21 Gennaro
SANT’AGNESE VERGINE E MARTIRE
Molti e grandi sono gli encomi che della illustre vergine e martire Agnese mandarono alla posterità i santi padri e dottori, e precipuamente Girolamo ed Ambrogio che intorno alle sue gesta più si diffusero. Fra tante invitte matrone e donzelle che illustrarono i primi secoli della chiesa, quanto perseguitata in allora altrettanto ricca madre d'innumerabili eroi cristiani, chiarissimo risplende il nome di tal verginella che in sul cadere del terzo secolo incontrò per la fede di Cristo il martirio, imperando il crudelissimo Diocleziano. Distinta essa per nobiltà e per ricchezza, bellissima della persona, sul primo fiorire della età, per nulla ebbe siffatti pregi che tanto il mondo suole ammirare e di cui senza posa va in traccia, e solo intese a far sì che fruttificassero nel suo animo ben disposto i semi d'ogni bontà che per tempo vi sparsero i pii genitori. E così corrispose alle ottime istituzioni ed agl'impulsi della grazia che precoce in lei operava, che appena contando il secondo lustro erasi già innalzata a matura virtù, e quasi a perfezion consumata.
L'ingenuo suo cuore cominciò sin d'allora ad invaghirsi per modo della bella verginità, che solo allo sposo delle vergini stabilì consecrarsi. Intanto la fama di sua rara bellezza, avvegnachè fanciulla di soli tredici anni, erasi diffusa tra la romana gioventù, e molti già per lei sospiravano, molti ambivano di ottenerne la destra. Ma sovra ogni altro di lei perdutamente si accese un distinto giovane, che da qualche antico scrittore vuolsi fosse Procopio figlio del governatore della città, e propose ad ogni costo di averla in isposa. A vuoto andarono però le sue inchieste e le adoperate lusinghe : invano con sontuosi doni cercò egli dapprima allettarne la femminil vanità, e farle quindi manifesta la sua viva passione, che vide il tutto ricambiare con un rifiuto , dichiarando la vereconda donzella essere a divino sposo già la sua fede impegnata. Colpito quasi da folgore lo sciagurato divampò di sdegno mentre pur divampava cl' amore, e tosto al prefetto accusò Agnese come cristiana. Questi, fattala a sé chiamare , all' aspetto di sua non comune avvenenza e di suo nobil contegno che era testimone dell'alto lignaggio, con accoglienza rispettosa ed onorevole l'intertenne sul bel principio, e si diede a mostrarle come per gl' imenei di Procopio splendida sorte incontrando fra gli agi e gli onori, più che mai avrebbe sfolgorato di sua bellezza nella capitale del mondo; che dunque per lo suo meglio a sì felici nodi consentire si persuadesse: tantosto poi le espose come facea d'uopo rinunciasse ad una religione dagl’imperiali decreti fulminata e proscritta. La fermezza della fanciulla punto non vacillò né alle false blandizie, né all'empio cenno di un potente, che vuole quando consiglia, e che assai cara può far costare la inobbedienza; e con modesta fermezza ricusò quelle nozze, a celesti sponsalizie ripetendo avere sé stessa già consecrata; e dichiarò non conoscere altro Dio che quello unico e trino dei cristiani a cui solo è dovuto l’adorazione l’omaggio come creatore del tutto . Sopraffatto Sofronio (che tale del prefetto era il nome) dalla inattesa risposta, e cangiando l' aspetto mansueto e gentile nel fosco cipiglio di un tiranno, fe' caricare la verginella di catene intimandole prepararsi per lei mille atroci supplizi , ove ostinata negasse di sacrificare agli dei. Si vide allora sotto il gravame di pesanti ferri oppresso quel corpicciuolo quasi ancor puerile, ma grande e libero lo spirito non si piegò per paura alle altrui voglie malvagge; ché raddoppiò di coraggio e di costanza Agnese, e lieta non che prontissima si addimostrò d'incontrare ogni strazio pria che apostatar dalla sua fede. Ecco dunque arrecarsi i cavalletti, gli eculei, e mannaie, gli unghioni di ferro, e quanto la crudeltà degl’idolatri seppe inventare ad altrui tormento: gemono di compassione e di ribrezzo .i circostanti vedendo per sì vaga e sì tenera verginella prepararsi in tanto crudele e moltiplice aspetto la morte; ma non si sgomenta o smarrisce la generosa, e trasportata innanzi all'ara degl'idoli per ivi bruciare profano incenso, alza invece la mano in vista dell'affollato popolo a segnarsi della croce con onta e scorno degl' idoli stessi cui si pretendea che adorasse. Quali più dure prove però non dovea sostenere quel cuore purissimo ed innocente! Ben si conobbe che a vincere tanta costanza nulla valea l’apparecchio dei supplizi e della morte stessa, e con infernale divisamento pensò il perfido magistrato che per avventura più d'ogni altra minaccia scosso avria la pudica fanciulla il rischio di perdere il suo candore. Le intima pertanto che tantosto verrà tradotta ed esposta, peggio che a belve feroci, agl’insulti di libera gioventù in luogo di prostituzione, se ancora ostinata ricusi obbedire. Atterrita Agnese, ma non vinta dalla orribil minaccia tutta in Dio solleva l'anima travagliata e palpitante, e di sicura speranza si riconforta; quindi rivolta al tiranno risponde, che né di questo temea, giacché il suo Signore, che tra i gigli di purità si gode e si piace, sarebbe stato il difensore della sua povera serva. Fu trascinata adunque fra gli. scherni e i dileggi della plebaglia nell' abominevole albergo ; né Iddio abbandonò in tale cimento quella che ogni sua fede avea in lui posta: un angelo colà disceso la custodì, la sovvenne, e tale una luce maravigliosa intorno le diffuse che niuno osava neppure in lei fissare lo sguardo non che avvicinarsi. Corre altresì tradizione che essendole tolte a forza di dosso le vestimenta, così le crescessero con subito miracolo le folte chiome, che tutto ne copersero il verginal corpo; ed anche oggidì si ammira in tale sembianza, rappresentala in bianco marmo per lo scalpello dell'Algardi, nel sotterraneo del magnifico tempio che nel luogo stesso, pria di pubblica infamia poscia di preghiera e di culto, fe' costruire Innocenzo X entro le mura di Roma ad onore di sì gran santa. Ora continuando il racconto di sue vittorie a dirne rimane, come il solo Procopio s'avvisasse recare offesa a colei che da una angelica potestà era guardata; ma non appena le si rivolse, che colpito negli occhi da un raggio come di fuoco, e da una forza punitrice che dall'alto movea,. stramazzò a terra cieco e morente. Allora il padre spaventato ed immerso nel pianto gettossi chiedendo mercé per quel miserabile ai pie' della casta eroina, che circondata di luce, cogli occhi immobili verso il cielo, innalzata in ispirito sopra sé stessa, cosa più che terrena già parea divenuta: ed appena essa volse all'eterno parola di perdono e di grazia pel suo stesso persecutore, che la vita a lui ritornava colla veduta e la sanità.
