30 Gennaro
SANTA MARTINA VERGINE E MARTIRE
La memoria della vergine e martire santa Martina che si venera in questo giorno, nel martirologio romano, e in que’ di Beda, Usuardo, e Adone trevirese è rapportata al dì primo dell’anno. Gli atti di questa santa comecché non per ogni parte lodati ai Bollandisti, furon per essi da antico codice dell’imperial monistero di san Massimino in Treviri trascritti, e riscontrati col Surio e con più altri scritti a mano si trovarono per poco raffrontare in tutto con quelli di santa Taziana di cui si menziona al 12 di questo mese; intantochè t’interverrebbe sospicar di leggieri non fosse a Taziana e Maratina fossero una cosa. Ed ora potè quindi divenire per avventura, che di quei di dierono appresso de’ leggendari scritti con bastante avvedimento, taluno si passi al tutto di santa Martina, e tal altro te ne dica poco meno di nulla. Ma se di là mai venia loro lo scrupolo, donde per cotale medesimezza di prodigi e di passione l’una di queste sante all’altra si ravvicina, mostra per fermo non aver essi mirato a ciò che il Bollando notava agli atti di santa Prisca sotto il 18 Gennaio, la quale ed ella colle due soprannominate s’imparenta per forma, che, tranne il divariare del tempo, per tutt’altro sai distinguerla appena: ed è, che “quello non de’ poi confessori di Cristo; siccome non è a negare altresì che la onnipotente bontà di Dio potea co’ suoi servi adoperare e medesimi e diversi, giusta suo piacere, i mezzi del conforto e gl’indizi della vittoria”.
Il perché a me che mi tengo buona questa ragione ch’ebbesi pur tale da uomini siffatti, non acceade mo sottilizzare avanti; e quale m’è dato leggere da scritti per antica e per nuova autorità riputati, tale qui io reco in mezzo al martirio di santa Martina, tuttoché non così alla distesa; nol sofferendo quella brevità, cui di servire è bello. E non pertanto si volea preporre tutto il qui sopra, ad acquetare qual fosse di que' cotanto schifiltosi, i quali, a profferir cosa che lor non appaia d'ogni parte stravera, ti arricciano il naso alla bella prima, e per ben dire che tu faccia appresso, incagliano dispettosamente sul niego. E discendiamo al proposito. Martina vergine romana per nobilezza di natali e per dovizia di stato chiarissima, pressoché fanciulla ancora piangeva la perdita d'entrambi i genitori: però nella confidenza tantosto si racconsolava del Padre comune, che nelle scritture è dell'orfano chiamato sollecito aiutatore. Venula a matura giovinezza, de' molti averi onde arricchiva, non a lautezza mica di vita, secondochè le più volte incontra sconciamente, ma sì ne usò solo ai bisogni rilevare de'povcrclli, e a terger non richiesta la lagrima della vedova e del pupillo. Disdegnando sposo terreno invaghì del celeste Amatore e precinta i lombi della fortezza de' pochi si offerse al ministero della casa di Dio, dove levata a grado di Diaconessa intendea continuo ai doveri di un' operosa pietà. Ora di que'dì reggeva Alessandro l'impero di Roma, il quale pognamo non promulgasse diffinita persecuzione contro a' cristiani (2) , niente però di meno e' non ristava a tempo dato di servire alle natie superstizioni, e mostrare sopra i seguaci del Nazareno quella conosciuta fierezza, onde venne a diritto soprannomato Severo. Adunque nell'anno quarto di lui imperatore, se acconciamo fede a ciò che legge il Baronio da un manoscritto della Vallicella, mentr'ella se ne stava alla chiesa fu presa Martina per un Vitale, Basso, e Caio cortigiani imperiali, i quali dissero a lei: » il signore del mondo Alessandro onora te siccome quella che se' per romana nobiltade riguardata, ed ha commesso che tu faccia suo desio, e di voglia offerisca