20 Gennaro
SAN SEBASTIANO MARTIRE
Raccontano alcuni scrittori, infra i quali Eusebio (1), che sotto lo impero di Diocleziano fruissero i cristiani di una pace presso che universale, dicendo che esso, timido per natura, non arrischiasse perseguitarli, cresciuti grandemente per ogni parte (2); e che invece Massimiano compagno di lui nello impero aspramente li tribolasse. Pure io non so venire in questa sentenza quando leggo le crudeli morti date dallo stesso Diocleziano a molti seguaci di Cristo, fra quali a san Sebastiano, di cui prendiamo oggi a scorrere la vita. In tanta difficoltà di tempi non è facile rinvenire quando e quale fosse il suo nascimento, quale la fanciullezza. Sappiamo bensì che egli derivasse di ricca famiglia di Narbona nelle Gallie, donde venne a studiare in Milano.
Dipoi, scritto nella milizia sotto i detti imperatori Diocleziano e Massimiano, crebbe in tanta grazia di loro che fu nominato capitano de' pretoriani, ed ebbe in custodia il palagio, i beni, la vita di quei principi stessi. La bontà dello ingegno e del cuore gli procacciarono l'affetto e la venerazione di quanti erano nella casa imperiale ; poiché il trovavano verace nel favellare, giusto nel giudicare, prudente nei consigli, e in tutta la vita di tali costumi e di tanta onestà, che non sapeano a cui dirlo secondo. Ma nel servire che egli faceva la milizia di quegl'imperatori è maraviglia come ad un tempo servisse con particolar fede ed amore a Gesù Cristo, non lasciando, benché occultamente, di prestare ogni sua opera a pro de' seguaci di lui.
Non il timore dei tormenti o della morte, che anzi ardeva per desiderio di poter conseguire, non di perdere quelle ricchezze che così facilmente si toglievano, le quali egli non teneva in nessun conto, lo facevano procedere occulto in queste sante opere ; ma sì il potere più lungamente soccorrere quei tanti martiri affidati alla sua custodia. Tutta volta la virtù vera e le buone opere a lungo non si celano facilmente. Avvenne in quel tempo che Marco e Marcellino di stirpe nobilissima, fossero presi, e perché confessata aveano la fede di Cristo ebbero dieci. giorni di tempo o a negar questa, o ad esser morti in mezzo ai più crudi martirii. I parenti loro supplicavano ad ognuno, e lagrimando pregavano quei due fratelli perché rinunciassero al nuovo culto, Sebastiano a questo non si potè tenere, e rivolto lo ro esclamò: « Fortissimi e felicissimi uomini, vi scongiuro non perdere al presente quella glori a e quella corona con tante e così grandi fatiche acquistata; non temete, richiamate le prosternate forze; il nemico si abbia memoria della gloria vostra, dello ardore, della fortezza, della fede vostra, arma più sublime e più felice che non è il ferro ». Ed ecco a tali parole apparire improvviso dal cielo una luce, e in questa un giovane splendentissimo in bianco palio dicendo: Tu sarai sempre con meco . Ciò avveniva nella casa di Nicostrato, dove con altri fedeli erano ritenuti Marco e Marcellino: e la moglie di Nicostrato essendo mutola, gittata ai piedi di Sebastiano lagrimando lo prese per mano, e sforza vasi con atti dimostrare . la sua meraviglia per quello che veduto aveva sopra di lui. Addimandò Sebastiano la cagione di quel tacer e nella donna, ed inteso come da sei anni per infermità avesse perduta la favella, rivolto pieno di fede al cielo così prese a dire: «Se veramente sono io fedele e servo di Dio, e se le cose di che è maravigliata questa donna son vere, ordini il mio Signore Gesù Cristo che a lei torni l'uso delle labbra , e la bocca le sia aperta come quella di Zaccaria profeta». E Zoe, che così avea nome la moglie di Nicostrato, subito favellò e disse: «Benedetto il parlar tuo, e beati quelli che per te credono in Cristo figliuolo di Dio, ché io vidi co' miei stessi occhi, e colle mie orecchie ascoltai un angiolo di sceso dal cielo, che aprendo un libro dinanzi a te, emanava d a questo libro tutta la orazione che usciva dalla tua bocca. E come la sorgente aurora disperde le ombre delle tenebre e rende al giorno quel lume che l’altra notte gli avea tolto così la verità ed il candore delle tue parole non solo tolse a me tutta la cecità dello inganno e della ignoranza, e riportò l a chiarezza sulle tenebre della infedeltà mia; ma la mia bocca altresì, già chiusa da sei anni, mirabilmente riaprì al favellare». Lo stesso Nico strato commosso a quel miracolo dichiaro, sarebbe stato felice se avesse meritato essere ucciso con quelli che egli teneva stretti nei ceppi e nel carcere, per rendersi collo spargimento del sangue degno di trovar perdono e misericordia de' suoi peccati. Al che allora Sebastiano soggiunse: «Esser si degnato Gesù Cristo, venuto in terra, insegnarci con qual modo si mondino i peccati de' rei nomini, e come si conseguiscano le felicità ed i premi del cielo. Cangiando uffizio, incomincia ad essere soldato di Gesù Cristo piuttostochè del prefetto, e quanti ritieni nel carcere e nei ceppi raccogli insieme e dimetti.
