26 Gennaro
SAN POLICARPO VESCOVO E MARTIRE
Policarpo fu di que' padri che si lodano siccome fondamento alla fede e colonna di verità nella chiesa, non tanto perché nato di quel primo tempo ed istruito all'apostolica scuola, quanto per la sublimità della sapienza e solenne martirio, onde fece testimonianza alla fede di Cristo.
Oscuri furono i suoi genitori siccome ignota la patria, che pur si crede delle contrade della Jonia; solo della sua adolescenza sappiamo che fu obbligata a servitù. Dio però che avevalo eletto a servigio della cristiana chiesa fece che un giorno, entrando Policarpo di buon mattino per la porta Efesina a Smirne in compagnia di due, che forse erano li suoi padroni, fu da una pia matrona cristiana, che si nomava Callisto, raccolto, fatto libero e menato nella colei casa ad educare. Era il giovinetto leggiadro del sembiante, gentile de' modi, modesto de' costumi e pronto d'ingegno, per le quali doti la santa donna gli pose amore come a figlio, e si sollecitò di farlo istruire in tutto che potesse renderlo dotto nelle scienze , e perfetto nelle virtù.
Non è a dire quanto in breve tempo egli profittasse di quegli ammaestramenti; fu l'arboscello che piantato in su la sponda d'irriguo fonte in poco di tempo cresciuto porta di buon'ora frutti maturi. Severo ai carnali appetiti, assiduo all'orazione, studioso delle sacre scritture per senno e virtù, andò innanzi a' suoi coetanei, e fu ad altri esempio di buone opere. Rimoto dalla turbolenta conversazione de'gentili, non a' spettacoli, non a' giuochi, non a pubbliche raunanze conveniva. Cercava la società de' savi, amava trovarsi a tutte le adunanze de' cristiani, e come a pascolo saporitissimo accorreva ad ascoltare chi annunziasse il vangelo di Cristo. E fu per Policarpo desideratissima ventura che ritornando il grande Giovanni evangelista da Roma trionfatore di Domiziano per la fede di Cristo, passò per Smirne, e qui alcun tempo fece dimora. Ebbe dunque Policarpo facoltà di rendersi discepolo a colui, che preso sonno sul petto di Cristo attinse da quella fonte divina quel lume di altissima e profonda sapienza e conoscimento delle cose di Dio e della divina persona di Gesù Cristo, di che irradiò il suo evangelio. Il perchè se chi va co' savi diventerà savio, è agevole argomentare la carità, lo zelo, la sapienza, che da quell' aquila del nuovo testamento si dovette comunicare a Policarpo.
Egli è il vero che da tanto remota antichità e pochissime memorie di que' primi santi della chiesa non ci è dato di determinare precisamente il tempo che Policarpo fu discepolo all' evangelista Giovanni, ma certo è che essendo egli ancora secolare, spargendosi il lume della sua santità e dottrina molto attorno, venivano molti a lui visitare per domandargli consiglio del1'anime loro, a' quali tutti egli per divina sapienza pienamente rispondeva, e a ciascuno nel suo grado dava consiglio di salute e grande conforto e consolazione nel suo parlare . Di che avvedutosi e meravigliandone il santo vescovo di Smirne Bucolo, conobbe che molto vantaggio tornerebbe alla chiesa, se ordinasse Policarpo sacerdote. Alla quale dignità questi per umile sentimento di sé rifiutandosi, fu necessità che il santo vescovo obbligasselo per obbedienza a ricevere colla imposizione delle mani e sacra unzione lo Spirito Santo (2). Forse Iddio aveva fatto conoscere a Bucolo che questi sarebbe a lui successore nel governo di quella chiesa; perché innanzi che mancasse di vita, stando Policarpo inginocchiato presso al letto del santo vescovo, questi con tenero affetto presogli una mano la si pose sul petto, e levando gli occhi al cielo, quasi per ringraziare Iddio che gli avesse destinato un tal successore, spirò colle parole Gloria tibi Domine.