ad Apollo ». E Martina rispose: «dove io m'abbia a Dio alcun poco accomandata, ed io vorrò ad una con voi allo imperadore>: e fattasi brieve tratto in orazione, si levò quindi tutta spedita e lietissima, e venne e fu menata dinanzi ad Alessandro, al quale già era precorso chi gli dinunziasse come ella venia presta al piacere di lui, e niente si rifiutava di sacrificio offerire: agli Dei. L'imperatore pertanto al comparir primo che gli fece Martina” conciossia, disse, che tu sei d'animo ingenuo e liberale, or ti prepara a sacrificare ad Apollo, e ne verrai per me rimeritata di onori grandissimi,, Ed ella a lui: «tu e i sacerdoti di Apollo, e quanti ha adoratori di lui ne verrete meco al tempio, e vedrete di presenza quanto benevolmente il santo e sommo Iddio il sacrificio accorrà delle mie mani «Allora (che non intesero cotesto parlare di Martina) muovono sfacciatamente al tempio del nume, e insieme pur grande una pressa di popolo spettatore; e quivi mentre intendevan tutti a quello farebbe la vergine cristiana , ecco ella ristà alquanto nel mezzo del luogo, e segnatasi di croce si compone tutta e ricoglie alla divota preghiera il suo labbro non muove parola, ma la voce del cuore già è salita al Potente, che di un guardo commuove la terra, che accenna alla folgore e va. - Piena dunque Martina del Dio che sente, leva in cielo ad un tratto lo sguardo e le mani, e in quell' aria d'impero in che parve divina chiamò il tremuoto e la saetta, e di colpo fu l'idolo rivesciato e sfatto, e gran parte del tempio con danno di molti, e nello spaurimento universale scoscese e ruinò. Di che l'imperatore crucciato forte fè schiaffeggiare la santa vergine, e con raffi di ferro scarnire intorno alle palpebre spietatamente: appresso comandò che levata in alto fosse con dei cocci taglienti per tutte membra stracciata; e di presente fu fatto: ma quando venia così fieramente martoriata, ella fissando il cielo soavemente, «benedetto sia tu» disse» Cristo Gesù mio Signore, che di tua grazia sei largo con qualunque si confida in te: ed ora inchinati al mio priego, e dammi al sofferire fermezza; e costoro che sì tormentan me, tu benigno e pietoso li rivolgi a te”. In questo mezzo piovve d'alto una luce sovra i carnefici che stramazzarono di fatto; ma lor penetrato addentro quel raggio che gl’investiva al di fuori, essi si rizzarono tropp’altri da quelli che caddero; rinnegata la superstizione del gentilesimo, confessarono il nome di Cristo; e raffermati per la parola di Martina offeresero il capo alla scure, e finirono gloriosamente(2). Il dì dappresso è riprodotta la santa vergine avanti l'imperatore; il quale proponendole da capo sacrifica agli Iddii, come vede di non profittare a parole, ed ei si consiglia potere con fatti: perché rimette mano a' tormenti; e Martina ignudata delle vesti e sospesa della persona viene con affilate coltella tutta di capo a piè crudelmente frastagliata: ma un subito splendore e soave come il velo dell'iride intornia la santa negata al guardo dei profani; mentrechè dalle molte ferite, quasi al candore significare dell' anima immacolata, largo fluisce bianchissimo latte, e gratissimo muove un profumo d'ogni più nuova fragranza. E per tutto ciò quel tristo di Alessandro non rimette punto di sua fierezza: che perversando anzi tuttavia, fattala innanzi distendere in su c1uattro pali, e per sette centurioni, che si avvicendarono alla spartita, dispietatamente flagellare, lasciò la santa Vergine in mano a un cotal Giustino prefetto; il quale le sopraggiunse cento altri strazi, da lei pur tutti colla maggiore costanza portati; e quindi fe' alla carcere rimenarla con disegno di novella barbarie pel dì vegnente.