Se ciò darai a Cristo nel principio della tua conversione, a te sarà facilmente concessa la corona del martirio, premio di ogni gloria e pienezza di felicità ». Nicostrato non pose tempo in mezzo, e tutti liberò e mise ai piedi di Sebastiano. Dei quali questi sollevando l'animo ed esortandoli alla nuova fede, vi ridusse eziandio gli stessi custodi dicendo loro: «Non il demonio è il creatore vostro, il vostro signore, il vostro padre; ma Dio, il quale non dovete abbandonare, accostandovi piuttosto a colui che fa ogni studio per gittarvi nella morte eterna , che a quello il quale per salvarci mondò il suo Figlio a soffrir tanto sulla terra». A queste parole non solo vollero tutti essere battezzati, ma agognavano il martirio per la fede di Gesù Cristo. Venuto allora Policarpo, »Voi beati, disse, se così udiste l a voce del Signore, ché non solo il battesimo ma bramate per lui quei martirii stessi dai quali volevate testé richiamare gli altri». E tutti corsero con grande avidità a battezzarsi; infra i quali Tranquillino padre di Marco e Marcellino che, essendo infermo né potendo muoversi, di presente risanò e corse al prefetto , confessando essere solo Gesù il Signore; per cui andando a soffrire volentieri il martirio riebbe così mirabilmente l'uso de' piedi e della favella che avea per lo innanzi perduta. Dalla quale infermità essendo preso altresì il preside, disse questi: «lo do la metà de' miei beni purché ne guarisca egualmente» .
A cui Sebastiano: «Non offrire danaro, ma fa di essere cristiano, e rendi santa e pura la tua mente. Conciossiachè come il tuo servo che avrai mandato per acqua non oserà attingerla ove p rima non abbia ben mondo il vaso; così non possiamo noi trarre te alla fonte di eternità, se prima non ti mondi tutto dal culto degli dei e da ogni altra sozzura. Veramente, soggiunse il preside allora, io credo in quel Dio che ha di cotali servi».
E in così dire egli spezzò subito gl’idoli, e il pontefice Caio, dato il battesimo a lui ed a tutta la sua casa che erano in numero di mille e quattrocento ritenne in Roma i più atti al martirio, gli altri mandò con Poliearpo che li reggesse nel podere campano, proprietà del prefetto battezzato . Fra questi era Tiburzio figlio del prefetto medesimo, che vedendosi mandar fuori di Roma per la sua età, tutta via fanciullo «ti prego , disse, mio ottimo padre, a non mi vi mandare, poiché amo meglio perire di mille martirii, che non conseguire quella beatissima vita e dignità che niuna cosa al mondo può togliermi». E così ottenne da quel sommo pontefice commosso da tali parole di rimanere. Dal quale pontefice Sebastiano per la caldezza e forza dell’animo fu dichiarato difensore della chiesa. Fu in questo tempo che vide il mondo la decima persecuzione dei cristiani, la quale fu più lunga e più crudele di tutte le altre passate, perché dovunque non si adorassero i falsi numi, per le vie, per le piazze, con ogni modo di acerbissimi tormenti si ammazzavano gli uomini; e quegli era gittato vivo sul fuoco, questi vivo lacerato a brani, a cui si cacciavano gli occhi con ferri roventi ; altri da mille pietre, altri da frecce o da coltelli erano morti; chi annegato nei fiumi, e chi seppellito vivo sotterra. Massimiano una intiera legione di seimila de' più valorosi fece trucidare in un tempo; una intiera città della Frigia si vide distrutta. Pure in mezzo a tanti e così fieri tormenti non uscì mai una voce indegna della maestà della chiesa fra cristiani, i quali, animati ed esortati principalmente da Sebastiano, sempre più crescevano di numero e di avidità del martirio. Zoe che, come è detto, essendo mutola avea racquistata la favella, chiamata ad adorare il simulacro di Marte e non volendo, fu oscenamente ferita, poi appesa per i capelli, uccisa e gittata nel Tevere, ed apparsa in sogno a