Morto Bucolo congregatosi il concilio de' vescovi che sono più presso a Smirne, de' seniori e de' sacerdoti, tutti i voti si accordarono a nominare Policarpo; e che fosse consecrato vescovo dall' evangelista Giovanni l' affermano Ireneo, Tertulliano, Eusebio e Girolamo. Ora sarebbe a dire con quanto zelo e perfezione adempisse a' doveri del vescovato, ma come che ne manchino le memorie, basterà per ogni storia ed elogio la testimonianza di sant'Ireneo, stato già discepolo a Policarp o, e vivo testimonio delle sue virtù.
“Parmi, dice egli, tuttavia di vedere, e le ho scolpite nell'anima, le fattezze del suo sembiante, la gravità del suo portamento, la maestà del suo aspetto, e la purità della vita, ed ho ancora nelle orecchie le sante dottrine onde egli ricreava il suo popolo . Parmelo udir tuttavia raccontare i ragionamenti avuti. con san Giovanni maestro suo, e colle altre persone che avevano veduto il Signore, e notate le minute particolarità de' fatti, dei miracoli, e degli ammaestramenti che avevano veduto ed ascoltato dalla bocca del Salvatore medesimo: le quali cose si conformavano al tutto alle narrate ne' santi vangeli, né altro potean essere, venendo tutti dal medesimo fonte della verità, il Verbo di vita eterna».
Ma siccome è detto per volgare proverbio che dall'unghia si conosce il leone, io mi penso di darvi una assai luminosa dimostrazione dello spirito e dottrina di questo grande vescovo e padre della chiesa, ponendo qui un saggio di quella epistola che egli scrisse ai Filippesi, la quale al tempo di san Girolamo ancora si leggeva nelle chiese dell'Asia. Chi non vi ravvisa lo stile, le immagini, lo zelo di un discepolo degli apostoli, se non anzi di un Giovanni, e di un Paolo medesimo ? Ponete mente: «Al nostro Signore Gesù Cristo sono soggette le cose tutte celesti e terrene ; a lui serve ogni spirito; a lui, che viene giudice de' vivi e de' morti, chi crede e non crede dove, rendere ragione. Quel Dio, che risuscitò lui da morte, risusciterà noi pure, se faremo il suo volere e cammineremo nelle vie de' suoi comandamenti, ed ameremo le cose da esso lui amate, astenendoci da tante iniquità, da frode, avarizia, maldicenze, e falsa testimonianza, non rendendo mal per male, né oltraggio per oltraggio, non ingiuria per ingiuria, non maledizione per maledizione. Ricordale quello che disse il Signore: non giudicate acciocchè non siate giudicati; perdonate e sarete perdonati. Siate misericordiosi ed avrete misericordia: perciocchè di qual misuramisurate, sarà altresì misurato a voi (2). Beati i poveri e coloro che son perseguitati per cagione di giustizia, perciocchè il regno de' cieli è loro».
“Non mi arrogo di scrivervi siffatte cose intorno alla giustizia di mio talento, ma perché me ne provocaste. Né io, né verun altro a me simile avrà mai la sapienza del beato e glorioso Paolo, il quale stando nella vostra città in cospetto a quelli che allora vivevano in perfezione e fermezza di fede, predicò la parola della verità. Assente scrissevi alcune lettere alle quali se ponete mente vi raffermerete nella fede, la quale partorisce speranza ed infiamma di carità per Iddio, per Cristo e per il prossimo».
I sacerdoti siano facili al compatire; usino misericordia a tutti; rimettano in via i deviati, vadano visitando gli infermi, curino della vedova, del pupillo, del povero .... Difficili a credere il male che d'altri si dica, con dolcezza facciano giudizio de'rei, sapendo che tutti siamo peccatori ,, .
“Leviamoci via dagli scandali e dai falsi fratelli e dagli ipocriti che travisano la loro malizia col nome del Signore, e traggono in errore i male avveduti. Rendiamoci imitatori della pazienza di Gesù Cristo, perché se
al suo esempio avremo sofferto, con lui saremo glorificati " .