Parea che a tanti prodigi arrendere si dovesse la pagana perfidia; vana speranza! I sacerdoti degl'idoli, aizzati da furore diabolico, persuasero colle solite inique lor arti il popolo che già commosso tumultuava, essere la portentosa donzella una rea maliarda che tosto convenia mandare alle fiamme.
Gioì a tali voci la beata fanciulla che anelava il momento di consumare a Dio il suo sacrifizio. Si accatastano aride legna, si accende un gran fuoco, è spinta la vittima tra le brage roventi; ma che? le fiamme stesse, quasi acquistino intelligenza e rispettino quelle membra illibate, si dividono ed un sol capello non ardiscono offenderne. Agnese in mezzo al rogo è veduta brillar di celeste bellezza, sciogliendo inni di grazie al supremo suo difensore, e pregandolo insieme ad accettare alla per fine l' olocausto della sua vita. Il nuovo prodigio fu dalla ingannata gente attribuito non men che gli altri a sortilegio, e più che mai si chiese la morte di Agnese; fu allora abbandonata ai carnefici, fu imposto che si svenasse. Non così lieta si affretta mondana sposa alle nozze (secondo scriveva sant’Ambrogio che dà contemporanei di sant’Agnese udito ne avea la narrazione), come accelera il passo la giovinetta al supplizio. Piangono i circostanti, essa non piange: meraviglia ciascuno che sia tanto prodiga di sua vita chi anco non ne gustò le dolcezze.
Stupendo spettacolo all'universo, che renda testimonianza delle cose divine chi per anco non è per la sua poca età capace a testimoniar di sé stessa. Quanti mezzi di terrore non si adoperarono perché temesse, quante blandizie per indebolirne la virtù, quante preghiere perché s'inchinasse ai richiesti sponsali! ma essa «mi avrà quello » sposo, gridò, che primiero mi elesse : che si tarda ad uccidermi? perisca questo frale che piacque cui di piacere non curo»: disse, stette salda, orò, piegò la cervice sotto la scure. Tremava il carnefice quasi a lui si spettasse il morire, impallidivano gli astanti, non tremava non impallidiva la magnanima verginella. Così compi è suo lungo martirio, anzi suo glorioso trionfo il dì 21 di gennaro correndo l'anno di nostra salute 304; volò a conseguire la doppia corona della castità e del martirio che si era acquistata col sangue; sposa andette a colui che gli angeli ha servi e ministri, e della cui luce il sole e la luna si fanno specchio. Ebbero sepoltura le sacre spoglie sulla via Nomentana poco da Roma di stante, ove indi a non molto ancora ebbe morte e riposò in pace la sorella di latte di Agnese santa Emerenziana, la quale fu lapidata mentre stava genuflessa pregando al sepolcro dell'amata compagna. Una moltitudine di miracoli rese venerando e frequentato quel luogo, ed ai tempi di Costantino Magno vi fu eretta di fini marmi una chiesa che dalla nostra santa ebbe il nome. Poscia essendovi state scoperte le reliquie di essa, mentre Paolo V reggea l' apostolica sede, donò questo pontefice una bellissima urna, perché onorevolmente le reliquie medesime vi fossero entro collocate in un con quelle di santa Emerenziana, e così venne fatto, Chi potrà dopo sì chiari esempi allegare la propria debolezza in iscusa di suo vivere rilassato e di sue cadute? dopo gli esempi, vuò dire, lasciati da una verginella che in tenerissima età calpesta e tiene a vile ogni più cara lusinga dei piaceri, ogni abbagliante prestigio degli onori e delle ricchezze; che intrepida si mantiene salda nel suo proposito a fronte dei preparati supplizi; che armata di fede supera ogni pericolo e di tutto trionfa! Come oseranno i profani stimar per nulla, e talvolta ancora offendere con motteggi la virtù angelica della purità, se tanto la veggiamo stimata dai santi, e da Dio stesso difesa e sostenuta fino col ministero de' suoi portenti! Deh misuriamo con miglior senno i nostri giudizi ; e con formando le azioni sul modello dei santi, apprendiamo a non temere di nostra debolezza, riposati in quell'onnipotente Signore che al buon volere fu sempre largo di. Sovvenimento e conforto.
(DELLA SIGNORA ENRICA ORFEI)