Sebastiano pel quale avea acquistata la fede di Cristo, gli mostrò come lietissima avesse conseguita la corona del martirio. La qual cosa Sebastiano riferì subitamente al pontefice ed a tutti gli altri. Tranquillino allora fattosi innanzi con ardentissimo animo disse: “Saremo noi dunque venuti a tale che le femmine ci precederanno nella gloria del martirio? A che viviamo»? E pochi dì appresso, nel luogo stesso dove costumava venire ad orare, ottenne la desiderata felicità del martirio; appo lui l'ebbero Marco eMarcellino suoi figli; altri conseguirono egual sorte. Castulo, nella casa del quale spesso si raccoglievano i martiri, fu sepolto vivo. Sebastiano in mezzo a molte angustie e calamità non si rimaneva dallo esortare ora gli uni ora gli altri a tollerar quelle pene, quando da Diocleziano fu chiamato e dettogli: «Io ti feci primo fra miei; a te non solo tutte le mie cose e le genti mie, ma commisi me stesso, la vita mia; e tu, non solo fosti contro tutti i miei, ma contro la salute mia, la mia vita». Al che il santo rispose: «Non solo per la gloria e felicità tua e de' tuoi, ma per quella di tutto il mondo io adorai e pregai con ogni venerazione il Signore Gesù Cristo, che è nei cieli» . Avvampò di furore Diocleziano, e come colui che era idolatra, non potendo sentire il nome di Cristo, - comandò che Sebastiano fosse preso e legato ad una colonna in mezzo al campo, messo bersaglio di saette. Ciò fecero subitamente i carnefici che lo lasciarono per morto, e sopraggiunta la notte, Irene moglie del martire Castulo piangendo andò per seppellirlo. Venuta a lui lo trovò per grazia di Dio ancor vivo, onde lietissima lo condusse in casa, e quivi tutti lo pregavano a lasciar Roma per sottrarsi a tanta ira dello imperatore, al quale egli invece corre subitamente e gli dice: «Con iniqui inganni i nemici del tuo impero ti hanno dato a credere essere i cristiani contrari allo impero ed alla repubblica; la qual cosa è anzi così lunge dal vero, che questi non lasciano mai di pregare e con parole e con fatti per lo aggrandimento e l'onore della repubblica e dello impero». Diocleziano che già tenevalo per ucciso da quelle frecce, tu sei quel desso, gridò sdegnato, che pur testé ordinammo fosse morto fra i supplizi ? Io son quegli, rispose il buon servo di Dio, io quegli che il Signore Gesù Cristo si è degnato di conservare, perché venissi a contestare a voi tutti ed al popolo la crudeltà grande dei vostri iniquissimi giudizi contro i fedeli di Cristo medesimo». Lo imperatore ordinò allora che non più come prima venisse trafitto da frecce in mezzo del campo, ma nello ippodromo dello stesso suo palazzo fosse con flagelli ed altre crudelità. Tormentato finché non vi lasciasse la vita. E Sebastiano in questi nuovi tormenti pregava per gli stessi suoi uccisori, finché dagli angeli venne felicemente trasferito in cielo. Fu ordinato pure che il suo corpo, perché più non si ritrovasse, venisse gittato in una profonda cloaca. Ora è da sapere, che fra le buone serve di Cristo viveva a quei giorni Lucina, quella che poco di poi fece edificare e dotò la chiesa consacrata a san Lorenzo che dal nome di lei si dice anche oggidì in Lucina. Ad essa pertanto venne in sonno Sebastiano dicendo: In quella cloaca che è presso il circo rinverrai il mio corpo; prendilo e dagli sepoltura nelle catacombe allato a quello dei santi apostoli Pietro e Paolo ». E così operando quella pia donna lo seppellì là, dove al presente è la chiesa, che è una delle sette principali di Roma a questo santo consagrata, fuori le mura, ed il suo corpo giace propriamente a sinistra dello ingresso di detta chiesa, ed ebbe adorno il sepolcro di versi del santo pontefice Damaso. Ciò è quanto hanno tramandato a noi gli storici intorno alla vita di questo santo martiri.
(DELL'AVVOCATO ORESTE RAGGI,)