Da questi pochi tratti è agevole argomentare di qual cuore e di qual mente si fosse il vescovo Policarpo. Ma ora vi darò di sue virtù tal testimonio che assai largamente ristora il difetto di altre memorie. Questo tale testimonio si è Gesù Cristo medesimo , che per l' evangelista Giovanni manda dicendo al vescovo di Smirne queste parole: «Ben so io la tua tribolazione e la povertà ; ma confortati, che tu sei ricco abbastanza di virtù, come che sii calunniato da coloro che si dicon o essere Giudei e nol sono, anzi sono una sinagoga di Satana. Non ti lasciare aver p aura delle cose ch e avrai a soffrire: sii fedele infino alla morte, ed io ti darò la corona della vita.
Se a così nobile elogio si consolò Policarpo per sapersi grato al suo Signore, esultò di non minore letizia per la profezia che ad un tempo venivagli significata di prossimo martirio, ed alla divina esortazione ben rispose con ammirabile generosità e valore . E già al tempo che Traiano imperatore fece grande persecuzione e uccidimento de' cristiani, sbarcato Ignazio vescovo d'Antiochia a Smirne che andava condotto a Roma ad esser divorato da1le fiere, Policarpo congratulandosi al suo discepolo ed amico l'abbracciò, e preso in mano quelle catene, ch'egli nominò vincoli sacri che sono i diademi
degli eletti da Dio, le baciò e bagnò di lagrime, invidiando la ventura di soffrire egli altresì per Cristo e spargere per lui il proprio sangue.
E venne per lui similmente quel desideratissimo tempo, che fu quando M. Aurelio Antonino pubblicò grave persecuzione contro i cristiani, per la quale erano molti menati in Smirne per essere martirizzati. Perché il santo vescovo acceso di mirabile fervore e desideri o di martirio, e per grande zelo dell’anime temendo che non venissero meno nel martirio, come che l'età fosse grandissima , traevasi alle carceri e presso a' palchi, e confortava tutti a durare fortemente nella battaglia, e che n on si arrendessero a' spaventi del tiranno, né all'acerbità de' tormenti. Questo zelo ed intrepidezza in uomo sì venerando ed autorevole per grado e vecchiezza fu cagione che inanimasse molti a fare di sé spettacolo a' gentili ne' tormenti per la fede di Cristo , e quelli sdegnandone e fremendo cercassero che si uccidesse Policarpo. Ciò era il termine de' suoi desideri; ma paurosi i suoi di perdere un tanto sostegno, gli furono attorno pregandolo che sé medesimo conservasse siccome capo e vita alle membra di quella chiesa, ed egli rassicurato dall’esempio del suo santo amico Ignazio, che si sottrasse alla persecuzione di Domiziano , loro condiscese di tenersi per allora in luogo occulto e ritirato, dove i fedeli potessero andare per consiglio e direzione (1). Non fu in questa ritirata viltà né pochezza di spirito, ma sì prudenza cd umiltà commendevole che consiglia di non porsi da sé ne' pericoli per troppa fiducia nelle proprie forze. Epperò il santo vescovo fervorosamente pregava a Dio che gli facesse conoscere il suo volere, e gli desse cenno dell'ora che per lui era destinata a fargli sacrifizio del la sua vita . Or avvenne che stando egli nel suo nascondimento, riposava una notte e parvegli in sogno, che fu vera visione da Dio, che il capezzale su cui teneva adagiata la testa s'incendesse e levasse gran fiamma . Di che riscosso, e trovato ogni cosa tranquilla, a quelli che intorno lo vegliavano tutto lieto e ridente si volse: Ecco l'ora è venuta, ed io sarò dato a bruciare vivo per Cristo.
