figIio? Egli volonteroso lasciò subito gli agi, le ricchezze, e quanto prometteagli la sua inclita e doviziosa famiglia, per consacrarsi a Dio nel ritiro monastico. Anzi dobbiamo presupporre, che avesse già dato non equivoci segni di questa sua vocazione colla ingenua pietà, co' candidi costumi, collo spirito di orazione e di mortificazione, da cui potevasi agevolmente presagirne la futura riuscita. Infatti non tardò punto a distinguersi tra tutti i suoi coetanei nell'esercizio delle virtù evangeliche, nella esattezza de' doveri monastici. Ammirabile era la sua povertà, la sua umiltà, la semplicità del vivere, e in tutte le sue operazioni traluceva un cuore pieno di santo fervore, infiammato di carità, e solamente studioso di tendere continuamente alla religiosa perfezione. Custodia de' sensi, austerità discreta, silenzio esattissimo, orazione incessante, aspro cilicio, rigoroso digiuno, prontissima obbedienza, erano le sue predilette occupazioni, colle quali si meritò ben presto l'affetto del santo patriarca, e la stima di tutti i cenobiti, a' quali era proposto siccome luminoso modello, talchè san Benedetto volle chiamarlo a parte del regime, perchè dirigesse gli altri nelle vie della santità. Ma l'umiltà, a cui è solo concessa l'esaltazione vera, in tanto g-Ii permise di accettare il governo de'monaci, in quanto era obbedientissimo, giacchè l'obbedienza e l'umiltà sono indivisibili compagne. D' altronde Mauro volle rimanere nella più sicura via della dipendenza e soggezione, seguitando sempre il suo insigne precettore, ascoltandone i consigli, e imitandone fedelmente le virtù.
Celebre è il miracolo che operò Iddio a manifestazione della santità del maestro e del discepolo. Un cotal giorno trovandosi intorno alle sponde di un lago, Placido, altro giovine discepolo di san Benedetto, cadde nell'acqua, ove già era per affogarsi, quando Benedetto comandò a Mauro, che immantinente corresse per liberarlo. Mauro unicamente applicato alla obbedienza, null'altro considerando, si avviò sollecito camminando sull'acqua rapida e profonda, ne estrasse Placido, e felicemente lo ricondusse alla riva, dove conosciuto il prodigio diede luogo a una edificante . contesa, attribuendolo cioè alla santità del suo maestro, e questi alla obbedienza del suo scolare. Così operano i santi, i quali cercano sempre di nascondersi in ciò, che loro apportando onore, può somministrar materia di orgoglio e di superbia, il cui alito è talmente sottile e velenoso, che giunge perfino a macchiare le operazioni pìù sante, se prontamente non accorre la vigile umiltà, a cui è dato di salvare l'anima dall'onde e dal naufragio.
Questo miracolo che, come nota san Gregorio, è il primo che ci ricordi quello avvenuto nel lago in cui camminarono a piedi asciutti Gesù Cristo e san Pietro, servì efficacemente per consolidare le fondamenta del novello ordine benedettino e de' seguenti, giacchè avendo il cielo autenticato in tal guisa la obbedienza, dichiarò quanto questa virtù, che è il vincolo della monastica disciplina, sia a Dio accetta e all'uomo salutevole.
San Benedetto però savissimo direttore non cessò di vigilare sulla condotta di Mauro, quantunque ne conoscesse i santi costumi. Imperciocchè ben' ei sapeva in quanti difetti occulti e non avvertiti può cadere il giusto medesimo, specialmente ne' più verdi anni. Perciò lo ammoniva in tutto ciò che vede a men retto e men santo, e queste riprensioni e questi ammonimenti erano appunto quello, che avidamente desiderava Mauro, il quale aborriva la lode come pericoloso inciampo, e tenea cari gli avvisi come salutiferi fonti di perfezione. Avvenne pertanto, che Mauro cadesse in qualche umana compiacenza per la morte di Fiorenzo acerrimo nemico di san Benedetto.
Questo malvagio prete avea perseguitato in modo il santo patriarca, che lo costrinse ad abbandonar il monastero di Subiaco, e partirsi nascostamente. Ma il Signore che riconosce come fatti a sè gli affronti, co' quali gli empi affliggono i suoi servi, punì ben presto il misero ed infelice Fiorenzo, che rimase schiacciato sotto le rovine della sua stanza. Mauro subitamente ne portò la notizia al fuggitivo maestro, manifestandone forse alcun compiacimento. Il virtuosissimo patriarca gemette altamente a tale annunzio per due motivi, uno per la morte di quello sciagurato, l'altro per veder nel suo discepolo il mancamento di carità, che deesi portare anche a' nemici.