Per tanto ei venne di notte all'imperatore, e gli persuase, c'oggimai essendo persa ogni via di svolgere Martina, si volea al tutto condannarla alle fiere. Ed ecco in fatto al dimane è prodotta la martire all'anfiteatro; e in mezzo alle grida di un popolo ubriaco le è contra lasciato efferatissimo lione: questo in un ruggito orrendo stanò precipitando alla prima co'velli ritti e con occhi di brace; ma vista appena la santa, in un tratto ammansì; e venutole da presso, della lingua careggiandola e della coda fioccosa, le rimostrava secondo suo modo riverenza ed amore. E né per questo pure il tiranno non rinsavì: egli ingiugne appresso che fattosi fuoco grande, vi sia tosto ad arder gittata la vergine cristiana: e già crepitando salian le fiamme altissime, e Martina v'era stata entro cacciata, quando il cielo si ruppe improvviso a un piover dirotto, e insieme un turbo veemente tutto sbaragliando quell'incendio allo 'ntorno, buon numero de' circostanti incenerì, la santa vergine illesa lasciata pur di un capello. Ma quel cieco imperatore non fessato Dio di Martina, sì a magica incantagione, conforme a' gentili usto era, e questa e ogn' ltra meraviglia riputando, avvisò nella chioma di lei dover tutto il forte nascondersi di quel cotale affatturamento; e imperò falla dicalvare, e quindi a lei così rasa insultando come d'ogni virtù dispogliata sia, comanda che per tre dì venga sola rinchiusa nel tempio di Giove, ripromettendosi di questo suo fatto la migliore riuscita. La santa vergine vi passò tutto quello spazio nella lode di Colui ch'è la fortezza de' martiri; e presentendo vicino la palma della vittoria, già letiziava nel compiacimento di quell’ora, in che bella della gemina stola si disposerebbe all'Agnello ucciso fin dall' origine del mondo, e raggiunta al coro delle vergini seguaci, a lui con esse intuoneria la canzone, cui non canta chi seppe di carnale voluttà. Adunque estratta Martina e trovata, oltra quello si aspettava, fermissima del suo proposito, è senza indugio sentenziata nella testa, e al luogo affrettata del suo martirio. Quivi la benedetta piegò in un sorriso di speranza il bianchissimo collo al ferro del carnefice; e cadde come il giglio del campo sotto la verga del pastore villano. In quella fattasi di cielo una voce che lei alla corona invitava della moltiforme passione, la città tremò tutta quanta, e de' gentili sopra a due mila discredetter l'errore, e si voltarono a Cristo. Il corpo della santa martire collocato nella confessione dell'antica sua chiesa, dove rincontro al carcere mamertino si avvalla il Campidoglio, fu sotto Urbano VIII rinvenuto in uno con que' de' santi Concordio, Epifanio e compagni martiri; e nel luogo istesso, comecchè a migliore appariscenza condotto, si onora anco al dì d'oggi in quella Roma, che dalla caduta superbia dei Cesari passò ad esser più bella inchinata sulle tombe dei forti, che del sangue testimoniarono in faccia alla terra la divinità del Crocifisso risorto.
Martina nel fiore degli anni e signora, di sé, non piega all'aura del secolo; fa lieti i poverelli delle sprezzate ricchezze; insordisce alla lusinga dei sensi; e offertasi a Dio, combatte e muore per lui. All'età nostra le più delle donzelle cristiane sotto l'occhio de' propri genitori crescono dalla divozione straniere; sorridono anzi tempo all'incanto di giovinezza; dimezzano il patrimonio per lusso smodato; e disciolte alla vanità della vita son fatte inciampo e ruina alli molti. Il lontanarci dall'antico fervor della fede, dalla santità ne lontana degli antichi costumi. Se avverrà che il mondo rivegga mai la pietà primitiva , egli sarà allora del tutto divezzato dall' usare presente Ma Gesù Cristo per la frase di Paolo è ieri ed oggi:riguardi egli ai meriti di santa Martina, e tolti al coustume di oggi ci ritorni alla fede di ieri.
(DEL P. TEODORO DI MARIA SS/MA CARMELITANO SCALZO