Di fatto poco presso i suoi vennero a sapere che il proconsole aveva mandato ordine si cercasse di Policarpo, perché gli fecero pressa che si mutasse a luogo più sicuro. Ed ecco non sì tosto si fu egli partito da quel primo nascondiglio, che vi sopraggiunsero gli sgherri, i quali cercata tutta la casa, non lo trovando, catturarono due de' suoi servi, e messili al martoro dalla
loro debolezza ebbero conosciuto del ritiro, ove il santo vescovo si era ricoverato. Quà venuti coloro, stando il santo in una camera a letto avrebbe
pure a questa volta potuto sottrarsi, ma non volle dicendo: «Ecco Cristo che mi chiama a rendergli testimonianza, né la mia coscienza più mi concede che differisca l'andare, ed il desiderio di essere presto col mio Dio mi sollecita a sciogliermi dai vincoli di questo corpo che mi ritarda». E detto, venne incontro a soldati salutandoli urbanamente , e come ad ospiti fatto loro dare la cena, si tenne egli intanto in disparte a fare orazione a Dio per sé e per la chiesa con tanta pace e serenità di volto, che i soldati ne furono commossi, e quasi sul punto di lasciarlo stare, se il timore d'averne castiga mento dal proconsole non li consigliava ad eseguire il ricevuto comando.
Adunque Policarpo messosi di suo volere in mano a suoi nemici, questi per la grande sua età miserlo sopra un giumento. ed avviaronsi per alla volta della città . Or avvenne che, andando a loro viaggio, un Niceta col figlio per nome Erode furono a passare per quella medesima strada, e veduto quel vecchio che tentennava sul somiere, saputo , chi era ed a che condotto, fecerlo smontare e raccolto lo nel loro cocchio con pietoso aspetto diedero mano a esortarlo, che si rimovesse dall'ostinato proposito di tenere per una religione che era in odio all’universo; ponesse mente che le sue cadenti membra non reggerebbero a pezza sotto l'acerbità de' tormenti; provvedesse al suo meglio obbedendo a gli ordini dello imperato re. Ai quali Policarpo con santo disdegno: "Troppi anni ho io vissuto, e troppo ho io studiato nei libri d’ogni filosofia, perché abbia dovuto conoscere la verità della religione di Cristo, cui i soli ciechi cd ignoranti disconoscono. Ora come rinunziare ad un a fede in cui per convincimento di verità da tanto tempo mi son stabilito come negare il mio Iddio cui da fanciullo adorava? come potrei avere riguardo a salvare un miserabile avanzo di vita, io che per sì lunga età l’ho spesa in fatiche ed industrie a dilatare la fede e guadagnare anime a Cristo, ed anelando di essere sagrificato per lo suo amore? Siano pur languide le mie membra, quando io infermo allora sono più forte e potente per quella grazia che mi spira il mio Dio. Cessate dunque dal tentarmi, e fate sonno per voi medesimi conoscendo appunto dalla debolezza di un vecchio, fatta vigorosa, la divinità della religione che più cresce . e trionfa, quanto è più pertinacemente perseguitata da vostri imperatori». Da così varie e risolute parole tenendosi per offesi quei due, bestemmiando lo con villane ingiurie, lo trabalzarono dal cocchio in terra, e per modo sì sconcio che n’ebbe un a gamba conquassata . Il santo quasi che dal patire per Cristo acquistasse vigore, come se nulla fosse fatto , levatosi di terra altresì che giovane leggiero volle a piedi seguitare suo cammino .
Poiché fu saputo che il vescovo Policarpo era giunto a Smirne e menato ad essere giudicato, chi accesi dal desiderio di lui vedere , e chi incitati dall’ira contro i cristiani, vennero all'anfiteatro che di corto fu stivato di popolo. Questo accorrere di molta gente giovava per la religione che così rendevasene più solenne il trionfo, e molti si convertivano a vista della costanza d ei martiri. .Al comando del proconsole che gli fosse presentato Policarpo vedevasi venire con sicuro portamento un uomo centenario, i cui capelli e la barba erano candidi come lana bianca, vestito d i una veste lunga fino ai piedi, ed i suoi occhi scintillavano a guisa di bragia. Un confuso bisbiglio si udiva nell’ippodromo sussurrare e trascorrere per ogni lato. E come pei banditori fu dato segno di tacere, il proconsole promettendosi vincerlo per la fragilità della vecchiezza piacevolmente addimandavalo s'egli fosse Policarpo, e questo rispostogli che sì che è cristiano, l’altro seguitò dicendo: “Tu sai che la saviezza ed onnipotenza imperatore volendo purgare la terra dalla peste de'cristiani, ha mandato bando che siate tutti fatti morire, se ostinandovi a perseverare nella vostra matta credenza ricusate di sacrificare agli dei dello impero. Non piaccia al tuo senno e matura età l' impazzare più per una religione che vanta per Iddio un uomo reo fatto morire impeso ad un patibolo; né mi obbligare ad essere teco severo, che desidero per rispetto al la tua età farti bene ed onore.