Il primo fu oggetto di lagrime, chè non vi era rimedio: il secondo di zelo paterno. Perciò impose a Mauro severissima penitenza per quella debolezza, ricordandogli l'evangelico precetto della dilezion de' nemici, e insegnandogli a interessarsi per lo vantaggio di coloro che ci perseguitano , e a non mai compiacersi delle loro disgrazie. Docilissimo Mauro eseguì la penitenza ingiuntagli, e conoscendosi perciò sempre più bisognoso delle instruzioni di sì grande institutore, lo volle seguitare a Monte Cassino, giacchè non potè persuaderlo a ritornare in Subiaco.
In Monte Cassino ritrovò nuovo e spinoso campo in cui versare apostolico sudore. Imperciocchè non era ivi ancora estirpata la idolatria, e tanti ciechi vi veneravano Apollo, commettendo tutte quelle nefandità che accompagnano quel mostruoso errore. Tutto si adoperò il novello atleta al fianco del suo valoroso duce , per abbattere e distruggere il regno di Satanasso, finchè riuscirono nell'intento. Il tempio di quella falsa deità fu convertito in chiesa al vero e unico Dio, e i costumi di gentileschi divennero cristiani.
Ora mentre insieme si affaticavano per la gloria 'di Gesi1 Cristo con sì felici successi giunsero in Monte Cassino alcuni deputati inviati da Innocenzo vescovo di Mans verso l'anno 51,.2 per ottenere alcuni religiosi figli di san Benedetto, affinchè potessero fondare nella sua diocesi un monastero soggetto alla medesima regola. Ben conosceva quel zelantissimo vescovo quanto utili siano le comunità religiose alle province cristiane, essendo come destinate a conservar quanto ha il cristianesimo di piì1 prezioso e santo nelle virtù evangeliche. San Benedetto volendo secondare i pii desiderii si avvisò, che miglior soggetto rinvenir non poteasi che il suo fido Mauro, che scelse perciò con altri esemplari religiosi. Era ormai tempo che anch'esso, seguendo le vestigia del glorioso maestro, procurasse di propagare in qualità di precettore quella' santa regola che fu composta in Monte Cassino. Benchè dura giungesse, al suo cuore l'amara separazione da san Benedetto, pure prevalse la virtù dell’obbed1enza, come in san Benedetto prevalse lo impegno di ampliare la gloria del Signore inviando lontano da sè sì amabile discepolo, che già era da' monaci considerato come colui, che dovesse un giorno succedere al santo patriarca.
Giunto in Mans insieme con altri zelanti religiosi trovò morto Innocenzo onde non potè più erigere il desiderato monastero; ma Iddio, i cui pensieri sono diversi da quelli degli uomini, dispose altrimenti di quella missione. Mauro si portò immediatamente nell'Angiò, e col favore e soccorsi del re Teodeberto gettò le fondamenta della tanto celebrata badia di Gianfeuil, che ora dal suo nome chiamasi san Mauro della Loira. Questo è il primo monastero dell'ordine benedettino in Francia, che egli governò fino all'anno 581 con quella saviezza e prudenza che tanto lo resero amato e venerato. Ma il suo animo desideroso della contemplazione e della pace, che non tanto facilmente può godersi da chi presiede all'altrui regime, lasciato nella carica per successore il suo discepolo Bertulfo, si rinchiuse in un'angusta solitudine per vivere così totalmente lontano da ogni distrazione, e occuparsi del grande affare della salute eterna. Ivi menò vita ag'elica finchè o , avendo conosciuto avvicinarsi l'estremo giorno, fattosi portare in chiesa, e ricevuto con mirabil divozione il santissimo Sacramento, steso sopra il suo cilicio dormì tranquillamente nel Signore il dì 1 5 gennaro dell' anno 584.
Fu sepolto all'altare della chiesa di san Martino inclusavi entro una scrittura in pergamena, in cui attestavasi, esser quello il corpo di Mauro monaco e diacono, con altre notizie relative alla sua venuta in Francia. Grandissima era la venerazione de' popoli inverso quelle sante reliquie, che pel timore di perderle per qualche scorreria de' Normanni , nel nono secolo furono trasportate presso i Benedettini di san Pietro ai Fossati due leghe distante da Parigi, da dove vennero traslocate nella badia di san Germano de' Prati in un'urna molto preziosa. Però in Monte Cassino si venera un braccio del santo, e altre parti del capo si trovano in varie chiese. Quello che più interessarti dee, o saggio lettore, nella vita di sì gran santo, si è la premura che ebbe della sua eterna salvezza. Benché tra lo splendor de' miracoli e delle virtù aver potesse una morale sicurezza di salvarsi, pure abbandonò anche il governo, e rinserrossi in solitario e alpestre antro per attendere unicamente a sì gran fine. E tu avvolto in mille cure, lacerato da tanti desiderii, distratto da tanti affari, come non ti risolvi una volta di pensar seriamente al gran viaggio della eternità?
(DEL P. M, GIACINTO DE-FERRARI DE' PREDICATORI)