Giura dunque pel genio e fortuna di Cesare che tu diseredi la religione de' cristiani, e adori i nostri domeneddii (1)». Allora Policarpo con grave aspetto e ferma voce rispose: « Né tu, né l'imperatore al quale i cristiani medesimi obbediscono in quanto a cose temporali, avete autorità d'imporre alle nostre coscienze perché non tenghiamo per vera quella religione, cui infinite profezie e miracoli dimostrano con sfolgorantissima evidenza per d’origine divina. Noi adoriamo Iddio onnipotente il quale fece il cielo e la terra, e ogni cosa visibile e invisibile, ed hacci creati alla sua immagine. Il Cristo che tu villanamente disprezzi è il Verbo consustanziale a Di o medesimo. Dio egli stesso che per salvare il genere umano dalla morte eterna vestì nostra carne e si lasciò morire in croce. Prodigio di virtù, di santità, d'innocenza fu la sua vita fra g;li uomini, e rei furono i Giudei che il crocifissero, però perirono siccome i profeti avevano preannunziato, e la loro dispersioni e sconfitta è testimoni o di verità alla religione che noi professiamo. Voi adorate chi non sapete, o chi fu grandi per grandi delitti, e perciò sta a voi il fare buon senno confessando la verità, la quale empiamente brigate di costringere me a rinnegare».
A tali accenti avvampando lo sdegno del proconsole siccome fiamma:
Troppo paziente, sclamò, io sono stato ad ascoltar tue favole: or più non abuserai la mia clemenza. Spacciati dunque, giura per lo genio di Cesare e sacrifica agli dei, o io ti darò a tali tormenti, che della tua tracotanza ti faranno pentire, né avrai vigore di sopportare». A cui il santo vescovo «Oltre ad ottantasei anni ho servito a Cristo, né di alcuna ingiuria fui da esso offeso; come ora potrei a lui ribellarmi Invano tenti spaventarmi colle minacce; fa pur venire i tormenti a tua posta ; non ti sei avvenuto in uomo pauroso, né agevole a sbigottirsi comunque oppresso dalla vecchiaia. Eccoti un corpo presto a lasciarsi stendere sulle ruote, e stirar sugli aculei, e ad affrontar ogni strazio che tu ne volessi fare. Né ciò di mia virtù, ma perché chi si confida nel nostro Iddio sta immobile e forte ad ogni impeto di tentazione, siccome torre che non crolla per soffiar di venti”. A questa intrepida dichiarazione il giudice fu così fortemente turbato e incollerito, che non si potrebbe dire; il cuore gli martellava di rabbia, e andava pur mulinando per la mente di quali tormenti dovesse prima fare sperimento, ma temendo di rimanerne per la fermezza del santo confuso, si deliberò per il fuoco, e fece al banditore gridare per tre volte al popolo: «Perché Policarpo ha confessato di essere cristiano, è condannato ad essere bruciato vivo, se non muta pensiero». Non sì tosto fu l'ordine pronunziato che si fece un largo in mezzo alla folla del popolo barbaramente avido di saziarsi a quel nuovo spettacolo. Ed ecco un andare e venire sollecito di chi recava legna e sarmenti, altri ammonticellandole sì che di subito fu composta una ben alta catasta. Intanto Policarpo levate le mani e gli occhi al cielo si stette così un poco, e pareva che gli ridesse in volto la letizia, e gli raggiasse la fronte della luce di paraidiso. E come ebbe veduto ogni cosa acconcia pel suo sagrifizio, armatosi del segno della croce si sciolse egli stesso la fascia dai lombi, indi si spogliò da sé medesimo le vesti, e si traeva i calzari, ciò ch'egli non era usato di fare, recandosi ad onore i fedeli di scalzarlo per baciare i nudi suoi piedi. In questa vide che conficcavansi chiodi al palo fitto nella catasta a quali formarlo e sostenerlo, perché gridò forte: «Lasciate stare che questo è vano: il Dio che mi conforta darammi tanta virtù da starmene fermo sull'altare del mio sagrifizio senza questi ritegni; né temete che la volontà deliberata di morire pel mio Cristo fia per mutarmisi in pentimento, e voglia punto muovermi né fuggire». Tra questi detti con passo franco e spedito, che intanto vecchio faceva stupore, salì sopra la stipa della legna, e gli sgherri furono contenti di legargli solo le braccia dietro le spalle al palo. Egli davvero stando sul rogo guardava nel Sole eterno che il cuore di carità gli divampava, e diceva « O Dio onnipotente, Padre del diletto e benedetto tuo figliuolo Gesù Cristo , per lo quale siamo venuti alla tua conoscenza, o Dio degli angeli , Dio degli arcangeli , nostra risurrezione e delle cose tutte del mondo da te create, e protettore di tutti i giusti che vivono davanti a Te, io tuo servo ti benedico e ringrazio, che mi hai degnato all'onore di questa passione, chiamandomi alla società de’ tuoi martiri per ricevere la corona e bere al calice del figliuol tuo Gesù Cristo, il quale è uno con Te e collo Spirito Santo, acciocchè, compiuto il sagrifizio di questo giorno, io venga al conseguimento del tuo regno ed alla risurrezione immortale dell'anima e corpo mio; il che fermissimamente aspetto da Te che sei signore fedele e verace. Ecco dunque io ti lodo e benedico in tutte le cose,coll’eterno e benedetto Figliuolo tuo Gesù Cristo, col quale a Te sia gloria e con lo Spirito Santo in eterno”.
Diceva il santo vescovo, e già il fuoco si era appreso a tutta la pira; cigolando le legna e sospingendo ondate di denso fumo levarsi in alto le fiamme, ma non fu vero che offendessero pure ad un capello il santo martire. Quasi intorno da lui spirasse un vento scostavansi le vampe ripiegando verso i carnefici che allibivano per rabbia di vedersi i nel loro barbaro offizio delusi (1). Ma più che altri fremeva d’ira il Giudice, di cui principalmente era lo scorno il rimanere vinto a tanta testimonianza di virtù e religione divina; perché dovette essere di suo ordine che un soldato messo mano ad un coltello venne sopra al santo, e diedegli per mezzo il petto con sì forte impeto che per la piaga entrò parte dell'elza, del quale colpo il santo morì. Allora il fuoco fece suo offizio, e quel corpo immacolato fu arso perché non venisse contammato ai toccamenti degli infedeli.
Toltisi di là costoro, i sacerdoti ebbero cura di raccogliere le ossa e le ceneri del loro bene amato pastore, le quali riposte come prezioso tesoro inonorevole luogo furono poi sempre con gelosia guardate; e da quel giorno in poi la memoria del santo vescovo Policarpo fu in onore e venerazione non solo a Smirne , ma per tutta la chiesa.
Chi raffronta l'eroismo di valore, onde i primi cristiani professavano la fede, alla viltà e infingardi a dei molti credenti del nostro tempo, avrà a maravigliarsi del vergognoso mutamento che ci disonora, e più del non curarsene.
La sollecitudine de' nostri padri era vestirsi di tutte virtù , studiare nelle
sacre scritture e nelle divine tradizioni, far si esempio di santità ai profani, patire e morire per la religione. Ora nostra cura è tesoreggiare dovizie terrene, darsi buon tempo negli agi e ne’ divertimenti, ambire a’ primi gradi di onore, fuggire ogni molestia che vogliasi per la onestà, per la religione. E con tanta disparità di costumi e di religione pretenderanno aver pare al medesimo paradiso? O tu che leggi questa carte raffronta te medesimo a Policxarpo, e ti vergogni a correzione.
(DEL CANONICO CARLO BRUNANI)